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La Somalia e la fine del mandato dell’ATMIS

A fine 2024 si concluderà l’African Union Transition Mission in Somalia (ATMIS),
una missione di peace-keeping dell’Unione Africana (UA), che dal 2007 affianca le forze di sicurezza somale nella guerra ad al-Shabaab. La missione persegue anche l’obiettivo di accompagnare il Paese nel suo processo di transizione politica.
L’ATMIS, che ha sostituito l’African Union Mission to Somalia (AMISOM), si è
insediata il 1 aprile 2022 e risulta composta da truppe provenienti da Burundi, Djibouti, Etiopia, Kenya e Uganda. Subito dopo l’inizio della missione i jihadisti di al-Shabaab si sono resi autori di attacchi mortali contro i contingenti ATMIS, il primo il 3 maggio 2022, con la morte di 30 soldati nel campo militare di El Baraf, ed il secondo il 26 maggio 2023 presso il campo militare di Buulo Mareer, in cui furono
trucidati ben 54 soldati.
L’ATMIS è una missione a carattere regionale istituita su impulso di un’organizzazione regionale, ovvero l’UA. Queste missioni completano il sistema di sicurezza collettiva dell’ONU e trovano il loro fondamento nell’art. 52 della Carta
dell’ONU, che attribuisce loro il compito di
dirimere le questioni di carattere locale tra i Paesi parti dell’organizzazione regionale coinvolta.
Secondo taluni studiosi, l’art. 52 sarebbe una norma superflua, poiché il ricorso ad organizzazioni regionali è già menzionato all’art. 33 della Carta, come uno dei mezzi di regolamento pacifico delle controversie. L’art. 54 della Carta impone alle organizzazioni regionali anche l’obbligo di informare il CdS delle azioni da esse intraprese o progettate per il
mantenimento della pace e della sicurezza internazionali.
collettiva dell’ONU si completa con il capitolo VIII della Carta, che si compone degli articoli 52, 53 e 54, riguardanti la funzione degli accordi ed organizzazioni regionali nel mantenimento della pace, che in tale materia assumono un ruolo subordinato rispetto a quello assunto dal Consiglio di Sicurezza (CdS) nell’ambito delle misure
Infatti, il sistema di sicurezza
coercitive, queste ultime riconducibili al capitolo VII.
Per ciò che, invece,
concerne l’art. 52, esso sancisce due principi fondamentali, da una parte quello della integrazione delle organizzazioni regionali nelle azioni per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, ai fini della trattazione delle situazioni che si prestino ad un’azione regionale, e dall’altro quello della indispensabile conformità
dell’azione ai fini e ai principi propri dell’ONU.
In realtà, il problema che hanno sempre posto le organizzazioni regionali, se considerate in relazione al CdS, era il loro inquadramento e cioé se tale relazione dovesse vederle come un’integrazione nel sistema per il mantenimento della pace in un rapporto di subordinazione rispetto all’ONU, o se esse dovessero essere viste come espressione di un criterio di decentramento funzionale secondo una ripartizione di competenze basata tuttavia sulla responsabilità principale, anche se non esclusiva, del CdS in ordine al mantenimento della pace. Secondo alcuni studiosi, tra cui Sergio

Marchisio, l’interpretazione che vede le organizzazioni regionali in un rapporto di subordinazione rispetto al Consiglio e che risale al periodo dello scontro ideologico tra le superpotenze, sarebbe superata dalla prassi, che vedrebbe le organizzazioni regionali sempre più cooperare con l’ONU in taluni settori e agire sempre più in autonomia nelle azioni a tutela della pace, con un ruolo vicario rispetto all’ONU. Il ruolo della cooperazione funzionale è stato sancito proprio dall’ONU nella Dichiarazione sul rafforzamento della cooperazione tra l’ONU e gli accordi o organizzazioni regionali nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, adottata dall’Assemblea Generale (AG) con la risoluzione n. 49/57 del 9 dicembre 1994, che conferma la responsabilità principale del CdS nel mantenimento della pace ex art. 24, ma che rimarca il concetto di complementarità delle organizzazioni regionali rispetto all’ONU. Secondo un’interpretazione ancora più ardita vi sarebbe stato un tendenziale superamento del concetto di complementarità a favore di una funzione quasi sostitutiva di alcune organizzazioni regionali rispetto all’ONU nell’ambito delle azioni a tutela della pace, anche se tale chiave di lettura deve essere accolta con cautela poiché rischia di minare la centralità della funzione dell’ONU nel
garantire il rispetto della legalità internazionale.
Sono rosee le prospettive somale legate alla fine del mandato dell’ATMIS, previsto per il 31 dicembre 2024, poiché i vertici politici e militari del Paese sostengono che la
Somali National Army (SNA) sarà capace di contrastare i terroristi anche dopo il ritiro dei contingenti ATMIS. In realtà, permangono forti perplessità sulle capacità professionali dell’esercito somalo necessarie per provvedere alla sicurezza del Paese. Ci si interroga allora sull’efficacia di tali missioni e sulla loro idoneità al ristabilimento della pace e della stabilità interna in Paesi falcidiati da decenni di violenza. Spesso tali missioni sono criticate proprio all’interno dei Paesi in cui operano, in quanto sarebbero poco efficaci e troppo fragili, prova ne sono gli attacchi ai contingenti in cui molti militari perdono la vita. Altre volte le critiche provengono dall’esterno, in quanto strumenti molto costosi. In realtà, sono poche le alternative a missioni che sottraggono l’ONU dall’onere di intraprendere direttamente azioni volte
al mantenimento della pace e della sicurezza internazionali in aree di crisi remote.
C’è da auspicare che l’ATMIS termini il proprio mandato in un clima migliore di quando l’ha iniziato e che la Somalia possa veramente intraprendere un percoso di pace e di rilancio politico, economico e sociale, anche in vista del suo prossimo
ingresso nell’East African Community (EAC).

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