I Masai sono probabilmente una delle tribù più conosciute tra tutte le popolazioni africane, un popolo senza tempo, che vive secondo uno stile di vita indigeno tramite antiche tradizioni e usanze. Sono l’unica tribù a non essere stata resa schiava dai coloni, proprio perché riuscì a combattere coraggiosamente, ecco perché sono idealizzati nell’immaginario dell’Occidente come feroci guerrieri.
I Masai sono un popolo nilotico, originari quindi della Valle del Nilo, che nel corso del XV e del XVII secolo è migrata verso gli altipiani al confine tra Kenya e Tanzania, dove attualmente vive.Per generazioni sono stati un popolo semi – nomade, che seguendo le piogge stagionali, si spostava con le mandrie alla ricerca di pascoli sempre verdi. Oggigiorno sono prettamente una tribù stanziale, che abita una vasta area tra il Kilimangiaro a sud, il Lago Vittoria a ovest e il Lago Naivasha a nord, ma li troviamo anche nel sud della Tanzania nell’area tra il Lago Tanganika e il grande fiume Ruaha.
I Masai raccontano che la loro origine ebbe inizio quando il progenitore di tutti i Masai – Mamasinta – risalì il grande burrone. I Masai sono tradizionalmente pastori ed il bestiame rappresenta la loro ricchezza più grande, allevano bovini, capre, zebù e pecore. Il possesso degli animali è indice oltre che di ricchezza, anche di prestigio e potenza, principale merce di scambio con i popoli dei villaggi vicini.
Sono moneteisti e credono in Enkai, creatore del mondo e unico Dio. Un Dio che si rivela con colori diversi a seconda dell’umore, sarà nero (narok) quando è buono, o rosso (nanyokie) quando è arrabbiato.
L’abitazione dei Masai è una casa abbastanza standardizzata (enkang), hanno un recinto spinoso all’esterno per proteggersi dagli animali selvatici, e un recinto spinoso all’interno per accogliere il bestiame. La prima casa sulla destra dell’entrata principale è quella del capofamiglia, poi segue quella della prima moglie, poi ci sono le casette per i bambini, che vivono con la madre fino all’età di 5 anni, dopo dormono da soli. L’enkang sono fatte di sterco mescolato a fango e posto su una struttura di rami. Non hanno energia elettrica né acqua corrente, un pozzo per rifornirsi può stare lontano più di 5 km, tutti rigorosamente da fare a piedi.
La tribù Masai è suddivisa in dodici clan principali: Keekonyokie, Damat, Purko, Wuasinkishu, Siria, Laitayiok, Loitai, Kisonko, Matapato, Dalalekutuk, Loodokolani e Kaputiei. Un ruolo centrale nella popolazione Masai è ricoperto dallo sciamano, ossia il Laibon, leader spirituale, in grado di far da tramite tra Dio e gli essere umani. Il Laibon è considerato un profeta, a volte un guaritore, vengono interpellati dagli anziani del villaggio, che hanno un potere assoluto su tutti gli affari che riguardano la comunità Masai, per dare il loro giudizio e consigliare anche su aspetti non prettamente spirituali.
La tribù Masai rispecchia una comunità maschilista e patriarcale, e la vita di un Masai maschio è scandita da rituali di passaggio da una fase d’iniziazione ad un’altra. Le fasi sono tre: l’infanzia, il guerriero e l’anziano. Il passaggio da una fase all’altra è caratterizzato dalla rasatura dei capelli, simbolo di un nuovo inizio nella vita dell’individuo. Nella fase dell’infanzia, i bambini hanno il compito di sorvegliare le mandrie nella savana, mentre le bambine hanno il compito di portare l’acqua, pulire la casa e aiutare in cucina. Il rito di passaggio alla fase del guerriero o moran è caratterizzato dalla circoncisione (emorata), nei mesi successivi necessari alla guarigione, dovranno vestirsi con una veste nera di pelle di capra e disegnarsi il volto con della terra bianca, segni entrambi dell’iniziazione, vivranno in una casa speciale senza recinzioni spinose, chiamata manyatta, essendo giovani guerrieri non avranno bisogni di difese, anzi staranno nella foresta per mesi per dimostrare di cavarsela da soli, impareranno ad usare la lancia per cacciare e per difendersi. La circoncisione segna il passaggio all’età adulta e dopo saranno pronti a sposarsi. Durante la cerimonia della “maggiore età”, chiamata eunoto, il precedente gruppo di guerrieri farà il passaggio nel gruppo degli anziani. I giovani guerrieri eseguiranno danze di guerre per dimostrare forza e abilità, all’alba si nasconderanno della foresta e dipingeranno i loro corpi con il gesso. Poi tornano al villaggio, dove vengono accolti dalle madri, che si preoccuperanno di tagliere loro i capelli.
Affascinante potrebbe essere assistere ad un matrimonio Masai, una delle tradizioni più particolari. Lo sposo come segno di forza dovrà donare alla futura sposa un leone, che avrà ucciso con la sua lancia. Il matrimonio è combinato dalle famiglie degli sposi, e la donna viene comprata in cambio di mucche in base alla sua bellezza. La festa di matrimonio può durare giorni e notti intere, si balla e si danza, la cerimonia termina quando la sposa si trasferisce nella casa dello sposo. Il padre della sposa per benedirla, gli sputerà un sorso di latte sul collo e l’avverte di non voltarsi, altrimenti diventerà pietra. La sposa giunta presso la famiglia del marito, verrà accolta con dello sterco e insultata, con lo scopo di mettere alla prova le spose sin da subito di fronte all’avversità della vita. Le spose sono giovanissime, dopo la prima mestruazione si possono già sposare, mentre gli uomini si sposano dopo i trent’anni, perché devono accumulare ricchezze per contrarre il matrimonio.
Una pratica profondamente radicata nelle tradizioni Masai, che segna il passaggio dall’infanzia all’età adulta, è la pratica della mutilazione genitale nelle giovani donne, molto dolorosa e che può portare perfino alla morte. Molte sono le azioni intraprese per cambiare il futuro delle donne africane, sia da parte di associazioni internazionali che da gruppi Masai, proponendo riti alternativi che da una parte garantiscono il rispetto dei valori fondanti la comunità Masai, ma che nello stesso tempo non violino i diritti umani.
I Masai sono sicuramente una tribù affascinante da conoscere, che vive a stretto contatto con l’ambiente, la cui giornata è scandita seguendo il ritmo naturale del sole, che ci ricordano che si può essere felici vivendo con veramente poco.
Credits photo Jack Carter