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Sahel, un calderone continuo e la longa manus di Mosca potrebbe arrivare ovunque

Dopo il fallito colpo di stato in Guinea Bissau, con il Presidente Umaro Sissoco Embalò che è riuscito faticosamente a mantenere il potere, viene naturale chiedersi quale Paese dell’Africa Occidentale sarà il prossimo a cadere in questa spirale di violenza ed incertezza politica. Con il Mali che in meno di anno ha visto ben due golpe, la Guinea- Conakry e infine il Burkina Faso tutti oggi in mano ai militari il Sahel sembra diventato ancora più instabile. Il secondo colpo di stato in Mali ha in realtà cambiato poco perché se è vero che nel nuovo governo il Presidente è il colonnello Assimi Goita, era già lui l’uomo forte anche del precedente gabinetto di Bamako. In Mali, il colonnello  Goïta ha pubblicamente evidenziato il decadimento del regime in atto per giustificare il rovesciamento del presidente Ibrahim Boubacar Keïta al potere da sette anni dopo una vita passata all’opposizione. Nella ex Guinea francese , il colonnello Mamadi Doumbouya ha estromesso Alpha Condé meno di un anno dopo che quest’ultimo era stato rieletto per un terzo mandato molto contestato e poco riconosciuto anche a livello internazionale, mentre a Ouagadougou, il tenente colonnello Paul-Henri Damiba ha potuto fare affidamento sulla “evidente incapacità del potere del Presidente Roch Marc Christian Kaboré” nella lotta contro i gruppi jihadisti per spiegare il suo colpo di stato ai suoi concittadini che hanno accolto la sua presa di potere con festanti manifestazioni di piazza. Il Burkina Faso e la sua giunta militare sono stati sospesi dalle autorità della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS), ma una missione ministeriale di questi paesi giunta a Ouagadougou è stata felice che il colonnello Damiba fosse “aperto” al dialogo. Le due organizzazioni dell’ECOWAS e dell’Unione Africana (UA) hanno chiesto alla giunta un calendario “ragionevole” per il “ritorno all’ordine costituzionale” e il rilascio del presidente  Kaboré, dimostrandosi propense a non condannare le prese di potere con la forza. Tre Paesi chiave per l’Africa Occidentale che oggi sono guidati da elite militari giovani e che hanno stretti contatti fra loro avendo condiviso operazioni militari congiunte, ma soprattutto vedono la Russia come il nuovo grande partner, pensionando il vetusto potere coloniale francese. In Guinea le imprese russe hanno già messo le mani sulle fiorenti miniere di bauxite, minerale utilizzato per la produzione di alluminio, mentre in Mali l’obiettivo sono le riserve di uranio nel nord del Paese. In Mali così come in Burkina Faso la Russia utilizza il suo braccio ufficioso del Wagner Group, mercenari provenienti dalle forze speciali o dal servizio segreto militare, per il controllo del territorio e per il sostegno ai governi locali, sulla falsariga di quello che è successo nella Repubblica Centrafricana. Tutto ciò mentre la Francia sta smobilitando la grande operazione militare Barkhane che in quasi 10 anni non è riuscita ad estirpare il jihadismo nel nord del Mali e che adesso Bamako vuole cacciare come ha già fatto con l’ambasciatore francese. La Francia sta vedendo sgretolarsi la sua presa in quella che una volta era la Francafrique e che sta perdendo pezzi chiave nel domino continentale. Il ritiro francese mette in difficoltà le forze dell’ONU della MINUSMA che spesso hanno agito insieme ai regolari di Parigi e soprattutto pone sotto pressione la missione Takuba, della quale fa parte anche un contingente di quasi 300 soldati italiani. La Missione di stabilizzazione integrata multidimensionale delle Nazioni Unite in Mali (Minusma), creata nel 2013, è una delle missioni di pace più importanti e più care dell’ONU nel mondo composta da quasi 15.000 soldati e poliziotti con un budget annuale di oltre 1 miliardo di euro. La Francia sta cercando di rafforzare la sua presa sugli alleati storici della regione soprattutto Ciad e Niger, ma anche la Costa d’Avorio. In tutti questi Paesi Parigi mantiene almeno una base aerea e governi compiacenti, ma il Sahel è un calderone continuo e la longa manus di Mosca potrebbe arrivare ovunque.
A pagare il costo maggiore delle sempre più cruenti azioni militari sono i civili.
Solo nell’ultimo mese almeno 500 persone sono state giustiziate sommariamente dalle truppe maliane a Moura.
Le autorità maliane hanno annunciato un’indagine poco dopo l’attacco, durato quattro giorni, ma continuano a negare illeciti da parte delle loro forze armate.
Alcuni testimoni hanno però confermato che nei giorni delle uccisioni, un elicottero militare ha sorvolato Moura, aprendo il fuoco sulle persone, mentre altri quattro velivoli sono atterrati per far scendere le truppe sul terreno. I soldati hanno radunato le persone nel centro del villaggio, sparando a caso a coloro che cercavano di fuggire.
Un massacro su cui per ora non sembra sia possibile fare chiarezza.

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