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Uganda: Stella Nyanzi, la professoressa coraggiosa e ribelle che difende i diritti

La dottoressa Stella Nyanzi è nata a Masaka, in Uganda, nel 1974. Dopo aver frequentato la scuola secondaria, s’iscrive alla Makerere University di Kampala, che è l’università più prestigiosa dell’Uganda. Dopo aver conseguito la laurea di primo livello in Comunicazioni di massa e letteratura, s’iscrive all’University College di Londra, dove ottiene la laurea di secondo livello in antropologia medica. Consegue infine il massimo titolo accademico (PhD) in antropologia sociale alla London School of Hygiene and Tropical Medicine.

            Dopo aver concluso gli studi all’estero, Stella ritorna in Uganda e nel 2009 inizia a lavorare all’Università Makerere di Kampala come ricercatrice nella facoltà di giurisprudenza. Nei primi anni d’insegnamento, la Nyanzi non ha grossi problemi, ma nel 2016 il suo ufficio viene chiuso e lei decide di protestare contro il suo direttore, il professor Mahmood, spogliandosi in pubblico.

            Questo tipo di protesta, che in Europa è stato praticato, ad esempio, dalle attiviste di Femen per attirare l’attenzione dei mass-media su gravi violazioni dei diritti umani, ha in Africa e in Uganda un significato particolare. In una società patriarcale e maschilista come quella ugandese, il fatto di presentarsi nudi in pubblico è considerato come una sfida all’autorità maschile, che non viene più riconosciuta. In molte comunità africane, il corpo femminile è rispettato in modo particolare; la nudità femminile è sacra e non può essere esposta in pubblico agli sguardi degli uomini, che spesso ne sono scioccati. In Uganda, una delle peggiori maledizioni è dire a un uomo: “Che tu possa vedere la nudità di tua madre!”.

            È dunque nel 2016 che Stella Nyanzi inizia ad essere conosciuta non solo a Kampala, ma in tutta l’Uganda. Nonostante il suo ufficio sia stato chiuso, continua ad essere una dipendente dell’Università; inoltre, intensifica le sue attività in favore della comunità LGBT, che in Uganda è da sempre perseguitata, tanto che l’omosessualità è un reato punito con il carcere. Alcuni anni fa, addirittura, il Parlamento ha discusso un disegno di legge che voleva introdurre la pena di morte. Grazie all’intervento del presidente Obama e di altre personalità, il Parlamento non ha approvato questo infausto progetto di legge.

            Nel marzo 2017, Stella critica duramente il presidente Museveni, che si è rimangiato un’importante promessa, quella di fornire gratuitamente gli assorbenti a tutte le studentesse ugandesi. Molte ragazze, non avendo i soldi per comprare gli assorbenti, ogni mese si assentano dalle lezioni durante i giorni del ciclo. La Nyanzi ha un modo molto particolare di criticare le autorità: usa delle parole che sono tabù nella società ugandese, dove ad esempio non è lecito nominare gli organi dell’apparato genitale. Usa anche l’insulto verso i potenti, in modo da renderli ridicoli. Stella pubblica nel suo profilo Facebook un duro “j’accuse” contro Museveni e contro sua moglie Janet, con l’hashtag #Pads4GirlsUg.

La Nyanzi viene quindi convocata dalla polizia, che le vieta di viaggiare fino alla conclusione delle indagini; nonostante il divieto, lei inizia a parlare in moltissime scuole, non solo nella capitale, ma anche in altre città e villaggi, al fine di spiegare alle studentesse quali sono i loro diritti e di distribuire loro gli assorbenti igienici, che ha comprato grazie a una raccolta fondi. Il 7 aprile il Rotary Club di Kampala la invita a parlare, ma in quell’occasione la polizia l’arresta, con l’accusa di aver offeso il presidente. Subito dopo l’arresto, viene sospesa da tutti gli incarichi all’Università. La dottoressa Nyanzi fa ricorso in Tribunale, che le dà ragione, intimando all’Ateneo di assumerla di nuovo e di pagarle tutti gli arretrati. Makere University rifiuta di obbedire alle decisioni della Corte e Stella è costretta a presentare una nuova denuncia in tribunale.

Il 10 maggio 2017, dopo un mese di carcere preventivo, Stella Nyanzi è rilasciata su cauzione (10 milioni di scellini).  Nel corso del 2018, molte donne vengono rapite o uccise e Stella organizza delle marce di protesta contro il governo, alla quale partecipano anche alcuni ambasciatori. Il 2 novembre viene di nuovo arrestata e incarcerata e a dicembre l’Università la licenzia insieme ad altri 45 professori, con la scusa che il suo contratto è scaduto. Nei lunghi mesi in carcere, la dottoressa Nyanzi scrive un libro di poesie, che viene pubblicato nel 2020 con il titolo “No roses from my Mouth: poems from prison”.

 Nel gennaio 2019, dopo un aborto spontaneo in prigione, chiede d’essere rimessa in libertà per motivi di salute, ma le autorità respingono la sua richiesta. Grazie al lavoro del suo avvocato, Isaac Kimaze, e anche grazie all’intervento di Amnesty International e di altre organizzazioni, il 20 febbraio 2020 Stella Nyanzi viene infine liberata.

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