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Europa – Africa, il rapper Fula: noi giovani abbiamo qualcosa da dire, ascoltateci

Oltre 200 giovani provenienti dall’Europa e dall’Africa, ospiti nazionali e internazionali, esperti e organizzazioni si incontreranno a Torino il 22 e 23 ottobre per mediare con le istituzioni, promuovere un dialogo nuovo e proporre politiche comuni efficaci nelle relazioni afro-europee. Una Conferenza pensata come occasione per creare momenti di riflessione e di confronto, presentare proposte e dare voce alla società civile, in particolare ai giovani africani e ai giovani europei.

Noi di Focus on Africa Magazine abbiamo colto l’occasione per intervistare il rapper e attivista italo-senegalese Oumar Sall, in arte Fula, invitato come speaker in occasione della Conferenza AEYCProgettare un futuro giovanile inclusivo per Africani ed Europei.

Per partecipare in presenza o online alla due giorni, suggeriamo di compilare in tempo il form d’iscrizione:

https://docs.google.com/forms/u/3/d/e/1FAIpQLSdgci7y11hL4nBeBI6LYFCqJ8PdKnX23qCB6nrQ8sxhKv1K4Q/viewform?usp=send_form


Allo stato dell’arte, come funziona la cooperazione tra i Paesi africani e l’UE secondo te?

Sono in Senegal ormai da quasi due anni e mezzo e in questo periodo una delle cose che mi ha suscitato più interesse è stata capire il livello di cooperazione tra i due continenti, e in particolare tra Italia e Senegal. Ho sentito spesso ripetere la frase “portare sviluppo” e ho qui notato la presenza di un’infinità di organizzazioni no profit e di una cooperazione proveniente da tutte le parti d’Europa, scoprendo man mano i loro lati più funzionali e altrettanti punti a sfavore.

Tantissimi senegalesi della mia generazione si chiedono “Perché dopo tutti questi anni l’impatto di molti progetti sulla civiltà e sulla società non è così tanto evidente? Come mai alcune problematiche esistono ancora? Cosa è possibile fare per uno sviluppo bidirezionale e più collettivo?”

Parlare di cooperazione e progettazione vuol dire immergersi in un mondo complesso e articolato, con progetti e budget di finanziamento importanti, ma anche con difficoltà legate alla burocrazia, alle tempistiche, alla mancanza di risorse o a un accesso più friendly alle informazioni necessarie. Tra i punti più critici sicuramente quello legato alla mancanza di percorsi di accompagnamento pensati a misura di persona e più duraturi negli anni, tenendo conto che allo stato attuale i progetti limitano i loro effetti a tempi circoscritti e spesso esclusivamente a un tot di persone che prendono parte alle attività in maniera disomogenea sul territorio.

Altrettanto complesso e critico è il tema della comunicazione, che orienta e costruisce delle narrazioni specifiche spesso fuorvianti e inutilmente allarmanti su un punto o su un altro. La strategia comunicativa e le informazioni che passano dai media mainstream in Italia non ci raccontano il Senegal che vivo ogni giorno né i suoi punti di forza o quelli sui quali dovremmo fermarci a riflettere.

Ciò di cui veramente un senegalese ha bisogno non sempre è conosciuto (o compreso) da chi in Senegal non c’è mai stato e questo accade perché manca un ascolto attivo e comprensivo di chi vive sulla propria pelle le problematiche, quelle vere. Manca un’attenzione alle richieste dei più giovani, delle loro battaglie e dei loro bisogni. Manca un ascolto della diaspora, di italiani ed europei che vivono all’estero e che hanno qualcosa da dire.

La sfida dei prossimi anni per l’Africa e per l’Europa passa quindi dai più giovani?

Assolutamente. Ci sono mille modi oggi per comunicare con la gioventù. Ci sono voci che vogliono parlare. Ci sono voci che abbiamo il dovere di ascoltare tanto in Africa quanto in Europa, sia in Senegal che in Italia. Ci sono le cosiddette seconde generazioni e giovani appassionati, giovani giornalisti, esperti e formatori, scrittori, studiosi e attivisti.  Quanto siamo ascoltati? Quante risposte riceviamo?

Ti racconto di un’esperienza che ho vissuto in Italia questa estate in occasione della festa della Cooperazione, alla quale sono stato invitato con Leuz Diwane G, artista e attivista senegalese che ben conosce il suo Paese. Abbiamo partecipato a un evento pensato per parlare di progettazione e raccontare la nostra esperienza nel sociale come artisti impegnati, persone che vivono e conoscono bene la realtà di cui parlano. Tuttavia quello che mi è dispiaciuto è il tempo che ci hanno concesso. Pochi minuti per poter parlare, forse circa un minuto a testa e allora mi sono chiesto “A chi dobbiamo raccontare le problematiche del nostro Paese? Chi deve parlare più di noi? Chi deve dire la propria più dei giovani che condividono le loro esperienze e il loro senso di appartenenza?

Per sentirmi dire cosa non funziona nel mio Paese e per ricevere spiegazioni su cosa potrei fare, dobbiamo prima essere ascoltati. Su questo dovremmo riflettere in vista di prospettive future che riguardano le dinamiche relazionali afro-europee, integrando la cooperazione in nome di una maggiore conoscenza delle realtà nelle quali si lavora e in nome di scambi e confronti più concreti, al di là di tanti stereotipi e luoghi comuni spesso alimentati da giornalisti e cooperanti stessi.

Ho apprezzato parecchio in questi anni, per farti un esempio, il lavoro del Collettivo Fada, un gruppo di giovani giornalisti e attivisti che vanno in giro per il mondo a ricercare tematiche importanti, ritrovandosi anche in rappresaglie e rischiando la vita pur di dare un’informazione diversa, un’informazione corretta che documenta realtà parecchio complesse.

Noi giovani abbiamo qualcosa da dire e dobbiamo essere ascoltati.

In vista di questa conferenza (22-23 ottobre 2022, Torino), sei Panel diversi, ospiti nazionali e internazionali, ong, istituzioni, accademici e società civile tra momenti di confronto e riflessione. Cosa ti aspetti da questo evento e dalla tua partecipazione?

Sono speranzoso che possiamo trovare insieme spunti di riflessione e cercare di creare qualcosa di nuovo. Spero si possa offrire una nuova panoramica in cui noi giovani condividiamo esperienze, competenze, conoscenze e dubbi tra Africa ed Europa grazie alle traduzioni multilingue che ci saranno e alla possibilità di partecipare in presenza ma anche online.  

Ho sempre pensato alla possibilità di creare una sorta di seconda cooperazione, una cooperazione di giovani e per questo ho apprezzato parecchio l’intento e gli obiettivi della Conferenza fin da subito. Ho cercato più volte di ricevere delle risposte concrete, di avere spazi di condivisione ed espressione.

In questi anni in Senegal, ma anche in Italia, mi sono impegnato nel sociale passando dalla musica allo sport, al tema della migrazione o del cambiamento climatico. Ho creato una rete di contatti importanti, che mi hanno supportato nel mio percorso. Ricevere risposte nel mondo della cooperazione non è però affatto semplice. Sono uno dei pochi giovani italo-senegalesi sotto i 30 anni in Senegal e sono conosciuto sia qui che in Italia per il mio lavoro e il mio attivismo, eppure posso dirti che raggiungere i tuoi obiettivi, essere ascoltato e avere un confronto non è sempre scontato. Su alcune tematiche più di altre.

In occasione della conferenza, oltre al tema del cambiamento climatico e della migrazione, mi piacerebbe molto fare dei riferimenti al mondo artistico in generale e alle arti pratiche in Senegal. Ho notato che manca una certa creatività progressista, continuando a divulgare quei 4-5 contenuti ancorati a un passato rispetto al quale si appare alle volte impantanati.

Anche musicalmente si sperimenta poco rispetto a quello che si potrebbe fare, unendo sonorità, diffondendo messaggi diversi, più o meno accattivanti o provocatori.

Nei giorni a Torino insieme a Silvia Nocentini, fondatrice NoOx Worldwide (@noox_management) potremo parlare del nostro impegno nel costruire ponti tra Italia e Senegal e tra Europa e Africa, partendo dalla musica. Racconteremo le nostre esperienze e quelle di altri artisti per dare una prova di quanto lo scambio culturale sia possibile. Affronteremo il tema toccando quei blocchi strutturali che interessano sia la produzione musicale sia l’artigianato per riflettere insieme su come e quanto anche l’arte possa essere uno strumento funzionale nelle relazioni tra Africa e Europa in un mondo che sta andando al doppio della velocità con artisti che possiamo definire futuristici.

Ci sono persone che pensano in maniera differente e spero che questa Conferenza dia voce a tutti noi.

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