vai al contenuto principale

Aram, dal Senegal all’Italia: vita a mille di una mamma ambiziosa

Ho incontrato Aram Mbow in un momento di confronto e riflessione a Villafranca Tirrena (ME) in occasione dell’evento finale del progetto Politica Donna, nato per informare sulle opportunità di partecipazione socio-politica giovanile offerte dall’Unione europea e rivolto a giovani donne.

Nominata Top Voice 2022 da Linkedin per le conversazioni avviate negli ultimi mesi sul tema bilanciamento vita-lavoro, Aram è una giovane italo-senegalese cresciuta in Senegal e oggi in Italia, che ha scelto di iniziare a parlare della sua “Vita a mille di una mamma ambiziosa” in un progetto del tutto digitale ma tanto empatico.

Nella nostra chiacchierata, Aram racconta che il 50% delle donne nel 2022 si sente in burnout e 1/3 ha problemi di salute mentale. Solo il 43% di loro è però serena nel parlarne. Nel corso della pandemia, ha sofferto parecchio, convissuto con una gravidanza complessa, e avuto grandi dubbi riguardo alla sua capacità di essere una manager e una madre presente.

Da questa sofferenza e dalla presa di consapevolezza delle condizioni di una donna lavoratrice in Italia, tra racconti di quotidianità e momenti di riflessione su tematiche attuali, con “Vita a mille di una mamma ambiziosa” Aram oggi prova ad accorciare le distanze con donne e uomini, genitori e mondo del lavoro, tra la società e la famiglia e tra l’Italia e il Senegal.

Empowerment femminile. Come valuti la qualità del dibattito su questi temi e le risposte della nostra società? Cosa ci dici invece del Senegal?

Sia in Italia che in Senegal il tema è attualissimo – la nostra “apnea” in pandemia ci ha dato un motivo in più per rimettere in discussione i nostri diritti e promuovere confronti costruttivi: vogliamo più risposte, più mezzi e più voce.

Se penso all’Italia che mi raccontava mia nonna e le mie sorelle qualche anno più grandi di me, sono meravigliata dai cambiamenti. Oggi la nostra presenza a lavoro in posizioni di vertice è cresciuta moltissimo, e anche il raggiungimento di titoli di studio. Siamo il Paese che negli ultimi 10 anni ha realizzato i maggiori progressi in Europa per la parità di genere, ma siamo anche il penultimo Paese UE per occupazione femminile (oggi sotto al 50%) dove noi donne siamo pagate molto meno deicolleghi maschi. E purtroppo con la maternità la situazione peggiora, le mie conversazioni con mamme fanno emergere rinuncie e disoccupazione perché la gestione di casa, figli e famiglia è delegata a noi.

Guardando i dati in Senegal, si sminano diversi stereotipi. Le donne hanno in mano il budget della famiglia, fanno moltissima rete con servizi per auto-sostenersi – dalla microfinanza alla gestione familiare, e questo permette loro di crearsi attività ed essere maggiormente indipendenti a livello finanziario. Il Senegal ha fatto passi da gigante dal 2011, dopo aver siglato un patto apposito, e oggi è considerato una “feminine society” con ruoli di genere più fluidi. Siamo settimo al mondo come presenza di donne in Parlamento (43%) e abbiamo miglior parità salariale rispetto a molti paesi Europei di cui l’Italia. Aggiungo che oggi metà delle donne usa sistemi di pianificazione familiare (contracettivi) moderni.

Con questi dati non voglio però fornire versioni idilliache. La cultura in Senegal è profondamente machista e il fatto di essere cresciuta lì fino a 17 mi ha marcata, per questo il tema per me è centrale, parte dalle viscere e mi smuove tutta. Troppe bambine attorno a me sono state sposate a 13 o 14 anni, (ancora oggi il 30% delle ragazze prima di 18 anni), abbandonando per questo gli studi. Troppe storie di violenza sessuale tra le mura di casa mi hanno sconvolto (oggi 13%), troppe bambine subiscono ogni giorno l’infibulazione sessuale femminile (oggi una su quattro). Troppe donne, tra cui mia zia, hanno dovuto tacere e accettare una concubina arrivata in casa di punto in bianco perché il marito decide di diventare poligamo.

In entrambi i Paesi, Italia e Senegal, possiamo e dobbiamo fare molto, ma senza la pretesa di portare soluzioni da una parte all’altra. Si tratta di contesti e culture diverse ed è giusto che anche i percorsi mantengano queste differenze. Io provo a fare la mia parte.

Per il Senegal, ho fondato con amici Janghi Onlus di cui sono oggi Presidente per assicurare il diritto alla scuola a più di 300 bambini. Sono convinta che l’istruzione sia la chiave dell’emancipazione e della libertà, e le bambine grazie alla scuola si allontanano da matrimoni forzati, violenze e lavoro minorile. In Italia invece, con il mio recente progetto “Vita a mille di una mamma ambiziosa”voglio portare una narrativa diversa dell’essere mamma – una maternità non fatta di rinunce ma di visione e bellezza, una maternità pazza e divertente, che dà super poteri e si sposa con ambizione, leadership e realizzazione. Perché sono convinta che si possa fare molto di più per costruire qui un mondo del lavoro – e una società – più umana, equa, empatica e tinta di rosa.

Cosa ha voluto dire per te essere una donna nera in Italia?

Il fatto di essere italiana e di parlare bene l’italiano mi ha dato immensi privilegi rispetto ad altre storie, e anche il fatto di essere arrivata in Italia a 17 anni, già abbastanza grande: ero più consapevole. Sono cresciuta in Senegal in una famiglia dove ladiversità era bella, ed è stato questo bagaglio ad essere la mia forza.

Dopo la mia laurea, ottenuta in un’Italia che pochi raccontano – meritocratica e fatta di amici che ogni giorno mi passavano appunti, spiegavano esercizi e spingevano a fare un passo in più – ho iniziato a lavorare nella Consulenza e fin da subito mi resi conto che in quei contesti ero unica. Certo, ogni tanto mi sono sentita poco rappresentata ma i miei leader in primis coglievano nella mia “diversità” un plus: ero percepita come creativa, con un mindset diverso, e quindi in grado di portare un punto di vista innovativo. Crescendo professionalmente ho notato che la categorizzazione delle nostre “diversità” non sempre aiuta: in fondo siamo tutti diversi, perché tutti unici!

Presto diventai ambassador della diversità con questa narrativa, per creare ponti e accorciare le distanze, ed è quello che faccio ogni giorno con il mio nuovo progetto sui social. Voglio “normalizzare” la mia diversità – io non sono una donna nera, io sono un’amica, una collega, un’innovatrice, una ballerina, unattivista, una ingegnera, una mamma, una moglie, una sorella.

Da cosa nasce il tuo progetto Vita a mille di una mamma ambiziosa e a quali bisogni vuole rispondere?

“Non puoi avere tutto!” Crescendo e creandomi una famiglia, senza voler rinunciare a quello che per me significava realizzarmi, mi sentivo sempre dire che volevo troppo e che avrei dovuto fare una scelta: mamma, donna o manager. Ero troppo sola. “Sono l’unica che non può fare la riunione alle 20? Perché siamo sole con i bimbi nei primi mesi di vita, perché i papà non sono qui a tempo pieno? In questa conferenza davvero non siete riusciti a trovare una donna esperta, solo uomini?

In Italia rispetto al Senegal le disuguaglianze si notano più tardi, uomini e donne hanno simili opportunità prima dei 30 anni, ma dopo la maternità c’è il vuoto. Io, nel provare a fare del mio meglio negli ultimi 5 anni ho accavallato 3 maternità, un nuovo lavoro, la promozione a dirigente, la costruzione di una famiglia e la pandemia. A un certo punto la montagna era troppo ripida, e mi sono sentita cadere nel vuoto. Sono tante cose certo, ma ai papà nessuno dice che corrono, solo noi proviamo ad essere “in carriera” (notare la semantica – letteralmente, dei cavalli in gara).

Così è successo. Dopo settimane chiusi in pandemia – dove mio compagno ed io lavoravamo in smartwork senza sosta – vivevo in apnea, nell’attesa che finisse l’incubo. Ricordo quel momento in cui mio figlio Malik, appena 15 mesi, mi guardò in lacrime mentre sua sorella abbassava gli occhi, tristissima. “Mammina, ti prego, solo questa storia”. Come avevo fatto a trascurarli così tanto? Spensi le telecamere dell’ennesima riunione, con gli occhi pieni di lacrime, mi sentivo di aver fallito. Lo presi in braccio e decisi che sarei cambiata. Non è stato semplice: sensi di colpa, non dormivo la notte, mettevo a rischio la mia terza gravidanza. Così chiesi il licenziamento – e ringrazio me stessa per aver agito in tempo, la mia azienda che comprensiva mi diede tempo, il mio compagnoper avermi sempre supportata e mia madre per aver dato un nome a quella crisi: un burnout. Decisi di andare a vivere qualche mese in Sicilia – terra di origine di mio marito – per iniziare un grande lavoro su me stessa. Ispirata da altre donne che dimostravano che “tutto” era possibile, iniziai a parlare sui social dei miei sentimenti, delle mie difficoltà. Tornai al lavoro stimolandoconversazioni di valore e diventai un’esempio per la gestione del work-life balance (equilibrio vita privata / professionale) portandosoluzioni concrete e chiarenzo le mie necessità, il ché ispirava fiducia.  

Sui social ho iniziato a parlare di numeri, di sentimenti ed emozioni. Molte donne (e non solo donne) mi dicevano che le ispiravo, si confrontavano e avevano più coraggio per fare passi concreti nelle loro vite. Da qui è nato il progetto, dalla rinascita dopo un momento di crisi esistenziale: mio marito Vincenzo, quasi scherzando, mi suggerì di raccontare online la mia “Vita a mille di una mamma ambiziosa” perché il mio percorso potesse aiutare altre donne. Così mi sono lanciata. Parlo di temi importanti come la maternità, il gender gap, la disoccupazione femminile con dati alla mano, soffermandomi sul mio vissuto, sulle emozioni, sul nostro lato più intimo. Porto consigli su come organizzarsi, come avere più flessibilità, come valorizzarci. Mi impegno per coinvolgere nella conversazione più persone – donne ma anche papà, studenti, leader. Così accorciamo le distanze, perché in fondo tutti gli uomini sono anche mariti, papà e fratelli e sono convinta che le disuguaglianze nascano da incomprensioni. Guardandoci dentro e raccontando il vero, possiamo fare mille passi avanti! Così ogni giorno racconto con tono divertente e scherzoso, autentico e ottimista, le difficoltà, le paure, le soddisfazioni e le nostre ambizioni, umanizzando queste tematiche e rendendo lecito a noi mamme di “volere tutto”.


Empatiche e vulnerabili. E va benissimo. Che dice chi ti segue?

Sono passate solo 15 settimane ma sono riuscita a coinvolgere diverse migliaia di persone, è stato davvero un risultato incredibile, molto oltre le mie aspettative! Oltre ai commenti sui post e sulle storie giornaliere su Instagram, in tanti mi scrivono in via privata perché si è creato un legame di fiducia e perché viviamo le stesse difficoltà.

La mia mission è quella di ispirare e stimolare conversazioni per chi condivide il concetto di una mamma che si realizza; persone di diverse età, donne e uomini, madri e padri.

Ci chiediamo come essere autentiche nell’essere leader con uno stile empatico, equilibrato, umano e relazionale. Come migliorare la nostra flessibilità e il work-life balance. Sproniamo le leggi sulla paternità obbligatoria, che vorremo come in Spagna equiparata alla maternità. Informiamo sul divario salariale di genere. Usiamo il femminile dei termini professionali. Ipotizziamo un mondo senza giudizi. Richiediamo che la maternità sia considerata una competenza. Vogliamo il nostro spazio. Lavoriamo sui nostri sensi di colpa, impariamo a perdonarci. Quello che faccio è stimolare una conversazioni, mostrando anche la mia “Vita a mille di una mamma ambiziosa”,pazza e frenetica, divertente e imperfetta, coraggiosa e con le sue mille sfaccettature, spronando ognuno di noi a lavorare per un’auto realizzazione che vada al di là dell’essere mamma e per un mondo più equo.

Ho ricevuto tantissimi messaggi di genitori, leader e studenti, giovani e meno giovani che mi hanno raccontato la loro situazione, che volevano dirmi che si erano sentiti anche loro così, che mi hanno chiesto una mano, a cui ho dato consigli e connessioni. E questo percorso ha ispirato le risorse umane di alcune aziende, oltre a network di donne e di professioniste che mi hanno invitato a conversazioni aperte.

Nelle scorse settimane sei stata nominata da Linkedin, la Top Voice per le conversazioni avviate negli ultimi mesi sul tema bilanciamento vita-lavoro. Te lo aspettavi?

Linkedin News mi ha scritto qualche giorno prima della nomination per annunciarmelo ed ero così felice, sono entusiasta, onorata e  ne sento adesso anche la responsabilità: devo continuare la conversazione e mai tralasciare la mia autenticità!

Ho notato infatti che in una rete professionale come Linkedin si utilizzano molte frasi fatte, concetti astratti e termini complessi, limitando la parte emozionale. Io invece, anche qui – come su Instagram e su Facebook, ho puntato a umanizzare queste tematiche raccontando reali difficoltà che ciascuna di noi quotidianamente affronta. Continuerò ad impegnarmi per un vero cambiamento – perché le mamme ricordino che è lecito realizzarsi fuori da casa, per più consapevolezza e fiducia, perché la diversità sia valorizzata in tutte le sue forme, e perché ci siano dati più strumenti. Non possiamo cambiare tutto in un giorno ma possiamo non restare indifferenti.  E adesso sto lavorando alla fase 2 del progetto, che annuncerò tra qualche settimana: stay tuned sul mio canale Instagram!

Non siamo abituate ad esporci, abbiamo spesso paura – ma sono invece quelle sensazioni che accorciano le distanze, e una volta che siamo pronte ad accoglierle possiamo imparare di più e prendere coraggio.


Un messaggio per le lettrici e i lettori di Focus on Africa?

La diversità è di tutti, ed è bellissima!

Siamo noi stessi a doverci guardare in primis con occhi diversi: ognuno di noi è meraviglioso, se siamo al mondo è perché il mondo sarebbe imperfetto senza di noi, senza la nostra unicità. Facciamo rete, diamoci forza ma soprattutto stimoliamoci, mettiamoci in ambienti e contesti che ci valorizzino e che ci diano voglia di fare di più, di essere la migliore versione di noi, di contribuire. Di essere completamente noi stesse, indipendenti e libere. Come hanno detto Michelle Obama e Beyoncé in questi giorni, questa è un’era di Rinascimento: ho una fiducia pazzesca nel futuro e sono sicura che insieme possiamo realizzarci, costruire un mondo più equo, sereno e umano per i nostri figli.

Janghi Onlus: https://janghi.org/

Profilo Instagram 

Torna su