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Etiopia, IGF – Internet Governance Forum e violenze eritree nel blackout del Tigray

Etiopia, IGF – Internet Governance Forum e violenze eritree nel blackout del Tigray

Ad Addis Abeba, nella capitale d’Etiopia, si è svolto l’ IGF 2022 – Internet Governance Forum delle Nazioni Unite.

Un ossìmoro pensando che il Tigray, stato regionale settentrionale etiope ha subìto l’isolamento dal resto del mondo per più di due anni, dall’inizio dello scoppio della guerra genocida il 4 novembre 2020.

Niente telefoni, niente internet in Tigray.

La dichiarazione del ministro per l’innovazione Belete Molla Getahun è stata chiara:

“Il governo dell’Etiopia sta progettando un pacchetto che non riguardi solo la ripresa di Internet, ma la ripresa di tutto, perché questo è ciò di cui abbiamo bisogno come popolo, come governo. Non c’è una cronologia.”

Infatti oltre ai canali di comunicazione manca anche elettricità e accesso ai conti bancari.

Le infrastrutture di comunicazione sono fondamentali, sarebbero state fondamentali per poter dialogare col mondo. La loro chiusura è stata fondamentale per non far trapelare indiscrezioni, crimini, testimonianze sulle atrocità e disumanità che il popolo tigrino ha dovuto subire e che i civili stanno ancora subendo presi in mezzo ad una guerra non loro. Abusati, violentati e massacrati causa la loro etnia: essere tigrini. Deportazioni, arresti e detenzioni di massa su base etnica di persone di ogni età, sesso e ceto sociale solo perché tigrini.

Oltre 120mila donne e ragazze sono state sottoposte a sistematiche campagne di stupri e violenze sessuali, in gran parte da parte degli eserciti etiope ed eritreo e delle loro milizie alleate di etnia Amhara, Fano, che sono state anche accusate di aver portato a termine con successo una campagna di pulizia etnica nel Tigray occidentale.

Con il blackout del Tigray ancora in atto, la decisione delle Nazioni Unite di tenere l’IGF ad Addis Abeba ha suscitato non poche critiche visto queste premesse.

Secondo Access Now, un gruppo per la tutela dei diritti, l’Etiopia dal 2016 ha chiuso internet almeno 22 volte. Brett Solomon, direttore esecutivo, ha dichiarato che “è il blocco ininterrotto più lungo del mondo”.

Peter Micek, esponente di AccessNow, per mezzo social denuncia:

“Buongiorno Addis! Sfortunatamente, l’organizzazione di Internet Governance Forum ci comunica poche ore prima della cerimonia di apertura che solo i VIP possono portare i telefoni all’interno. Nessun motivo fornito. Nemmeno un inno alla “sicurezza”. Questo è triste e ironico dato il focus della conferenza. #IGF2022″

In concomitanza per mezzo social viene condivisa una foto della reception dell’ IGF2022 ad Addis Abeba che immortala una moltitudine di buste numerate che raccolgono i dispositivi mobili degli ospiti.

Teklehaymanot G. Weldemichel, dottorato di ricerca in antropogeografia presso l’Università norvegese di scienza e tecnologia scrive:

“È ironico che un organismo delle Nazioni Unite il cui presunto obiettivo è promuovere un accesso più ampio e migliore a Internet stia tenendo il suo più grande incontro annuale in un paese che ha utilizzato Internet e il sistema di comunicazione come arma per commettere crimini che equivalgono a genocidio e disinformare il mondo al riguardo.”

Rosanna Fanni, coordinatrice di EU-U.S. Trade and Technology Dialogue, presso il Centro per gli studi politici europei CEPS ha condiviso un post:

“Sono a #IGF2022 in Etiopia, dove la regione settentrionale del Tigray è in fase di #interruzione di Internet a causa della crisi umanitaria in corso. Ironia della sorte, l’operatore di comunicazione statale del paese ospitante dell’Internet Governance Forum di quest’anno ha imposto l’arresto di Internet nella regione del Tigray, lasciando sei milioni di persone senza telefono o accesso a Internet. All’IGF, oltre 2500 esperti internazionali discuteranno di connettività e accesso a Internet durante le sessioni sul primo tema “connettere tutte le persone e salvaguardare i diritti umani”.”

Il senatore americano Jim Risch si è schierato contro il blocco comunicazioni come arma di repressione:

“Non ci sono scuse per il Presidente Biden per inviare funzionari statunitensi in Etiopia all’ IGF2022 . La nostra partecipazione (USA) legittima un governo [ etiope n.d.r.] il cui track record sulla governance di Internet include l’imposizione di un blackout di Internet in Tigray per 2 anni, schiacciando il diritto di parola e nascondendo orribili abusi del diritto umanitario.”

NetBlocks, gruppo a livello globale per il monitoraggio di internet, della sicurezza informatica e della governance digitale, che si occupa di connettività e democrazia e di strumenti e politiche per il cambiamento, ha organizzato un evento parallelo live: IUF 2022 – Internet Ungovernance Forum – #IUF2022

Tramite una diretta Twitter il 30 novembre 2022 ha dato voce ad un confronto tra esperti di internet e del campo IT, ma soprattutto ha dato voce al dibattito a alle testimonianze per parlare dei diritti negati al Tigray.

Le agenzie umanitarie hanno testimoniato che il blackout delle comunicazioni ha ostacolato la consegna del supporto salvavita al Tigray. Nel contempo ha alimentato le violazioni dei diritti umani promuovendo una cultura dell’impunità tra le forze armate. Le Nazioni Unite in un report ha denunciato tutte le parti di abusi, tra cui uccisioni, stupri e torture.

Durante la cerimonia di apertura dell’ IGF2022 il Premier Abiy Ahmed ha affermato che internet:

“ha sostenuto la diffusione della disinformazione mentre l’Etiopia ha affrontato una ribellione armata nella parte settentrionale del paese”.

Da quando è ripresa l’ultima grande offensiva militare dal 24 agosto 2022 il supporto umanitario si è bloccato totalmente nel Tigray isolato dal resto del mondo.

Il 2 novembre è stato siglato a Pretoria, sud Africa, un accordo di tregua, di cessazione ostilità tra governo etiope e rappresentanti del Tigray. Una successiva implementazione con l’incontro a Nairobi, Kenya, tra i capi militari delle due fazioni.

Accordo che dichiara l’accesso umanitario illimitato ed immediato e il ritiro di “forze straniere” dalla regione, punti cardine.

Anche se sono state effettuate alcune consegne, non è stato ancora raggiunto il regime di fornitura di supporto salva vita ai milioni di persone in Tigray. Un anno fa l’ONU stimava che servissero 100 camion al giorno di cibo e medicinali per sopperire ai bisogni urgenti della popolazione martoriata. Il WFP denuncia infatti la lentezza dell’approvvigionamento salva vita.

William Davison, analista senior di Crisis Group sottolinea le criticità burocratiche, in conflitto con l’accordo di tregua, ed informa sulla lentezza procedurale di forniture umanitarie:

“Uno dei motivi è un nuovo sistema di notifica. Le organizzazioni umanitarie informano ogni giorno il Distretto logistico guidato dal WFP dei loro camion e merci e il gruppo presenta una richiesta consolidata alla Commissione etiope per la gestione dei soccorsi in caso di calamità.”

Davison aggiunge:

“Prima che possano viaggiare, EDRMC deve emettere una lettera di supporto. Mentre l’accordo di Nairobi ha deliberatamente affermato che non era necessaria la notifica e non l’autorizzazione, in pratica questo requisito della lettera di supporto equivale all’autorizzazione. La mancata notifica può portare a “complicazioni” lungo il percorso…”

Specificando:

“Inoltre, per tutti gli articoli IT [tecnologici n.d.r.], sanitari e agricoli, anche le organizzazioni umanitarie necessitano prima dell’autorizzazione del ministero federale competente (MoH, MoA, ecc.), che viene presentata al Logistics Cluster e quindi all’EDRMC nella richiesta della lettera di supporto.”

Migliaia di sfollati interni in TIgray senza servizi di base

Un recente servizio di Tigrai TV ha dato credito al contesto appena descritto:

“Pù di 3000 tigrini sfollati interni in una scuola secondaria riconvertita in campo IDP soffrono per la mancanza dei servizi di base.”


L’ufficio comunicazione del governo etiope segnala che:

“Coerentemente con l’accordo di pace firmato a Pretoria, il governo federale sta compiendo tutti gli sforzi per fornire assistenza umanitaria e ripristinare i servizi di base nella regione del Tigray. Di seguito i dati dell’assistenza umanitaria degli ultimi 4 giorni.”

 

Per quanto riguarda il ritiro di forze straniere dal Tigray, l’ago della bilancia per la buona riuscita dell’accordo di tregua, è la garanzia che le truppe eritree siano uscite dal territorio regionale. Ad oggi ci sono testimonianze che dimostrano l’opposto. Le forze militari del dittatore Isaias Afwerki sono ancora a piede libero perpetrando violenze e abusi.

Secondo un rapporto interno, visionato e riportato da Bloomberg, compilato tra il 17 e il 23 novembre dal Centro di coordinamento delle emergenze del governo del Tigray sarebbero state uccise 111 persone.

L’autorità regionale ha anche riferito che 103 persone sono state gravemente ferite nelle aree ancora controllate dall’Eritrea, mentre 241 case sono state distrutte.

Più di 100 campi per le persone sfollate a causa dei combattimenti in corso operavano solo nelle vicinanze della città di Adigrat.

“Ci sono segnalazioni di uccisioni extragiudiziali di civili, feriti, rapimenti, sparizioni, distruzione di case e saccheggi diffusi da parte delle forze di occupazione.”

Getachew Reda, portavoce per il Tigray martedì 27 novembre ha affermato:

“Mentre le nostre forze stanno facendo di tutto per onorare la loro parte nell’accordo di disimpegno di Pretoria/Nairobi tutte le forze eritree sono ancora su tutte le furie, uccidendo bambini e donne a volontà, saccheggiando, distruggendo e saccheggiando proprietà a volontà. A May Abay la scorsa settimana, sono stati giustiziati sommariamente centinaia di donne e bambini. È ovvio che gli eritrei non hanno alcun interesse per qualsiasi accordo pacifico tra il governo centrale e il Tigray poiché ostacolerebbe i loro nefasti piani nel Corno d’Africa. La domanda è: i nostri partner per la pace ad Addis faranno la loro parte dell’accordo per proteggere i civili e fare tutto il necessario per convincere le “forze esterne e non ENDF” a lasciare il Tigray? È nostra speranza e aspettativa che adempiano la loro parte dell’accordo. La comunità internazionale da parte sua dovrebbe continuare a fare pressione!”

Tra il 25 e il 31 ottobre, centinaia di civili sono stati prelevati dalle loro case e uccisi dalle truppe eritree nelle campagne intorno ad Adwa, a circa 40 chilometri dal confine con l’Eritrea. La zona di Irob, Tigray orientale, è ancora totalmente isolata e assediata dalle truppe eritree.

Zona orientale tigrina che nell’ottobre 2020, 1 mese prima dello scoppio della guerra genocida in Tigray, è stata finanziata con 1,5 Milioni di euro dall’Italia per le politiche anti migrazione. Oggi Irob, l’area e la minoranza etnica omoìnima sono da più di due anni isolati dal mondo e senza voce per denunciare violenze ed abusi subìti e in mancanza di supporto umanitario.

Situazione condivisa con il 90% delle persone in Tigray.

Le prime dichiarazioni esplicite di Obasanjo

L’ex presidente della Nigeria, Olusegun Obasanjo è l’inviato dell’Unione africana nel Corno d’Africa e ha supervisionato i colloqui di pace in Etiopia. Recentemente ha dichiarato:

La distruzione causata nella regione del Tigray, teatro principale della guerra, è stata molto alta in termini di perdite umane e materiali. È stato stimato che non meno di 600.000 persone siano morte direttamente in battaglia o a causa di malattie e della mancanza di accesso agli aiuti umanitari.

Se si aggiunge la distruzione di vite causate direttamente e indirettamente in altre parti dell’Etiopia, in particolare ad Amhara, Afar e Oromia, le vite totali stimate perse nella guerra civile in Etiopia sarebbero vicine al milione. Il costo della ricostruzione e riabilitazione di proprietà e istituzioni pubbliche e private è stato stimato in circa 25 miliardi di dollari.

Alla perdita quantificabile di vite umane e proprietà e ad altre perdite materiali si devono aggiungere le perdite non quantificabili di opportunità causate dalla guerra. Il costo della distruzione della fiducia e della rottura delle relazioni all’interno e all’esterno del paese è alto e ci vorranno anni se non decenni per ricostruire completamente.”

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