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Anche i tigrini al fianco della comunità ucraina ad Udine – FVG

Anche i tigrini al fianco della comunità ucraina ad Udine – FVG

In questi ultimi giorni, in queste ultime ore l’Ucraina è sotto i riflettori del mondo, invasa dalla Russia.

La situazione sul campo è allarmante per tutti i civili che stanno subendo, cercando di non soccombere, cercando di sopravvivere.

Bisogna stare attenti anche alla disinformazione, a comunicati di pura propaganda che non fanno altro che alimentare la guerra, l’odio e la violenza.

Lo ha consigliato e confutato in un suo recente video Matteo Flora, professore in Corporate Reputation & Business Storytelling, in CyberSecurity ed in Data Driven Strategies:

“Siamo in un momento senza precedenti in cui nessuno dei due grandi schieramenti, ne gli Stati Uniti da un lato, gli alletati [all’ Ucraina], ne dall’altro la Russia riescono ad avere il dominio dello spazio informativo, ma da ambedue le parti la disinformazione regna sovrana.

Dobbiamo adattarci all’idea che quasi tutte le news subitanee che vedremo saranno false, quasi tutte. Che dobbiamo aspettare. Aspettare che cosa? Il sedimentare delle notizie.”

Ed aggiunge:

“Quello che consiglio io di fare… non prendere mai parte a questo tipo di disinformazione.

Cosa significa? Significa ad esempio fermarsi e non rilanciare a pelle le notizie che ci arrivano, per quanto possano sembrare devastanti, per quanto possano sembrare interessanti.

Non contribuiamo alla pandemia informativa, alla infodemia. Non contribuiamo attivamente a quello che è la disinformazione, che già davvero regna sovrana.”

Un consiglio, una sottolineatura che può essere presa come marginale, ma che a ben vedere, proprio per l’epoca del “tutti connessi” in cui viviamo, è anch’essa un’arma micidiale che si ripercuote sulla quotidianità, in questo caso sulla vita delle persone in Ucraina, già martoriate dall’invasione russa, dai bombardamenti.

Quindi lasciamo il lavoro informativo dalla prima linea a chi davvero la sa fare.

La guerra è l’ultima delle soluzioni. La guerra non andrebbe mai iniziata. Prima del solo pensare alla guerra come soluzione delle soluzioni, andrebbero percorse vie di mediazione, di dialogo.

Riportiamo le parole di Desmond Tutu, arcivescovo anglicano e “leader spirituale iconico, un attivista anti-apartheid e un paladino dei diritti umani a livello globale” che riassumono il concetto in maniera cristallina:

“Se vuoi la pace, non parlare con i tuoi amici. Parli con i tuoi nemici.”

Per questo il mondo civile sta chiedendo a gran voce no alla guerra, sta chiedendo pace percorrendo vie di dialogo.

Una delle tantissime piazze riempite dalla comunità ucraina è stata quella di Udine, Friuli Venezia Giulia, in cui si è affiancata anche la comunità della diaspora etiope di origine tigrina: due bandiere, quella giallo azzurra ucraina e quella giallo rossa del Tigray, stato regionale del nord Etiopia.

L’unità per un obiettivo comune rende più forti. Una richiesta di pace unanime, che racchiude anche la richiesta di giustizia.

La comunità ucraina, i civili in Ucraina sono sotto i riflettori di tutto il mondo.

La comunità tigrina, gli etiopi di origine tigrina in Etiopia, hanno subìto un conflitto genocida, dai risvolti di repressione etnica, definita dal Primo Ministro etiope “una veloce azione di polizia” per fermare il TPLF – Tigray People’s Liberation Front, i membri del partito che amministrava il Tigray e che per 27 anni era stato capo coalizione al governo etiope.


Archivio approfondimento Etiopia e Tigray in primo piano su Focus on Africa.


La guerra in Tigray, a differenza del fronte ucraino, si è combattuta per mesi in totale stato di blackout elettrico e delle comunicazioni: uno stato regionale isolato totalmente dal resto del mondo. Ancor oggi le comunicazioni sono labili. Ancora oggi i media indipendenti, internazionali hanno difficoltà ad accedere all’area: bloccati da una parte dall’ insicurezza del territorio, dall’altra per volontà politiche di governance. Ci sono state diverse decine di umanitari uccisi. In 16 mesi dall’inizio della guerra, i civili tigrini hanno subìto centinaia di attacchi aerei, anche per mezzo droni, da parte della difesa etiope auto legittimata dal perseguimento della sicurezza nazionale, ma che ha prodotto stime di migliaia e migliaia di morti di ogni età sesso e ceto sociale.

La guerra è sfociata anche nelle vicine regioni Ahmara ed Afar e fronti di guerra sono ancora in atto, producendo milioni di rifugiati interni nel nord Etiopia. La catastrofe umanitaria in Tigray è in atto in quanto l’accesso umanitario è ancora quasi totalmente bloccato, ed ormai confutato da report di agenzie come Amnesty Int. o HRW – Human Rights Watch.

Per questo la diaspora tigrina, come sta cercando di fare da più di un anno, ha voluto cercare di dare voce al loro popolo, ai loro fratelli etiopi martoriati da una guerra non loro.

Per questo gli etiopi di origine tigrina in Friuli, a Udine, grazie al ponte dell’associazione Time For Africa di Umberto Marin, sono scesi in piazza ed hanno voluto essere solidali ed affiancarsi alla comunità ucraina: far fronte comune per chiedere pace e giustizia.

Un messaggio che dovrebbe essere opportunamente vagliato da tutti i fronti di guerra: non può essere mai troppo tardi per percorrere la via del dialogo e della PACE.

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