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Militari kenyoti dell'Amisom. Photo credit: https://allafrica.com/stories/African%20Arguments

Somalia, tornano le truppe Usa. “Presenza permanente” contro al-Shabab

Somalia. Gli Usa schierano di nuovo le proprie truppe. Un contingente di 500 soldati verrà redistribuito nel paese come “piccola e persistente presenza militare statunitense”.
Secondo l’US Africa Command (Africom) con l’obiettivo di combattere al-Shabaab. Gli Stati Uniti puntano ad una base strategica nel Somaliland.

Un chiaro sostegno al Presidente neoeletto Hassan Sheikh Mohamud, e un chiaro marcia indietro rispetto la decisione di ritirare le truppe nel dicembre 2020 da parte del Presidente Trump.

Il Presidente della Somalia, Hassan Sheikh Mohamud
Il Presidente della Somalia, Hassan Sheikh Mohamud

Una decisione che gli Usa avevano mal digerito e subito come una vere e proprio fallimento.

Nella governance, avevano pesato allora anni di rapporti tesi con l’allora presidente Abdullahi Mohamed “Farmajo”. In termini strategici nella lotta contro i gruppi estremisti islamisti di al-Shabab e del ramo somalo dello Stato islamico (IS).

Secondo l’Africa Center for Strategic Studies, il numero di attacchi di al-Shabab è passato da 1.771 a 2.072 nell’anno successivo al ritiro degli Stati Uniti, con un aumento del 17%.
Un aumento che aveva costretto le truppe statunitensi nel vicino Djibouti ad entrare ed uscire dalla Somalia per colmare il vuoto di sicurezza creato dalla decisione dell’ex Presidente Usa Donald Trump.
Militanti di al-Shabaab. Photo Credit: AFP
Militanti di al-Shabaab. Photo Credit: AFP

Gli scontri con le forze di sicurezza sono aumentati del 32%: il mese scorso 450 combattenti di al-Shabab hanno attaccato una base dell’Unione africana nella Somalia meridionale, uccidendo almeno 40 soldati burundesi.

Oltre ad addestrare, consigliare ed equipaggiare quelle che Africom descrive come “forze partner”, l’esercito americano avrà l’autorità permanente per cercare ed eliminare una dozzina di leader di al-Shabab.

Una precedente campagna di attacchi aerei statunitensi aveva interrotto le attività del gruppo, impedendo ai militanti di alto livello di spostarsi e rendendo più difficile alla fanteria di al-Shabab di effettuare attacchi su larga scala.

“Tagliare la testa al serpente produrrà solo più serpenti”?

Un annuncio quello degli Usa che ha però creato anche malumori ed alimentato lo scetticismo nei confronti della politica di eliminazione mirata dei capi di al-Shabab.

In alcuni casi i commando antiterrorismo armati ed addestrati dagli Usa si sono divisi, finendo gli uni contro gli altri.

Nel dicembre 2021, una forza antiterrorismo addestrata dagli americani nella regione semiautonoma del Puntland si divise, a causa di contrasti interni.

Le due parti iniziarono a combattere l’una contro l’altra, usando le armi fornite dagli Stati Uniti. Uno scontro che lasciò sul campo più di 20 persone, compresi alcuni bambini.

La frammentazione delle forze di sicurezza somale, spesso legate a clan o fazioni politiche è un grande problema.
Addestrate dagli Usa, dai turchi nella loro base di Mogadiscio, hanno ricevuto armi e supporto da diversi paesi, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Regno Unito, Unione Europea, Eritrea, Uganda, Kenya, Gibuti.
Militari kenyoti dell'Amisom. Photo credit: https://allafrica.com/stories/African%20Arguments
Militari kenyoti dell’Amisom. Photo credit: https://allafrica.com/stories/African%20Arguments

Una frammentazione ben visibile se si viaggia per Mogadiscio, dove una delle cose sorprendenti è il numero sconcertante di uniformi diverse.

Potrebbe apparire come un particolare di poco conto, ma di fatto è un grande problema.

Le truppe addestrate da un determinato paese infatti, possono essere oggi fedeli al governo e difendere gli interessi nazionali e domani allineate agli interessi di un determinato gruppo politico.

Questo, capirete, porta ad una mancanza di coordinamento fisiologica all’interno dell’intero apparato di sicurezza.

Il Somaliland e il porto di Berbera.

In realtà gli Usa starebbero pensando ad una presenza anche nel Somaliland, la regione autoproclamatasi Repubblica del Somaliland, staccatasi dalla Somalia 31 anni fa, ma mai riconosciuta a livello internazionale.

“A marzo, siamo stati invitati negli Stati Uniti a quello che si è rivelato un viaggio molto produttivo” ha affermato il Ministro degli Esteri del Somaliland Essa Kayd.

Un viaggio ricambiato due mesi dopo dagli Usa, con la visita del comandante dell’Africom, il Generale Stephen Townsend.

Il porto di Berbera nel Sonmaliland, la regione autoproclamatasi Repubblica 31 anni fa, staccandosi dalla Somalia. Il porto è di forte interesse per l'Africom
Il porto di Berbera nel Sonmaliland, la regione autoproclamatasi Repubblica 31 anni fa, staccandosi dalla Somalia. Il porto è di forte interesse per l’Africom

Una tappa importante della visita fu il porto di Berbera, sul quale gli Stati Uniti hanno iniziato da tempo ad avere mire strategiche sempre più palesi.

Gli Usa hanno la loro base strategica in Djibouti, dalla quale controllano a livello strategico l’intero Corno d’Africa.

Ma non sono i soli: a Djibouti la concentrazione di basi militari straniere è divenuta troppo alta (Cina, Francia, Giappone, Arabia Saudita ed Italia), cosa che starebbe portando gli Usa a incrementare l’interesse per il Somaliland, con i suoi 800 km di coste, lungo una delle rotte marittime più importanti del mondo.

Una posizione strategica fondamentale, al centro di una delle zone più instabili del mondo, dalla quale tenere d’occhio lo Yemen, il Sudan, l’Etiopia e la Somalia stessa.
Un’instabilità incrementatasi a causa dei conflitti interni in Etiopia, paese con il quale gli Usa hanno avuto fino ad oggi una partnership strategico militare piuttosto consistente.

Un passaggio, quello col Somaliland, che però pretenderà grande cautela da parte degli Stati Uniti, se non vorranno far arrabbiare Mogadiscio, che vede ancora oggi il Somaliland come parte integrante dell’unità territoriale somala.

Nel frattempo, l’annuncio fatto il giorno dopo l’elezione del nuovo presidente Hassan Sheikh Mohamud diviene realtà.
Un chiaro segnale da parte dell’amministrazione Biden che l’interesse verso l’area non è mai cessato e che mai come oggi, anche alla luce della guerra in Ucraina, diviene centrale per il prossimo futuro.

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