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Algeria: almeno 34 morti per i devastanti incendi; in allerta anche la Tunisia

Almeno 34 persone, tra cui dieci soldati, sono morte nei violenti incendi che stanno devastando il nord-est dell’Algeria. In particolare, durante la notte tra domenica e lunedì sono stati censiti 97 incendi in 16 prefetture (wilaya), soprattutto Béjaïa, Bouira e Jijel. Come ha spiegato il ministero dell’Interno in un comunicato stampa, i venti molto forti hanno spinto e alimentato le fiamme, che hanno raggiunto le zone residenziali, dove sono state evacuate 1.500 persone.

Il ministero della Difesa ha aggiunto che i soldati si sono trovati circondati dalle fiamme mentre venivano evacuati da Beni Ksila, nella prefettura di Béjaïa, accompagnati dai residenti delle frazioni vicine.

Nella sera di lunedì, 24 luglio, erano impegnati nelle operazioni di spegnimento dei roghi in 11 wilaya circa 8.000 agenti della protezione civile e 525 camion; inoltre sono stati impiegati anche aerei ed elicotteri antincendio noleggiati per l’occasione, nonché un bombardiere ad alta capacità BE 200.

Il governo ha invitato i cittadini a “evitare le zone colpite e utilizzare i numeri verdi messi a disposizione per effettuare eventuali segnalazioni” di incendi.

Il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune ha inviato le sue condoglianze alle famiglie, riferendosi sia a “vittime civili”, sia a quelle “militari”.

Intanto, l’allerta si è estesa anche in Tunisia, dove le temperature sono prossime ai 50 gradi. Nella zona di confine di Tabarka, nel nord-ovest, lunedì sono ripresi gravi incendi nei pressi di un’area già devastata dalle fiamme la settimana scorsa, dove i danni sono già ingenti nei pressi di Nefza, 150 km a ovest di Tunisi. Secondo Houcem Eddine Jebabli, portavoce della Guardia nazionale tunisina, “circa 300 abitanti del villaggio di Melloula sono stati evacuati via mare” per precauzione contro le forti raffiche di vento che alimentano gli incendi, ma molti si stanno allontanando anche via terra Moez Triaa, portavoce della Protezione civile, ha specificato che le persone “sono state trasferite nei centri di accoglienza di Tabarka o alloggiate presso parenti“.

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