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RDC, il Nyiragongo fa tremare gli scienziati dell’Osservatorio Vulcanologico di Goma

A un mese di distanza dall’eruzione del 22 maggio, a Goma le preoccupazioni per il vulcano Nyiragongo si sono ridimensionate, tuttavia sono cresciute quelle sociali: le 450.000 persone, tra cui 280.000 bambini come ha stimato l’UNICEF, che avevano precipitosamente evacuato la città a causa della minaccia di una nuova, possibile eruzione, stanno rientrando grazie a una serie di autobus messi a disposizione dalle autorità locali. Anche le circa 8.000 persone che avevano attraversato il confine con il Rwanda, che si trova a est di Goma, ora sono quasi tutte tornate nella Repubblica Democratica del Congo. Invece, restano ancora tanti casi di bambini soli, separati dai propri genitori: nei primi giorni, i ragazzini senza famiglia erano circa un migliaio, poi l’UNICEF e altre associazioni sono riuscite a ricongiungerne alle rispettive famiglie quasi 700, tuttavia – secondo i dati più recenti – ancora 142 bambini si trovano in famiglie affidatarie temporanee e altri 78 sono in centri di accoglienza di transito.
Varie ong stanno provvedendo a distribuire articoli non alimentari essenziali, come taniche e teloni, ma anche attrezzature di vitale importanza per l’acqua e l’igiene. Inoltre, è stata rafforzata la sorveglianza attiva contro il colera e la Croce Rossa ha assicurato la depurazione dei punti d’acqua pubblici. L’eruzione del mese scorso ha provocato la morte di 32 persone e altre 40 risultano disperse, ma il disastro ha causato anche la distruzione di almeno 4.000 abitazioni, oltre ad una serie di servizi pubblici.

Il fallimento dell’Osservatorio Vulcanologico

Nell’immediato, le critiche principali sono state rivolte all’Osservatorio Vulcanologico di Goma (OVG), che non ha allertato in tempo del rischio eruttivo. Vari media internazionali hanno esplicitamente scritto che il centro di ricerca «ha fallito la sua missione», ma negli ultimi giorni sono emerse informazioni che definiscono più chiaramente l’entità e la natura di quel “fallimento”.
In particolare, LUCHA (Lutte pour le changement), un movimento nonviolento e democratico di Goma, ha raccolto una serie di documenti e ha prodotto diversi esposti – di cui “Focus on Africa” è venuta in possesso – che fanno luce sulla situazione dell’OVG, sia sul piano economico-gestionale, sia su quello scientifico e delle collaborazioni internazionali.
Come era emerso fin dalle prime ore dell’emergenza, l’istituto vulcanologico congolese era da molto tempo in difficoltà a causa dei tagli ai fondi da parte della Banca Mondiale dovuti ad alcune accuse di corruzione, al punto che tra 2020 e 2021, per sette mesi, fino allo scorso aprile, era stato addirittura senza stipendi, connessione internet e carburante per i fuoristrada con cui recarsi sui vulcani Nyiragongo e Nyamulagira. L’OVG fu creato nel 1986 con lo scopo di monitorare la provincia di Virunga e di fornire informazioni sulle attività sismiche e vulcaniche alle autorità locali e alla popolazione. Tuttavia, è dal 2002 che l’Osservatorio è diventato un centro particolarmente rilevante, ossia dall’ultima grande eruzione del Nyiragongo, che ha distrutto Goma e ha causato la morte di 250 persone, per cui successivamente è stato riorganizzato in cinque unità: vulcanologia fisica, sismologia, deformazione del suolo, tecnica e elettronica, comunicazione e educazione.

La cattiva gestione dell’OVG

Nell’ultimo anno, i sindacalisti dell’OVG e alcune associazioni civiche – come, appunto, LUCHA o SOCICO, la Société Civile du Congo – hanno prodotto numerosi rapporti e memorandum trasmessi alle autorità nazionali congolesi perché venisse chiarito l’uso dei fondi per determinati progetti finanziati dalla Banca Mondiale, dall’Unione Europea e dai governi del Giappone e della Svizzera. Un caso particolarmente rilevante riguarda il progetto di miglioramento della sicurezza dell’aeroporto di Goma, sovvenzionato nel 2015 con 52 milioni di dollari USA dall’Associazione Internazionale per lo Sviluppo (IDA) e volto sia a potenziare le infrastrutture dello scalo, sia a sostenere la capacità dell’OVG di monitorare per la sicurezza dell’area. Il progetto si sarebbe dovuto chiudere il 30 giugno 2020, ma nessuno al momento è in grado di appurarne lo stato dell’arte, quanto meno della parte relativa al “Rafforzamento della capacità tecnica dell’OVG e scambio di conoscenze”. Questo aspetto della convenzione riguardava alcuni punti molto precisi: innanzitutto intendeva sviluppare e attuare un piano di formazione per il personale scientifico dell’istituto, in merito agli aspetti del monitoraggio e della valutazione dei rischi, poi puntava a sostenere le missioni scientifiche di esperti internazionali, quindi voleva sviluppare una corretta comunicazione al pubblico e alle autorità su eventi vulcanici e altri rischi naturali, infine auspicava un potenziamento dello scambio scientifico con altri istituti di ricerca geofisica.
In un memorandum redatto da LUCHA, gli attivisti si sono domandati come mai con gli ingenti budget a disposizione siano stati acquistati solo due veicoli 4×4 Toyota e perché i progetti riguardanti «la comunicazione, la formazione (master e tesi di dottorato), l’acquisto di attrezzature, il supporto alla ricerca e molto altro non [siano] mai stati realizzati». In altri passaggi, inoltre, si è dubitato pesantemente dell’integrità del direttore generale dell’OVG, Katcho Karume, che avrebbe raddoppiato il suo stipendio e quelli del suo entourage più stretto, mentre i salari dei ricercatori e dei dipendenti sarebbero stati addirittura sospesi per mesi: «Qual era lo scopo del denaro ricevuto da Katcho in almeno tre occasioni, che doveva essere utilizzato per acquistare attrezzature per l’OVG?». D’altra parte, questo è il punto che lo stesso sindacato dei dipendenti dell’Osservatorio hanno ribadito ancora una volta il 29 marzo 2021, in una lettera aperta indirizzata al presidente della RDC: «Chiediamo la restituzione immediata dei nostri stipendi e bonus sottratti dal 2013 ad oggi da tutti questi malversatori incivili».
Le voci sul presunto dirottamento della metà dei salari dei dipendenti dell’OVG si rincorrevano da tempo, infatti il 1° ottobre 2020 alcuni lavoratori dell’istituto che avevano protestato con la dirigenza erano stati arrestati, su denuncia dell’allora direttore Karume. Sono stati poi rilasciati solo dopo due settimane, come ha raccontato la sezione di Goma di SOCICO in un comunicato stampa del 17 ottobre, in cui gli attivisti hanno chiesto alle autorità provinciali e nazionali «di mettere fine una volta per tutte alla cacofonia, al caporalato e al terrorismo generalizzato dallo stesso signor Karume» e «di cessare immediatamente gli arresti arbitrari dei manifestanti pacifici che reclamano il rispetto dei loro diritti».
Le accuse di appropriazione indebita hanno inevitabilmente raggiunto anche i livelli più alti della politica nazionale, infatti pochi giorni fa, il 9 giugno, il ministro della scienza ha dovuto affrontarle nel Parlamento della RDC, negando ogni addebito. Tuttavia, per molti resta alquanto singolare che all’inizio di quest’anno, nel mese di gennaio, quello stesso ministero abbia sostituito il suddetto direttore dell’OVG Karume.

L’ombra del neocolonialismo scientifico

Oltre agli aspetti economici e gestionali che si sono concentrati sugli sperperi del denaro ricevuto dai donatori internazionali, la lotta per un Osservatorio Vulcanologico rinnovato ed efficiente a Goma ha anche un secondo fronte, che invece è prettamente scientifico. Il 2 giugno, in una nuova lettera aperta indirizzata ancora una volta al Capo di Stato e a molte altre autorità congolesi, i dipendenti dell’OVG hanno accusato i partner europei di un atteggiamento «neocoloniale» e di averli privarti dei dati che avrebbero potuto consentire loro di fornire un preavviso della recente eruzione. Il riferimento è ai membri del consorzio BeLux, ossia tre istituzioni belghe e lussemburghesi, attive dal 2005 nella regione di Virunga: il Museo Reale dell’Africa Centrale di Tervuren (Belgio), che coordina, il Museo Nazionale di Storia Naturale del Lussemburgo, in particolare il suo Centro di Ricerca Scientifica, e il Centro Europeo di Geodinamica e Sismologia (ECGS). L’accusa è che queste istituzioni esercitino troppa influenza sull’OVG, il quale – dice la lettera dei ricercatori congolesi – «è stato preso in ostaggio da un piccolo gruppo di scienziati neocolonialisti» che ha escluso gli esperti locali e si è concentrato sulla propria ricerca vulcanologica a spese dello sviluppo locale nel monitorare i rischi geologici. Il testo, firmato dal sindacalista Innocent Zirirane Bijandwa in rappresentanza di decine di dipendenti dell’OVG, denuncia la fragilità dell’istituto, in particolare dal 2009, quando è stato elevato a “centro di ricerca autonomo” e, pertanto, «è in balia di partner stranieri», i quali, pur lanciando numerosi progetti, non forniscono alcun apporto migliorativo all’OVG nella capacità di sorvegliare i vulcani attivi della zona di Goma: «Non avendo i mezzi per pagare la connessione internet, l’OVG è stato sei mesi senza dati, sebbene quegli stessi dati fossero stati inviati in tempo reale in Belgio, per cui è stato necessario che un altro partner pagasse perché avessimo la connessione web con cui possiamo ricevere i nostri dati dall’Europa a Goma».
Il consorzio BeLux è criticato anche per dei corsi di formazione ai ricercatori congolesi giudicati «di facciata»: «Hanno un percorso atipico che non risponde assolutamente ai bisogni dell’OVG. Inoltre, i ricercatori formati dall’equipe belga non sono in grado di trattare né i dati sismici, né quelli GPS o ultrasuoni raccolti nella provincia di Virunga, per la semplice ragione che [il gruppo europeo] considera l’OGV come un concorrente che non bisogna far diventare indipendente».
In una nota dei partner europei, inviata a Science, il direttore dell’ECGS Adrien Oth ha affermato di essere «molto sorpreso» per l’accusa sulla scienza coloniale, «che consideriamo molto ingiusta e infondata». Anche François Kervyn, del Dipartimento di Scienze della Terra del Museo di Tervuren, le respinge, aggiungendo che «è abbastanza difficile per noi reagire se un’accusa non si basa su fatti precisi».
Al di là dell’espressione «ombra neocoloniale», tuttavia, quella che viene imputata agli scienziati belgi e lussemburghesi è la mancanza di trasparenza nell’accesso ai dati, che determina un vero e proprio monopolio scientifico: «La recente eruzione del vulcano Nyiragongo avrebbe potuto essere predetta dai ricercatori dell’OVG, se non avessero avuto tutti i problemi citati». Inoltre, si sarebbero potuti evitare degli errori grossolani, come la (errata) dichiarazione del 29 maggio del governo centrale congolese, secondo cui stava preparandosi un’eruzione del monte Nyamulagira, basata su informazioni pilotate dal Museo di Tervuren, ma mai rilasciate dall’OVG.

Per una scienza aperta e trasparente

Contattato da “Focus on Africa”, il professor Jonathan Mboyo Esole, un matematico originario della RDC che insegna presso la Northeastern University negli USA e che sostiene le battaglie di LUCHA a Goma, ha sottolineato che «la domanda non è se avremmo potuto prevedere l’eruzione o meno, ma se, come scienziati, questo sia un modo decente di fare scienza nel 21° secolo: i ricercatori dell’OVG sono talvolta trattati come ‘ragazzi sul campo’, cioè utili alla raccolta dei dati, ma non di più. In Belgio e in Lussemburgo non ci sono vulcani, per cui gli scienziati di quei Paesi usano quelli della provincia di Virunga per fare carriera». Esole poi ha aggiunto che «possiamo fare di meglio, dobbiamo chiedere di più alla comunità vulcanologica che studia il Nyiragongo: più trasparenza, più open-data, più regole etiche, più sana competizione… soprattutto perché ci sono delle vite in gioco».
In questa direzione, un esempio è dato dal “Virunga Supersite” (http://geo-gsnl.org/supersites/permanent-supersites/virunga-supersite/), che fa parte dell’iniziativa GSNL, Geohazard Supersites and Natural Laboratory, una partnership internazionale volontaria volta a migliorare, attraverso un approccio open-science, la ricerca scientifica geofisica e la valutazione geohazard a sostegno della riduzione del rischio di catastrofi. Con l’istituzione del Supersito, la comunità scientifica locale può aumentare il livello di collaborazione internazionale e porre attenzione su importanti questioni scientifiche. Questo è valido ovunque, perché la conoscenza dei fenomeni sismici e vulcanici è sempre incompleta, ma assume un significato particolarmente importante soprattutto nei Paesi con meno risorse economiche e tecniche. Come mostra il caso dell’Osservatorio di Goma, la penuria di fondi e fonti può essere dovuta all’assenza di osservazioni, ma anche a un difficile accesso ai dati esistenti e a risultati scientifici riutilizzabili.
Intanto, in collaborazione con il ministero rwandese delle miniere e del petrolio, ieri, 17 giugno, alcuni scienziati hanno installato sei nuove stazioni sismiche per monitorare i terremoti all’interno e intorno al lago Kivu, così da aumentare l’impegno per comprendere la regione del Rift e i movimenti magmatici del Nyiragongo.

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