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Uganda, il presidente Museveni ha promulgato la legge “anti-omosessualità”

Oggi, lunedì 29 maggio, il presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni, ha promulgato la contestata legge omofoba che prevede sanzioni severe per le relazioni omosessuali e per cui “promuove” l’omosessualità nel Paese. Alla notizia dell’emanazione ufficiale del provvedimento è esplosa l’indignazione e la preoccupazione delle organizzazioni per i diritti umani e sanitarie.

“Focus on Africa” ha seguito l’iter legislativo fin dall’inizio, ossia dal 21 marzo scorso, quando Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, riferì dell’appello internazionale al Capo di Stato ugandese perché non firmasse quel testo.

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Successivamente la nostra rivista ha riportato ulteriori appelli da parte delle stesse organizzazioni dei diritti LGBTQ+ ugandesi, profondamente preoccupate e turbate da quello che è, di fatto, uno dei provvedimenti “anti-gay” più severi al mondo, non solo per le pene previste, ma per il clima di sospetti e delazione che promuove:

Uganda, gli attivisti chiedono aiuto per contrastare la legge “anti-gay”

Il testo di legge è stato definito “draconiano e discriminatorio” da Volker Türk, il capo dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), che stamattina si dice “sgomenta” per l’entrata in vigore di un provvedimento “contrario alla Costituzione e ai trattati internazionali” e che apre la strada a “violazioni sistematiche dei diritti delle persone LGBT”.

Similmente, Ashwanee Budoo-Scholtz, il vicedirettore per l’Africa della ong “Human Rights Watch”, ha parlato di una “legge discriminatoria” e di “un passo nella direzione sbagliata”. Dal canto suo, la ong ugandese “Let’s Walk Uganda” ha usato parole drammatiche e angosciate: “Stiamo vivendo i nostri giorni più bui! Siamo messi in un angolo dal nostro governo, pronti per essere uccisi. La nostra esistenza è stata resa illegale e punibile con la morte”.

Dopo una leggera revisione richiesta dal presidente Museveni, i parlamentari avevano precisato il testo di legge, specificando che non è reato essere omosessuali, ma “solo” i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Tuttavia, prevede anche il reato capitale di “omosessualità aggravata” per i recidivi, che dunque possono essere condannati a morte (sebbene nel Paese tale pena non venga applicata da anni). Altre inquietanti peculiarità di quella legge riguardano l’accusa di “promuove consapevolmente l’omosessualità”, che espone al rischio di 20 anni di carcere.

Il rischio concreto, tuttavia, è che nel Paese africano esploda una sorta di “giustizia popolare” e che vengano compiuti degli “arresti di massa”, senza dimenticare l’ostacolo all’educazione sessuale e alla salute o alla presa di consapevolezza, che possono aiutare ad affrontare la piaga dell’AIDS.

Dopo il voto favorevole del 21 marzo da parte del Parlamento ugandese, gli Stati Uniti e l’Unione Europea avevano paventato minacce economiche nei confronti delle autorità ugandesi. E in una risoluzione del 20 aprile, i deputati europei avevano avvisato che “i rapporti tra UE e Uganda saranno minacciati se il Presidente promulgherà il disegno di legge”. È probabile, dunque, che tra le conseguenze ci siano dei tagli agli aiuti internazionali per l’Uganda, che dunque dovrà cercare nuovi “partner per lo sviluppo”, verosimilmente nel mondo arabo.

C’è da aggiungere, infine, che questa legge, per quanto contestata a livello internazionale, in patria gode di un ampio sostegno popolare, infatti le reazioni dell’opposizione (già timide in assoluto perché il Paese è governato con il pugno di ferro dal 1986 proprio da Museveni) sono state alquanto rare. Inoltre, l’omofobia è piuttosto diffusa anche nel resto dell’Africa orientale.

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