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Regeni/Zaki, Palazzotto: “Egitto non può comprare silenzio Italia con aiuti”

Non solo nessuna risposta concreta da parte del Governo egiziano sull’omicidio Regeni. Ma anche l’ennesimo slittamento, questa volta al 6 aprile dal 30 marzo, dell’udienza presso la Procura del Cairo, che dovrà decidere sul rinnovo della detenzione cautelare a Patrick George Zaki, studente del master Gemma (Studi di Genere e delle Donne) presso l’Università di Bologna.

Eppure, nonostante il quadro generale di violazione sistematica dei diritti umani da parte del regime di Abdel Fattah al-Sisi, l’Italia continua a fornire fregate militari al Paese nord-africano sulla base di un contratto da inserire, come annota il magazine online “Analisi Difesa”, «nell’ambito di un programma militare egiziano più ampio da sviluppare con Fincantieri e l’industria della Difesa italiana che solo in campo navale potrebbe riguardare altre quattro fregate e una ventina di pattugliatori da produrre anche in cantieri egiziani».

Come se non bastasse, oggi a Pratica di Mare il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha accolto, oltre a personale medico e infermieristico proveniente dall’Ucraina, due voli egiziani con materiale sanitario, su uno dei quali era a bordo la ministra della Salute Hala Zayed.

Il titolare della Farnesina si è lasciato andare a lodi sperticate e, oltre all’invito a porre fine alle polemiche, ha ringraziato «tutti i governi che ci stanno aiutando: non li dimenticheremo, li terremo nel nostro cuore».

Ma c’è chi non ci sta come il deputato di LeU Erasmo Palazzotto.

Onorevole Palazzotto, oggi il ministro Di Maio ha accolto con toni entusiastici a Pratica di Mare due voli provenienti dall’Egitto. Che cosa ne pensa?

Paesi come l’Egitto credono di poter comprare indulgenza da parte dell’Italia con azioni simboliche come queste. Non possiamo permetterlo, neanche davanti alle difficoltà che stiamo affrontando. Il debito che l’Egitto ha nei nostri confronti è molto alto e si paga con una sola moneta: la verità sulla morte di Giulio Regeni e l’immediata liberazione di Patrick Zaki.

Non trova contraddittorio che l’Egitto spedisca a noi materiale sanitario quando è attualmente il terzo Paese in Africa per numero di contagi dopo Sudafrica e Algeria?

Avremmo dovuto ringraziare il Governo egiziano per la disponibilità e declinare l’offerta chiedendogli di avere più cura dei propri cittadini. Un carico di mascherine non cambierà le sorti dell’Italia, ma potrebbe fare la differenza per la vita di migliaia di Egiziani. Forse è il caso di porre fine a questo spettacolo del Human Rights Washing con cui regimi autoritari provano ad accreditarsi con le opinioni pubbliche dei paesi europei e ripulirsi, così, la coscienza.

Lei è presidente della Commissione parlamentared’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. Che cosa sta facendo effettivamente il nostro Governo per ottenere verità al riguardo?

Fino a ora troppo poco. Una pressione diplomatica ordinaria non è più giustificabile, dobbiamo dare un segnale chiaro: i rapporti tra Italia ed Egitto non potranno essere normalizzati fino a quando il Governo egiziano non collaborerà a ricostruire la verità ed ottenere giustizia per la morte di Giulio Regeni.

C’è poi il caso Zaki, la cui udienza è stata rinviata ancora una volta. Ma, a questo punto, non sarebbe opportuno che si ritiri in segno di protesta il nostro ambasciatore?

Non spetta a me discutere di quale sia lo strumento più adeguato per esercitare una pressione diplomatica sufficiente nei confronti dell’Egitto. Nel mio ruolo quello che posso dire è che gli strumenti utilizzati fino ad ora non sono stati efficaci. La vicenda di Patrick Zaki è li a ricordarcelo. È uno studente di un’università italiana, non rappresenta alcuna minaccia per il regime egiziano, la sua detenzione lancia un messaggio chiaro di sfida nei nostri confronti.

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