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Kenya, la speranza di ricominciare dei ragazzi di strada senza diritti

Si ricomincia. Seduti intorno ad un tavolo per condividere la storia delle propria vita, o almeno gli episodi che si possono, e si riescono, a raccontare. Poi verranno gli incontri individuali.
Sono, nel linguaggio dei documenti ufficiali “quindici giovani adulti da riabilitare.” Sono quindici ragazzi ai quali sono stati rubati i diritti più elementari, abbandonati, disprezzati, colpevolizzati. Hanno perso la strada, nessuno finora li aveva aiutati a ritrovarla, anzi, molti hanno deliberatamente indicato loro la direzione sbagliata.

E’ incominciato con una telefonata. Ero in auto, in strada per Kilifi. Dall’Uhuru Park, al centro di Nairobi, mi chiama un funzionario dello Street Family Fund, lo stesso che poco più di un anno fa, a ondate successive, ci aveva regalato quasi 140 ragazzi di strada che oggi sono quasi tutti “rehabilitated” – brutta parola, parlando di persone preferisco pensare che siano rinati. Mi dice il funzionario “Sono qui con Jack, il tuo operatore di strada. Ci sono una dozzina di giovani adulti, sono disperati ma anche pronti a lasciarsi guidare. O li prendiamo adesso o mai più. Li possiamo portare da te?” Chiedo solo di passare il telefono a Jack per un minuto che mi rassicura “E’ vero, accogliamoli. vedrai che ce la caveremo”. Posso dire di no? So che è una debolezza, ma sento di non aver scelta. Dico solo “OK, portateli a Ndugu Mdogo a Kerarapon, li vedrò fra tre giorni al mio rientro.”. Telefono a Robert, che in quel momento so essere a Kibera “Va subito a Kerarapon e prepara letti e un pasto di emergenza per una dozzina di ragazzi. Poi vedremo”.

Nei tre giorni a Kilifi continuo a ripetermi che sono stato imprudente: Come faremo a mantenerli? Per ragazzi di quell’età bisogna ragionare sui tempi lunghi, ci vogliono almeno otto o nove mesi per rinascere. Come li tengo impegnati? Ci saranno fra di loro degli squilibrati mentali gravi come lo scorso anno che ci hanno creato problemi, dovuti anche alla nostra scarsa esperienza per casi cosi difficili? Ma poi mi rassicuro, certamente ce ne saranno anche di straordinariamente positivi, come Joel, Josephat, Peter, Tom e tanti altri. Saranno un arricchimento per Koinonia. Poi alla fin fine non me li sono andati a cercare. Qualcuno me li ha mandati.

Al rientro a Nairobi corro ad incontrarli, e tutti i dubbi svaniscono. Vedo occhi sinceri, dove si può leggere tutto il male che hanno vissuto, ma anche tutto il bene a cui aspirano.

Adesso abbiamo cominciato un percorso insieme. Fatto di parole e incontri. Soprattutto di stare insieme, di fare insieme le cose normali di ogni giorno. Robert li guida in questo cammino, io li accompagno. Imparo. La negatività, le recriminazioni, la rabbia, la vendetta, l’odio sono sentimenti che distruggono chi li coltiva. Bisogna coltivare uno sguardo di comprensione, di compassione, di pace per le persone che ci stanno attorno e per il mondo tutto. O non se ne esce.

Abbiamo accettato questi ragazzi senza riflettere troppo, senza calcoli economici. Lo Street Family Fund ci aiuterà. Cosi hanno detto. Però al momento siamo in grande difficoltà, anche perché questi ragazzi si aggiungono al grave disagio sociale che dobbiamo affrontare ogni giorno. Se persone amiche volessero mandarci un sostegno attraverso i soliti canali certamente potremo provvedere meglio ai loro bisogni. Alcuni vorrebbero riprendere a studiare, altri fare corsi di artigianato, altri sarebbero contenti di poter essere riuniti alla famiglia di origine e di continuare a lavorare in campagna. Tutti hanno capito l’inganno della vita in città e i sogni ad occhi aperti sono svaniti. Bisogna affrontare la dura fatica di vivere, e saper riconoscere la felicità e la presenza di Dio nelle piccole cose.

A Pentecoste abbiamo ricevuto in Koinonia cinque nuovi ragazzi. Una semplice cerimonia alla Casa di Anita. Un appello alle ragazze: “Ci sono poche donne in Koinonia, quando terminate la scuola e incominciate a lavorare continuate a sentirvi parte della nostra grande famiglia”. Anche le bambine poi si mettono in fila per pregare per ciascuno dei nuovi membri.

Nelle foto il primo incontro con i nuovi ospiti, i volti di alcuni di loro e le ragazzine che impongono le mani ai Koinoniani.

(C) Renato Kizito Sesana

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