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Migrazioni

Uccisioni di massa di migranti etiopi in Arabia Saudita. L’accusa di Human Rights Watch

migranti etiopi

“Studio i fenomeni migratori e ho a che fare con la violenza ai confini, ma non mi sono mai imbattuta in qualcosa di questa natura, l’uso di armi esplosive anche contro donne e bambini” così Nadia Hardman, la rapporteur di Human Rights Watch che ha lavorato alla stesura del rapporto che accusa le guardie di…

Studio i fenomeni migratori e ho a che fare con la violenza ai confini, ma non mi sono mai imbattuta in qualcosa di questa natura, l’uso di armi esplosive anche contro donne e bambini” così Nadia Hardman, la rapporteur di Human Rights Watch che ha lavorato alla stesura del rapporto che accusa le guardie di frontiera saudite di uccisioni di massa di migranti etiopi e yemeniti.

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Migranti etiopi sulle rive di Ras al-Ara nello Yemen in rotta verso l’Arabia Saudita nel 2019. Fotografia: Nariman El-Mofty/AP

Scioccante“, l’unico aggettivo adeguato al rapporto di HRW sulle uccisioni; il documento si basa su una serie di violazioni, sempre più gravi, verificatesi a confine tra Arabia Saudita e Yemen. Solo l’anno scorso gli osservatori delle Nazioni Unite avevano scritto al governo saudita, in merito alla sparizione e uccisione di centinaia di migranti. Lo scorso giugno, gli uomini del Missing Migrant Project dell’IOM, l’Organizzazione internazionale UN per le migrazioni aveva stimato in 795 gli etiopi uccisi a confine.

I presunti omicidi sarebbero avvenuti su una rotta di transito piuttosto nota, utilizzata da trafficanti di esseri umani e contrabbandieri tra Al Jawf in Arabia Saudita e Sa’dah nello Yemen, una regione controllata dal movimento Houthi Ansar Allah che confina con la provincia di Jizan in Arabia Saudita.

I morti e i feriti sono partiti da due campi gestiti da trafficanti di esseri umani e controllati dalle forze Houthi vicino al confine saudita: il campo per migranti di Al Thabit situato in un wadi a circa 4 km dal confine e Al Raqw, un accampamento di tende a 17 km a sud di Al Thabit, anch’esso situato al confine.

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Posizione dei luoghi di sepoltura identificati nelle immagini satellitari vicino al campo di migranti di Al Raqw. Immagine: 9 febbraio 2022. © 2023 Maxar Technologies/Human Rights Watch. Fonte Google Earth

I ricercatori di HRW hanno intervistato 42 migranti etiopi e analizzato e catalogato oltre 350 video e fotografie girati e scattate tra il 12 maggio 2021 e 18 luglio 2023, ritraenti persone uccise ed abbandonate lungo i sentieri utilizzati dai trafficanti di esseri umani, uomini e donne feriti nei campi a confine o ricoverate nelle strutture ospedaliere della zona, riportanti ferite compatibili con quelle provocate da armi leggere ma anche da schegge di mortaio o granata.

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Il campo migranti di Al Raqw, situato vicino al confine, da cui partivano le persone per cercare di entrare in Arabia Saudita. Fotografia: Léo Martine/Maxar/HRW

Le guardie di frontiera saudite hanno usato armi esplosive e sparato a persone a distanza ravvicinata, comprese donne e bambini, secondo uno schema diffuso e sistematico“, afferma il rapporto di HRW. Questi omicidi sarebbero un crimine contro l’umanità. In alcuni casi, le guardie di frontiera saudite hanno prima chiesto ai sopravvissuti in quale parte del corpo preferissero essere colpiti, prima di sparargli a distanza ravvicinata.

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Un video pubblicato su TikTok il 4 dicembre 2022 mostra un gruppo di circa 47 migranti, 37 dei quali sembrano essere donne, che cammina lungo un ripido pendio all’interno dell’Arabia Saudita sul sentiero utilizzato per attraversare il campo migranti di Al Thabit. © 2022 Privato

Facendo analizzare i video e le fotografie delle ferite riportate negli attacchi all’Independent Forensic Expert Group (IFEG) dell’International Rehabilitation Council for Torture Victims, un gruppo internazionale di esperti forensi, la conclusione ha portato a stabilire la coerenza con il fuoco di armi leggere e armi esplosive: “Alcune ferite hanno caratteristiche coerenti con ferite da arma da fuoco, mentre altre mostrano schemi chiari coerenti con l’esplosione di artefatti con capacità di produrre calore e schegge“.

Alcuni intervistati hanno affermato che su di loro arrivavano colpi di mortaio “come se piovesse“; le guardie di frontiera saudite avrebbero utilizzato anche sistemi lanciarazzi. Le testimonianze descrivono eventi mortali di massa che hanno coinvolto un numero significativo di donne e bambini, uccisi durante i bombardamenti, con persone morte e parti del corpo sparse lungo i sentieri.

Ho visto 30 persone uccise sul posto” ha affermato una delle donne intervistate. Ma il rapporto non parla solo di uccisioni, bensì di casi di tortura e stupro.

Le forze di frontiera saudite hanno bombardato un gruppo di persone che erano state arrestate, detenute ed espulse mentre tentavano di attraversare il confine per rientrare nello Yemen“. In alcuni casi i sopravvissuti sono stati sottoposti a tortura fisica e psicologica: “Le forze di frontiera saudite hanno costretto un giovane sopravvissuto a un attacco, a stuprare un altro sopravvissuto sotto minaccia di esecuzione“.

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Eliyaas ha tentato di attraversare il confine yemenita-saudita nel novembre 2022 ed è rimasto ferito in un attacco con armi esplosive. Fotografia: HRW

Alcuni dei sopravvissuti hanno riferito che dopo aver attraversato il confine, sono state colpite a distanza ravvicinata. Mentre i feriti venivano finiti sul posto o lasciati lungo i sentieri, ai sopravvissuti è stato ordinato di scegliere un arto sul quale avrebbero voluto ricevere il colpo.

Accuse all’Arabia Saudita non sono nuove. Sin dal 2014 HRW ed altre organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto al governo saudita di rispondere alle accuse documentate, ma quest’ultimo  “ha negato categoricamente” le affermazioni dei relatori delle Nazioni Unite e rigettato ciò che viene presentato come di un “modello sistematico di uccisioni transfrontaliere indiscriminate su larga scala da parte delle forze di sicurezza saudite contro migranti, inclusi rifugiati e richiedenti asilo, e vittime della tratta“.

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La rotta utilizzata dai migranti per raggiungere l’Arabia Saudita.
Graphic: Human Rights Watch

La rotta Somalia-Yemen-Arabia Saudita è una delle più pericolose al mondo. Molti etiopi cercano di attraversare il confine somalo per salpare per lo Yemen. Da lì, attraversano l’Arabia Saudita in cerca di una vita migliore. Ma i rischi sono altissimi, solo una piccola parte è cosciente della guerra in Yemen, non sono consapevoli del livello di brutalità e della grande mole di morti abbandonati lungo la strada.

Ma nonostante tutto ogni anno sono decine di migliaia coloro che provano la traversata. Oggi si calcolano in 750000 gli etiopi presenti in Arabia Saudita, la quasi totalità passata per una rete di contrabbando e di traffico di esseri umani altamente efficiente che promette posti di lavoro ed opportunità per rifarsi una nuova vita in Arabia Saudita.

Opportunità che non ci sono e che li rendono oggetto delle brutalità più oscene, non solo da parte delle guardie di frontiera, ma anche dei ribelli yemeniti Houthi, che negli ultimi tempi hanno imparato a estorcere tangenti ai migranti, a mo’ di “tassa di uscita“, trattenendo e abusando di coloro che non potevano pagare.

I migranti si ritrovano così ad essere sotto un fuoco incrociato, in un lembo di terra chiuso tra le aride montagne di confine, oggetto delle violenze e delle vessazioni di tutte le parti in gioco, un gioco nel quale ricoprono solo il ruolo di “pedine facilmente sacrificabili“.

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