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Repubblica democratica del Congo: lunedì di sangue nell’Ituri e nel Sud Kivu con violenze ed eccidi

Lunedì 15 novembre, almeno 32 persone sono morte in un nuovo attacco della milizia FPIC (Front Patriotique et Intégrationniste du Congo) nel villaggio di Chabusiku, a circa 20 chilometri a nord di Bunia, nella provincia di Ituri, nella Repubblica Democratica del Congo nord-orientale.

Tra le vittime ci sono numerosi bambini e molti sono deceduti a causa del fuoco appiccato dai ribelli, i quali hanno fermato la loro violenza solo dopo l’intervento dell’esercito nazionale. Secondo fonti locali, nel frattempo nell’area si registra un gran movimento di popolazione che intende sfollare nelle località di Rwampara e Shari, alla periferia di Bunia, capitale della provincia.

In base a quanto ricostruito da Radio Okapi, i combattenti del FPIC si sono introdotti a Chabusiku intorno alle quattro del mattino, sparando diversi colpi di arma da fuoco, usando il machete e dando fuoco a una struttura sanitaria. Le vittime, il cui numero è ancora provvisorio, sarebbero tutte di etnia Hema, le case distrutte ammonterebbero ad almeno 30, oltre che 14 negozi saccheggiati e vari capi di bestiame portati via.

Il gruppo armato aveva agito già la settimana scorsa, quando aveva ucciso tre persone e saccheggiato diverse proprietà nel vicino villaggio di Mazangina.

Sempre in una provincia lungo il confine orientale congolese, nel Sud Kivu, nella notte da domenica a lunedì sei persone sono state uccise e altre otto sono rimaste gravemente ferite in un ulteriore attacco di gruppi ribelli, presumibilmente Twirwaneho, di cui fanno parte principalmente membri della comunità Banyamulenge. L’eccidio è avvenuto nel territorio di Mwenga, non lontano da un campo delle FARDC, le forze armate nazionali regolari.

Come riporta ancora Radio Okapi, la radio della missione Onu in RDC, gli assalitori avrebbero fatto irruzione nelle case, sparando all’impazzata nel cuore della notte, ma anche compiendo violenze a colpi di machete, e si sarebbero ritirati solo all’arrivo dell’esercito congolese, verso le 4 del mattino.

Le abitazioni incendiate sarebbero 15 e i sopravvissuti accusano i soldati congolesi e gli agenti della MONUSCO (Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo) di non essere intervenuti in tempo per respingere i ribelli. Si tratta di un’accusa ricorrente, avanzata anche nello scorso agosto, quando furono uccise almeno 24 persone e 18 villaggi furono dati alle fiamme dagli stessi miliziani nel territorio di Fizi.

Ancora una volta, infine, l’attacco ha avuto un ulteriore aspetto drammatico: lo sfollamento di diverse centinaia di persone e un cospicuo saccheggio di bestiame.

Da tempo, molti criticano anche la decisione del governo di Kinshasa, nel maggio 2021, di dichiarare lo stato d’assedio per le province orientali del Paese (le province del Nord Kivu e dell’Ituri), sostanzialmente demandando l’amministrazione ordinaria locale all’esercito nazionale. Già nell’agosto scorso il bilancio di questa misura era giudicato un fiasco, perché nei suoi primi tre mesi di applicazione si erano contati quasi 500 civili uccisi da gruppi armati, ma dopo ulteriori tre mesi, oggi i risultati in termini di sicurezza sono ancora più fallimentari, per cui risulta alquanto beffarda la decisione di ieri delle istituzioni a dispiegare quattro ulteriori squadre di forze dell’ordine nei territori liberati dalle forze armate della RDC.

 

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