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Tunisia: una crisi economica e sociale potenzialmente esplosiva

Domenica 26 marzo la guardia costiera tunisina ha recuperato 29 corpi di migranti provenienti da Paesi dell’Africa subsahariana annegati in tre naufragi al largo della costa tunisina, le ultime tre tragedie di una lunga serie nel Mediterraneo. Al largo della costa della Tunisia centro-orientale, davanti alla città di Mahdia, le autorità locali hanno recuperato 10 corpi e salvato 11 persone di diverse nazionalità africane, dopo una prima segnalazione arrivata da un peschereccio tunisino che si era imbattuto in 19 corpi a 58 chilometri dal litorale.

Dallo scorso 21 febbraio, diverse decine di migranti sono morti in vari naufragi e altri sono dispersi, ossia da quando il presidente Kais Saied ha pronunciato un violento discorso sull’immigrazione irregolare. Ne scrivemmo su “Focus on Africa”, spiegando che Saied aveva affermato che la presenza in Tunisia di “orde” di clandestini provenienti dall’Africa sub-sahariana era fonte di “violenza e crimini” e faceva parte di una “impresa criminale” volta a “cambiare la composizione demografica” del Paese.

Da allora, molte delle 21.000 persone originarie dell’Africa sub-sahariana registrate ufficialmente in Tunisia, la maggior parte delle quali è in situazione irregolare, hanno perso da un giorno all’altro il lavoro, generalmente informale, e l’alloggio, a causa della campagna contro gli immigrati clandestini. Sono aumentate anche le violenze contro chi ha la pelle più scura e sono cresciuti i discorsi xenofobi, le cui testimonianze sono molto preoccupanti.

La maggior parte dei migranti africani arriva in Tunisia per tentare, in un secondo momento, di immigrare illegalmente via mare in Europa, considerando che alcuni tratti di costa tunisina si trovano a meno di 150 chilometri da Lampedusa. L’intercettazione di decine di imbarcazioni con centinaia di migranti al largo della Tunisia è frequente da parte della Guardia nazionale tunisina, per cui il presidente francese Emmanuel Macron e la premier italiana Giorgia Meloni hanno chiesto venerdì di sostenere la Tunisia, che sta affrontando una grave crisi finanziaria, al fine di contenere la “pressione migratoria” verso l’Europa.

Da tempo la Tunisia soffre di crescenti difficoltà economiche e politiche, per cui Roma teme un forte aumento del flusso migratorio verso le proprie coste, favorito anche dal clima mite con l’avvicinarsi dell’estate, che facilita le traversate. Dal canto suo, la Tunisia sta negoziando da molti mesi con il Fondo Monetario Internazionale per un prestito di quasi due miliardi di dollari, ma le discussioni tra le due parti sembrano essersi arenate intorno alla metà di ottobre, quando era stato annunciato un accordo di principio che non ha avuto seguito. Le preoccupazioni sulla situazione in Tunisia vengono anche da Josep Borrell, il capo della diplomazia europea, che ha recentemente avvertito quanto le condizioni del Paese nordafricano siano “molto, molto pericolose”, evocando addirittura un rischio di “crollo” dello Stato, per cui: “Se collassa economicamente o socialmente, allora ci troveremo in una situazione in cui nuovi flussi di migranti arriveranno in Europa”.

Queste parole sono state rigettate dalla Tunisia, che ha risposto dicendo che si tratta di un’analisi “sproporzionata”.

Come ha spiegato l’analista Arianna Poletti, il rischio del collasso finanziario della Tunisia non è nuovo: già nel 2021, l’allora premier Hichem Mechichi, poi licenziato da Kais Saied, negoziava con il Fondo Monetario, ma senza successo, sapendo che l’ultima tranche di finanziamenti era stata ricevuta dal Paese nel 2013: “Il programma dell’FMI è stato rinnovato nel 2016, poi sospeso in assenza delle riforme richieste. Da allora, il Paese è stato declassato dalle agenzie di rating internazionali rischiando effettivamente l’insolvenza. Le condizioni di pagamento dei beni importati sono diventate più stringenti, e lo Stato spesso non disponeva della liquidità necessaria per pagare nell’immediato l’acquisto di grano o benzina, per esempio, entrambi beni ancora sovvenzionati”.

In altre parole, la prima conseguenza della crisi finanziaria in Tunisia è la penuria di beni importati, dal momento che l’economia nazionale produce essenzialmente beni per l’export e non per il mercato interno. Sono le conseguenze di politiche economiche portate avanti dagli anni ’80 proprio su impulso delle istituzioni finanziarie internazionali come l’FMI. Oggi la Tunisia si trova ad essere dipendente dalle importazioni e un nuovo prestito da parte dell’FMI è tutt’altro che la soluzione definitiva ai suoi problemi, che anzi si stanno acuendo e trasformando in discorsi di odio verso chi sta peggio.

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