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Somalia, eletto Hassan Sheikh Mohamud già presidente dal 2012 al 2017

Hassan Sheikh Mohamud, già alla guida della Somalia dal 2012 al 2017, è il nuovo presidente dellaSomalia. E’ stato scelto ieri dal Parlamento dopo tre turni di votazioni, all’ultimo dei quali con 214 voti si è imposto sul presidente uscente Mohamed Abdullahi Mohamed ‘Farmajo’, che ha ottenuto 110 preferenze. Il suo mandato era scaduto già dallo scorso anno. Era al potere dal 2017. Prima dell’ultima votazione, Sheikh Mohamud – il primo presidente a essere rieletto – aveva diffuso su Facebook un messaggio in cui chiedeva l’appoggio dei parlamentari per “completare insieme il processo di costruzione della Nazione”, sottolineando come lil paese abbia bisogno di un “governo inclusivo” dopo questo voto che si è tenuto con più di un anno di ritardo a causa delle difficoltà per l’organizzazione delle parlamentari (che si sono tenute lo scorso aprile), delle tensioni politiche e del quadro della sicurezza in un Paese segnato dagli attacchi degli Al Shabaab. E dopo l’elezione ha promesso, sempre su Facebook, di lavorare per “una politica stabile”. ‘Farmajo’ si è congratulato con lui e ha chiesto “ai cittadini di sostenerlo”. Sono arrivate anche le congratulazioni del premier Mohamed Husein Roble, anche al Parlamento, alla commissione elettorale, ai partner internazionali e alle forze di sicurezza per la “conclusione ordinata e di successo delle elezioni”. La richiesta ai somali è di “sostenere il presidente e aiutarlo a superare le sfide e a raggiungere i suoi obiettivi”.
Ma conosciamolo meglio il “nuovo” presidente somalo.
Nato nella provincia centrale di Hiran nel 1955, Mohamud e’ cresciuto in un quartiere borghese di Mogadiscio e si e’ laureato in ingegneria tecnica all’Universita’ nazionale somala nel 1981, dove divenne insegnante prima di conseguire un diploma post-laurea presso l’Universita’ di Bhopal, in India. Al suo ritorno in Somalia entro’ a far parte del ministero dell’Istruzione per supervisionare un programma di formazione degli insegnanti finanziato dalle Nazioni Unite. Quando il governo centrale collasso’ allo scoppio della guerra civile, nel 1991, Mohamud entro’ a far parte del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef) ​​come funzionario dell’istruzione, viaggiando per la Somalia meridionale e centrale, consentendogli di toccare con mano l’entita’ del crollo nel settore dell’istruzione e tre anni dopo fondo’ una delle prime scuole primarie a Mogadiscio dallo scoppio della guerra. Durante gli anni ’90 Mohamud fu molto attivo nei gruppi della societa’ civile e, in particolare, si distinse per il suo ruolo esercitato nella risoluzione delle controversie tra clan. Il suo primo vero successo in questo senso fu la sua partecipazione ai negoziati nel 1997, che hanno supervisionato la rimozione della famigerata “Linea verde” che divideva Mogadiscio in due sezioni controllate dai signori della guerra dei clan rivali.
Nel 2001 Mohamud entro’ a far parte del Centro per la ricerca e il dialogo (Crd) – societa’ indipendente senza scopo di lucro volta a promuovere la ricostruzione sociale, economica e politica della Somalia, spesso criticata in quanto considerata strettamente affiliata all’Occidente – come ricercatore nella ricostruzione postbellica e in seguito ha lavorato come consulente di vari organismi delle Nazioni Unite e del governo di transizione prima di compiere il salto in politica. Nel 2011 Mohamud fondo’ infatti il partito di cui e’ tuttora il leader, l’Unione per la pace e lo sviluppo (Pdp), che ha stretti legami con al Islah – il ramo somalo dei Fratelli musulmani – e che e’ stato fondamentale per ricostruire il sistema educativo in Somalia sulla scia dei conflitti tra clan, contribuendo ad istruire molte scuole con programmi di studio musulmani simili a quelli gia’ portati avanti in Sudan e in Egitto. Descritto dai piu’ come un islamista moderato in un Paese quasi interamente musulmano, Mohamud si e’ sempre opposto fermamente al gruppo jihadista al Shabab, affiliato ad al Qaeda, sebbene in passato sia stato considerato vicino all’Unione delle corti islamiche (Uic), un gruppo di tribunali islamici locali inizialmente istituito da uomini d’affari per stabilire una qualche forma dell’ordine nello Stato senza legge dopo anni di guerra civile, e che furono in contrapposizione con il Governo federale di transizione somalo. Le Uic portarono comunque una relativa pace nel Paese nel 2006, prima che l’Etiopia lo invadesse e rovesciasse il governo guidato dalle corti islamiche nel timore della crescente influenza esercitata da al Shabaab sui tribunali islamici.
La campagna elettorale di Mohamud e’ stata incentrata sui ripetuti appelli all’unita’, dopo le enormi divisioni e tensioni tra clan e Stati che hanno caratterizzato il travagliato processo elettorale rischiando a piu’ riprese di farlo deragliare, concetto che non ha mancato di ribadire subito dopo aver prestato giuramento questa mattina. “Vi prometto che lavoreremo a stretto contatto con gli Stati regionali e i nostri partner internazionali”, ha affermato il neo eletto presidente, che al terzo turno ha ottenuto 214 voti contro i 110 di Farmajo. Mohamud ha trascorso la maggior parte degli ultimi due anni a Mogadiscio, conducendo – insieme ad altri esponenti di primo piano della politica somala contrari al tentativo di Farmajo di prolungare il suo mandato di due anni – una campagna serrata contro il presidente uscente affinche’ le elezioni si svolgessero nei tempi previsti, salvo poi slittare di oltre un anno a causa di ritardi e divisioni che hanno a lungo ostacolato il processo elettorale. Nel febbraio 2021, in concomitanza con la scadenza naturale del mandato di Farmajo, Mohamud e’ stato anche preso di mira dopo che le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nell’hotel in cui alloggiava a Mogadiscio per fermare le proteste che i candidati dell’opposizione riuniti nel Consiglio dei candidati alla presidenza (Cpc) stavano pianificando nella capitale contro il prolungamento del mandato dell’ex presidente sconfitto.
Mohamud e’ uno dei pochissimi leader somali rimasti nel Paese durante i 30 anni di guerra civile. Dal suo rivale Farmajo eredita un Paese afflitto da molteplici problemi, su tutte la cronica insicurezza legata ai ripetuti attacchi del gruppo jihadista al Shabaab, l’ultimo avvenuto a soli quattro giorni dalle elezioni nei pressi dell’aeroporto internazionale “Aden Adde” di Mogadiscio, dove si sono svolte ieri le operazioni di voto: nell’attacco sono morte almeno quattro persone, incluso l’attentatore, mentre diverse altre sono rimaste ferite. Ma la sfida della sicurezza non e’ l’unica che Mohamud si trovera’ a fronteggiare nei prossimi quattro anni: da mesi la Somalia e’ infatti afflitta da una devastante siccita’ che rischia di trasformarsi in carestia se non affrontata in tempo e che, secondo le stime delle agenzie delle Nazioni Unite, spinge al momento oltre 3,5 milioni di persone ad aver bisogno di aiuti alimentari urgenti. Oltre a cio’, ci sono poi le sfide economiche: anche la Somalia, come gran parte dei Paesi africani, si trova infatti a fronteggiare con un’aumento del costo della vita e con un’inflazione dilagante innescata dalla guerra in Ucraina.
A livello politico, poi, ci sono le crescenti spaccature interne tra il governo federale e gli Stati regionali che, specie negli ultimi due anni, sono state al centro di una gravissima crisi politica che hanno messo a serio rischio i progressi compiuti dalle istituzioni somale e l’intero processo elettorale. Quanto alla politica regionale, inoltre, gli analisti concordano sul fatto che Mohamud sara’ chiamato a ricucire le relazioni con Paesi come il Kenya e gli Emirati Arabi Uniti, che da anni si sono deteriorate: con Nairobi, in particolare, la causa scatenante e’ l’annosa disputa sui confini marittimi tra i due Paesi che riguarda in particolare controllo di un’area marittima di circa 160 mila chilometri quadrati nell’Oceano Indiano rivendicata da entrambi e particolarmente ricca di petrolio e gas. Nell’ottobre scorso la Corte internazionale di giustizia (Cig) de L’Aia ha stabilito in proposito che non esiste, ad oggi, una frontiera marittima realmente definita che consenta di attribuire con chiarezza le rispettive aree di competenza ed e’ quindi necessario identificarla, e ha di conseguenza tracciato la nuova linea di confine marittimo fra i due Paesi con un calcolo che estende lungo la frontiera terrestre il territorio marittimo delle due parti: una decisione che, di fatto, da’ ragione alla Somalia, che rivendica da tempo un’estensione a sud-est della propria area di competenza, respingendo tuttavia la sua richiesta di ottenere un risarcimento da Nairobi per il danno subito.

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