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Analisi & approfondimenti

Migranti, boom di imprese straniere in Italia. Un quarto a guida femminile

Le neo imprenditrici provenienti soprattutto dal Marocco e hanno meno di 50 anni Il Rapporto Immigrazione ed Imprenditoria 2023 di IDOS e CNA restituisce una fotografia del fenomeno, puntualizzando luci e ombre e focalizzando le sue implicazioni in termini di crescita economica, coesione sociale, interconnessioni transnazionali: un’analisi esaustiva sull’impatto dell’imprenditorialità immigrata in Italia e in…

Le neo imprenditrici provenienti soprattutto dal Marocco e hanno meno di 50 anni

Il Rapporto Immigrazione ed Imprenditoria 2023 di IDOS e CNA restituisce una fotografia del fenomeno, puntualizzando luci e ombre e focalizzando le sue implicazioni in termini di crescita economica, coesione sociale, interconnessioni transnazionali: un’analisi esaustiva sull’impatto dell’imprenditorialità immigrata in Italia e in Europa che si propone di riconoscere, promuovere e valorizzare il contributo reale e potenziale degli imprenditori di origine immigrata, utilizzando dati accurati e statistiche affidabili a livello locale, nazionale e regionale.

L’Unione europea, con 37,5 milioni di presenze, si conferma come una destinazione cruciale per i lavoratori immigrati provenienti da tutto il mondo, che portano con sé una vasta gamma di talenti, competenze ed aspirazioni imprenditoriali. Le imprese gestite dagli stranieri non solo contribuiscono in modo significativo alla crescita economica dell’Ue, ma arricchiscono anche il tessuto sociale e culturale del continente, fungendo da “ponti transnazionali” tra diverse comunità e promuovendo la comprensione interculturale.

Tuttavia, nonostante il potenziale imprenditoriale intrinseco presente nella variegata popolazione migrante dell’Ue, l’assenza di regimi di sostegno efficaci e su misura e gli ostacoli di natura giuridica, culturale e linguistica ostacolano il pieno sviluppo dell’imprenditorialità immigrata.

In Italia, dove si concentra un sesto dei lavoratori autonomi stranieri rilevati nell’Ue, il Rapporto evidenzia un significativo dinamismo dell’imprenditoria immigrata, che si manifesta in un aumento delle attività imprenditoriali gestite da lavoratori e lavoratrici straniere, anche in controtendenza con il quadro complessivo. Nel periodo 2011-2022, mentre le imprese gestite da italiani hanno visto una flessione del 5,0%, quelle condotte da migranti hanno registrato un notevole aumento del 42,7%. Questo trend ha portato il numero totale di imprese gestite da migranti a 647.797 entità alla fine del 2022, rappresentando così il 10,8% del totale nazionale, rispetto al modesto 7,4% del 2011.

La presenza imprenditoriale immigrata si estende su tutto il territorio italiano, influenzando l’economia in modo trasversale. Le imprese gestite da immigrati sono più concentrate nelle regioni centro-settentrionali (77,3%), ma presenti anche nel Mezzogiorno, con la Lombardia e il Lazio che emergono come epicentri di attività imprenditoriali immigrate, contando rispettivamente 124mila e 81mila imprese.

Le ditte individuali dominano il panorama imprenditoriale tra gli immigrati, costituendo quasi i tre quarti di tutte le attività gestite da migranti (480mila, pari al 74,1%). Tuttavia, nel corso degli anni si è notato un consolidamento della base imprenditoriale immigrata, con un aumento delle società di capitale (119mila, pari al 18,4%).

Guardando più da vicino, emerge chiaramente che i servizi sono il fulcro principale delle attività gestite dagli immigrati, costituendo il 59,0% del totale. A livello di comparti primeggia il commercio con il 31,8%, seguito da vicino dall’edilizia con il 23,9%.

L’82,0% dei titolari di imprese immigrate è di origine non comunitaria, con una marcata predominanza di nazionalità come i marocchini (63mila), i romeni (53mila) e i cinesi (52mila).

Le donne immigrate emergono come una componente significativa e in crescita dell’imprenditoria, rappresentando il 24,6% del totale. Si concentrano principalmente nei servizi, evidenziando una tendenza verso una diversificazione dei settori economici anche tra i gruppi nazionali di immigrati.

Infine, è da notare che il 75,8% degli imprenditori immigrati ha meno di 50 anni, in contrasto con il 55,4% degli italiani, evidenziando un dinamismo e una vitalità particolari all’interno della comunità imprenditoriale immigrata.

L’imprenditorialità immigrata si conferma quindi non solo come un pilastro dell’economia italiana, ma anche come un esempio di dinamismo e resilienza, contribuendo in modo sostanziale al progresso sociale ed economico del Paese. Come nel resto d’Europa, però, pur in un contesto di evoluzione continua e in molti aspetti positiva, si intreccia una marcata precarietà e fragilità strutturale, che reclama una maggiore attenzione da parte dei policy-maker.

In conclusione il presidente di IDOS, Luca Di Sciullo, sottolinea l’importanza cruciale delle imprese immigrate per l’Italia: “Dal nostro lavoro emerge chiaramente la notevole convenienza, per l’Italia, nel promuovere e rendere quanto più solido il sistema delle imprese immigrate sul territorio, nella misura in cui costituiscono una ‘fisiologica’ rete-ponte tra l’economia e il mercato italiani e i Paesi e le aree di origine degli imprenditori immigrati. Una rete-ponte già operante ‘in casa, che ha dato buona prova di resilienza anche in periodi di crisi globale e che conferirebbe uno strategico respiro internazionale a un sistema interno ancora oltremodo chiuso, provinciale e indebolito”.

Concordando su questa prospettiva, il Vicepresidente CNA Nazionale, Marco Vicentini, sottolinea il ruolo vitale dell’imprenditoria immigrata nel contesto europeo: “L’imprenditoria immigrata rappresenta un pilastro fondamentale per lo sviluppo sostenibile e inclusivo dell’Unione Europea. La diversità e la ricchezza di prospettive che gli imprenditori immigrati portano con sé sono un catalizzatore per l’innovazione e la crescita economica. Continueremo a impegnarci affinché sia garantito loro un ambiente favorevole, consentendo loro di sbloccare appieno il loro potenziale imprenditoriale e contribuire in modo tangibile al progresso sociale ed economico non solo del nostro Paese, ma di tutta l’Unione Europea”.

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