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L’Egitto, Regeni e gli altri Giulio: nessuno può più voltarsi dall’altra parte

Con l’arresto di Gasser Abdel Razik, Karim Ennarah e Mohamed Basheer, dirigenti della ong “Egyptian Initiative for Personal Rights” con cui collaborava Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna arrestato l’8 febbraio al Cairo, il governo egiziano dimostra ancora una volta quanto disprezzi i diritti umani. Disprezzo pari solo all’inaccettabile, assurda, paranoia verso coloro che li difendono.
I tre attivisti sono stati arrestati nel giro di sei giorni con l’accusa di terrorismo dopo un incontro nella loro sede con gli ambasciatori in Egitto di 13 paesi avvenuto due settimane prima.
Il pugno di ferro del presidente e generale egiziano Abdel Fattah al-Sisi si è abbattuto  su Eipr con una violenza inaudita.
Uno dopo l’altro, le forze di sicurezza hanno portato in carcere i tre principali membri dell’organizzazione: prima è toccato al direttore amministrativo Mohamed Basheer, poi al direttore della giustizia penale Karim Ennarah, fermato mentre era in vacanza nella località di Dahab, nel Sud Sinai, sul Mar Rosso, e infine al direttore esecutivo, Gasser Abdel Razek, trascinato dalla sua casa al Cairo in una località segreta.
Il procuratore per la sicurezza dello Stato ha disposto per Abdel Razek la custodia cautelare in carcere di 15 giorni. L’attivista è stato accusato di essersi unito a un gruppo terroristico, di aver diffuso false dichiarazioni per minare la sicurezza pubblica e di aver utilizzato Internet per diffondere notizie false.
Accusa che viene riproposta nei confronti di ogni oppositore o persona sgradita al regime vittima delle purghe di al-Sisi.
L’ultimo giro di vite contro Eipr è iniziato dopo che gli attivisti si sono incontrati con inviati di Germania, Francia, Italia, Spagna, Paesi Bassi e altri Paesi per discutere di come migliorare la situazione dei diritti umani un Egitto.
Gli arresti hanno allarmato le Nazioni unite. La portavoce dell’Alto commissariato per i diritti umani, Ravina Shamdasani, li ha definiti “uno sviluppo molto preoccupante, che sottolinea l’estrema vulnerabilità degli attivisti della società civile nel Paese”.
Secondo quanto riportato dall’esponente dell’Onu, Basheer ed Ennarah,  l’interrogatorio dei tre dirigenti di Eipr è stato incentrato propio sull’incontro promosso con gli ambasciatori e i diplomatici per fare il punto sulla situazione nel Paese. Elemento che conferma come questi arresti siano un’evidente rappresaglia per quell’iniziativa. L’organizzazione era già stata presa di mira in precedenza dalle forze di sicurezza egiziane. L’episodio più grave, il caso Zaky, accusato di terrorismo e di cui i familiari hanno denunciato la tortura da parte delle forze di sicurezza.
Gli arresti sono solo l’ultima mossa del governo di al-Sisi contro il dissenso.
Le repressioni vanno avanti ormai da anni e prendono di mira non solo gli oppositori politici islamisti, ma anche attivisti laici pro-democrazia, giornalisti e critici.
In Egitto è stato rapito, torturato e assassinato anche il ricercatore italiano Giulio Regeni, nel gennaio del 2016.
Nelle scorse ore, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha chiamato il presidente al Sisi per porre una sorta di ultimato, anche se Palazzo Chigi parla di “una nuova conversazione con il generale durante cui sono stati esaminati gli ultimi sviluppi delle indagini”.
Conte avrebbe colto l’occasione, secondo fonti della presidenza del Consiglio, per lanciare un messaggio chiaro: non c’è più tempo, o l’Egitto collabora o rapporti in discussione. La Procura entro il 4 dicembre depositerà la richiesta di rinvio a giudizio per i funzionari dei servizi di sicurezza responsabili dell’uccisione di Giulio Regeni, Il Cairo ha medo di die settimane per dare segnali. La Commissione d’inchiesta su Regeni ha già chiesto, in assenza di atti significativi, di richiamare l’ambasciatore.
Gli attivisti intanto continuano a invocare a gran voce verità e giustizia per il 27enne di Fiumicello e per tutte le vittime di sparizioni forzate e per attivisti, oppositori, avvocati e giornalisti che si trovano nelle carceri egiziane senza neanche essere state sottoposte a un processo.
Violazioni dei diritti fondamentali dell’essere umano di fronte alle quali nessuno può più voltarsi dall’altra parte.

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