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Sudan:, testimonianza da El Fasher “Continuano ad arrivare feriti, già 44 morti. Spari fuori dall’ospedale”

“Ci sono pesanti combattimenti a El Fasher, nel Darfur settentrionale, e mentre scrivo continuo a sentire il rumore degli spari”.
Questa la drammatica testimonianza del coordinatore del progetti di Medici Senza Frontiere Cyrus Paye.
“Stiamo assistendo centinaia di persone, nell’ospedale di al Fasher sono arrivati 279 feriti di cui purtroppo 44 sono morti. La situazione è catastrofica, la maggior parte dei feriti sono civili colpiti da proiettili vaganti e molti sono bambini.  Hanno fratture, lesioni da arma da fuoco o schegge nelle gambe, nell’addome o nel petto. Molti hanno bisogno di trasfusioni di sangue. Abbiamo dovuto curare molti pazienti sul pavimento nei corridoi, perché non ci sono abbastanza letti per un così alto numero di feriti” racconta il coordinatore di Msf.

Fino allo scorso fine settimana, il South Hospital non aveva sufficiente capacità chirurgica perché era un ospedale materno-infantile che la omg ha iniziato a supportare lo scorso anno per ridurre l’alto tasso di mortalità materna nella regione. “Quando sono iniziati i combattimenti, abbiamo dovuto riconvertire l’ospedale per poter curare i feriti.  Tutti gli altri ospedali della città hanno dovuto chiudere perché troppo vicini ai combattimenti o per l’impossibilità del personale di raggiungerli a causa dell’intensità del conflitto. I chirurghi di queste strutture mediche ora sono al South Hospital e hanno eseguito una serie di interventi chirurgici, ma le scorte di materiale medico si stanno rapidamente esaurendo” aggiunge Cyrus Paye.

Martedì, durante una tregua dei combattimenti, siamo riusciti a rifornire l’ospedale, ma se non riusciamo ad assicurare adeguate scorte mediche in Darfur – e se continuiamo a ricevere un numero così elevato di feriti – potremo contare solo su forniture mediche per altre tre settimane.

Attualmente, in Sudan, gli spostamenti sono totalmente bloccati. Da quando sono iniziati i combattimenti, tutti gli aeroporti del paese sono stati chiusi e ci sono scontri nelle strade, di conseguenza non possiamo portare più rifornimenti nel Darfur del Nord o in altre zone del paese. Il Ciad ha chiuso i suoi confini, quindi, se la situazione non cambia e se non viene favorito l’accesso umanitario, la perdita di vite umane sarà ancora più alta.

Allo stato attuale, le due sale operatorie che abbiamo allestito non sono in grado di far fronte all’afflusso ininterrotto di pazienti con traumi e per urgenze ostetriche e ginecologiche. Nel reparto maternità, attualmente ci sono due donne per ogni letto. Prima un ospedale adiacente effettuava tutti i parti cesarei d’emergenza – di solito circa tre-cinque al giorno – e più di 30 parti normali al giorno. Ora, tutti questi parti avvengono al South Hospital, mentre i chirurghi traumatologi sono in sala operatoria. 

La scorsa notte l’Ospedale Pediatrico dove trasferivamo i neonati è stato completamente saccheggiato e ora non abbiamo un posto dove ricoverare i neonati con sepsi o i prematuri. Non ci sono incubatrici nel South Hospital e sarà difficile far sopravvivere questi bambini. L’équipe lavora senza sosta 24 ore su 24. Stiamo valutando di portare nel paese forniture e chirurghi traumatologi esperti per fornire supporto quando la situazione lo permetterà, ma – come nel caso delle forniture mediche – al momento è impossibile.

È fondamentale per noi poter avere accesso a tutte le strutture sanitarie del paese, perché questo può fare la differenza e permetterci di salvare la vita delle persone. Le strutture sanitarie stanno esaurendo le scorte e il personale non riesce a lavorare. Gli operatori sanitari, gli operatori umanitari e i soccorritori sono tutti bloccati dai combattimenti e di conseguenza la gente continua a morire. L’accesso ai pazienti e il rispetto dei civili da parte degli attori coinvolti nel conflitto potranno cambiare la situazione.

 

 

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