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La crisi in Niger, genesi di un golpe annunciato. Analisi e prospettive

La giunta militare che tiene in ostaggio il Presidente del Niger, Mohamed Bazoum, dal 26 luglio scorso lo accusa di alto tradimento, stando alle stesse dichiarazioni rese alla tv di stato dal colonnello Amadou Abdramane. A ciò si aggiunge la minaccia che, in caso di attacco militare da parte dell’ECOWAS (Economic Community of West African States), la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, lo stesso Bazoum sarà giustiziato. Tuttavia, in questo braccio di ferro con l’ECOWAS, la giunta militare sembrerebbe disponibile all’avvio di negoziati. Dal canto suo, l’ECOWAS, dopo aver paventato l’intervento militare, cerca allo stesso tempo di negoziare con la giunta una soluzione pacifica della crisi, che è il settimo colpo di stato in tre anni nell’Africa occidentale e centrale. Anche il Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Unione Africana, che si compone di ben 55 paesi, si è mostrato preoccupato per la situazione in Niger.

Resta però sempre in piedi l’ipotesi militare, con la costituzione di una forza multinazionale di pronto intervento dell’ECOWAS, che vedrebbe inizialmente impiegati circa tremila uomini. Tuttavia, in generale l’Occidente si è espresso in modo sfavorevole all’impiego della forza, i cui effetti nefasti potrebbero riverberarsi in tutto il Sahel, una regione tra le più povere e politicamente instabili del pianeta. Anche l’Unione Europea si è uniformata in tal senso, ad eccezione della Francia, che al contrario si è dichiarata disponibile a prestare il proprio appoggio militare all’ECOWAS.
Quest’ultima, attraverso le parole affidate alla BBC dal suo commissario per gli Affari politici, Abdel Fatau Musah, si è detta indisponibile a tollerare un governo transitorio della giunta, come già avvenuto per i militari golpisi in Burkina Faso, insediatisi nel 2021, e in Mali, dove il golpe è avvenuto l’anno successivo. Questi due Paesi hanno fatto sapere che un intervento armato in Niger sarà considerato alla stregua di una dichiarazione di guerra anche contro di loro. Dunque, la crisi nigeriana non riguarda solo il Niger.
Per il timore dello scoppio di un conflitto che vedrebbe il coinvolgimento di altri Paesi della regione, si cerca di reinsediare il Presidente Bazoum e così ripristinare l’ordine costituzionale in Niger prima di tutto con mezzi pacifici. Invece, tra i Paesi interventisti contro i golpisti vi sono Nigeria e Costa d’Avorio, il cui Presidente, Alessane Outtara, ha annunciato il proprio sostegno militare in un eventuale attacco a trazione ECOWAS, ritenendo l’arresto di Bazoum un atto terroristico.
Secondo alcuni analisti, in possibili negoziati tra i golpisti e l’ECOWAS un ruolo importante potrebbe giocarlo l’Algeria, che, in quanto confinante con il Niger, condivide con questo alcuni interessi strategici. Ma sopratutto, l’Algeria non fa parte dell’ECOWAS ed è critica verso l’influenza francese nell’area. Inoltre, Algeri ha espresso contrarietà verso un eventuale scontro militare, pur avendo condannato il colpo di stato in Niger.
Sul terreno nigeriano si confrontano grandi potenze come Cina, Russia, UE e USA, essendo il Niger il più importante produttore mondiale di uranio ed essendo, fino a prima del colpo di stato, lo stesso schierato accanto all’Occidente nella guerra alla minaccia djhadista nella regione, senza contare il suo ruolo centrale nella gestione dei flussi migratori, poiché situato tra i principali paesi d’emigrazione.
Tra le accuse della giunta al governo spodestato non vi è solo la presunta corruzione, ma anche l’assoggettamento all’Eliseo. In quest’ottica, il Presidente Bazoum avrebbe sottomesso ai francesi la sovranità del Paese, da cui l’accusa di alto tradimento contro di lui. Gli stessi sostenitori della giunta non nascondono l’ostilità nei confronti dei militari francesi ancora presenti in Niger e manifestano apertamente il loro gradimento della presenza russa sul territorio, anche attraverso il plateale sventolio di bandiere russe nel corso delle manifestazioni pubbliche. Occorre ricordare che la Wagner è già presente in Niger con il pretesto di ristabilire l’ordine, ma che non vi sono ancora prove di un coinvolgimento della Federazione Russa nel rovesciamento del governo filo-occidentale di Bazoum. Del resto, simili prove sarebbero ingenuità che certo non sono ricollegabili al modo di operare scaltro di Putin, per quanto questo susseguirsi di colpi di stato in diversi Stati dell’Africa occidentale sia stato attribuito da più parti alla Russia. Il sospetto è suffragato anche dal fatto che, a seguito di tali golpe, la Russia ha prontamente preso il posto delle potenze occidentali in quei paesi.
Nel frattempo Niamey ha revocato gli accordi di cooperazione militare con la Francia, presente nel Paese con circa 1.500 soldati. La Francia, che ha progressivamente fallito nel suo impegno militare nel Sahel, qui il riferimento è alle disfatte degli anni scorsi in Mali e Burkina Faso, è accusata dai militari golpisti di essere la causa principale dei problemi che affliggono il Niger. Tuttavia, quella di accusare le ex potenze coloniali è una costante dei failed States e dei regimi dittatoriali africani. Si tratta di una retorica che tende ad attribuire ad attori esterni le cause di uno sfacelo politico, economico e sociale che, in realtà, non è che attribuibile ad una classe politica interna corrotta, avida e violenta.
Si sostiene da parte di taluni esperti che un intervento armato in Niger sarebbe un fallimento della diplomazia, ma è difficile avviare negoziati con i rappresentanti di una giunta miltare che, in quanto tale, ha privilegiato l’uso della forza per imporre il proprio potere. Del resto, anche le vie diplomatiche implicherebbero l’accettazione di metodi e principi democratici, che vengono sistematicamente disconosciuti e respinti da talune forze al potere in molti paesi, non solo africani. La democrazia non è ancora l’unico modello di governo unanimemente accettato, purtroppo. Di conseguenza, occorre diffidare di coloro che contestano con l’uso della forza la democraticità di determinati governi, poiché il linguaggio militare non è il più idoneo, per sua natura, a restaurare un ordine democratico osteggiato poiché ritenuto non autenticamente democratico. Prova ne è la consueta promessa di elezioni, fatta in generale dai glopisti, che in genere vengono procrastinate per anni, permettendo il consolidamento di governi autocratici e dittatoriali. I colpi di stato africani si somigliano molto tra loro ed è difficile credere che alla base di questi ci sia sempre e comunque la responsabilità dell’Occidente.

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