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Togo: intervista a Brigitte Johnson, leader dell’opposizione

Dottoressa Johnson, il Parlamento europeo, in una risoluzione del 2019, ha definito il Togo come l’ultima dittatura dell’Africa occidentale. Lei condivide questo giudizio? È vero che in Togo la magistratura non è autonoma, ma totalmente dipendente dal potere esecutivo? È vero che i leader dell’opposizione sono perseguitati e imprigionati?

La risoluzione 2019/2518 (RSP) del Parlamento europeo a giusto titolo definisce dittatura il regime esiste in Togo. Tengo a ricordare che questa dittatura è stata instaurata nel 1967 dal defunto Gnassingbé Eyadéma, che ha preso il potere dopo due colpi di stato nel 1963 e nel 1967. Egli ha governato il Togo per 38 anni, fino alla sua morte nel 2005. Suo figlio, Gnassingbé Faure, gli è succeduto in un bagno di sangue: più di 500 togolesi sono stati massacrati in seguito ad elezioni truccate, che egli ha organizzato a malincuore, sotto la pressione della comunità internazionale. È stato rieletto nel 2010, nel 2015 e nel 2020, sempre dopo elezioni presidenziali caratterizzate da frodi, da violenze e da urne elettorali riempite di schede pre-votate, seguite da proteste popolari, repressioni, arresti, feriti e morti. Dopo queste elezioni farsa, hanno avuto inizio delle consultazioni, ma le decisioni raggiunte consensualmente in questi incontri politici sono state calpestate dal regime.

Un tal potere, che governa illegittimamente da 55 anni, non può che generare dei parlamentari che, essendo stati eletti in modo illegittimo, obbediscono ciecamente al regime, dimenticano la loro missione di controllo dell’esecutivo e si accontentano di confermare i disegni di legge presentati dal governo. Il colmo dei colmi: nel giugno 2019, dopo che per circa trent’anni alle comunità locali era stato negato il diritto di eleggere i suoi rappresentanti, in seguito alle elezioni comunali il regime incarnato dal clan Gnassingbé si è appropriato di 106 Comuni su 117.

Che dire della giustizia in Togo? La magistratura è sottomessa all’esecutivo: sono proprio i giudici, che presiedono le commissioni elettorali locali indipendenti, a permettere che il diritto sia calpestato, che ci siano imbrogli e frodi elettorali. Sono sempre i giudici che, con accuse false dettate dall’esecutivo, fanno arrestare ed imprigionare i membri dell’opposizione o chiunque il regime voglia neutralizzare. Io stessa sono attualmente sotto controllo giudiziario, dopo essere stata detenuta per tre settimane tra novembre e dicembre 2020, con l’accusa di “associazione a delinquere e attentato alla sicurezza interna dello stato”. Prima d’essere arrestata, ero stata accusata di “complicità nel reato di turbamento dell’ordinamento costituzionale” insieme al dr. Gabriel Agbéyomé Kodjo, candidato della DMK (Dinamica Monsignor Kpodzro), una coalizione di partiti politici e di organizzazioni della società civile, di cui io sono la coordinatrice. In realtà, al signor Agbéyomé Kodjo viene rimproverato di aver contestato i risultati dell’elezione presidenziale del 22 febbraio 2020 e di aver rivendicato la vittoria del popolo togolese, che ha votato per l’alternanza in occasione di queste elezioni. Egli ha subito l’attacco di un contingente di militari, che hanno saccheggiato la sua casa, molestato e ferito tutti quelli che vi si trovavano, prima d’essere condotto allo SCRIC (Servizio centrale di ricerche e d’investigazione penale), dove una procedura giudiziaria è stata iniziata contro di lui. Una volta libero (ma sotto controllo giudiziario), ha ricevuto continue minacce di morte e ha dovuto prendere la via dell’esilio, dove si trova ancora oggi. Lo stesso è accaduto all’arcivescovo emerito di Lomé, un vecchio di 92 anni: Philippe Fanoko Kpodzro, padrino della lotta per l’alternanza in Togo. Per quanto mi riguarda, da allora io vivo nel mio paese in una prigione a cielo aperto. Tutte le domande che ho fatto per uscire dal Togo sono state rifiutate; perfino la richiesta di andare in Mali per una missione professionale è stata rifiutata, col pretesto che avrebbe messo in pericolo la mia sicurezza personale. In effetti, costringendo all’esilio il presidente Agbéyomé Kodjo e attaccando i responsabili della DMK rimasti in Togo, il regime vuole soffocare la contestazione, invece di trovare una soluzione duratura alla crisi socio-politica iniziata nel 1992 e che è ritornata dopo l’ultima disputa elettorale.

Oltre ai responsabili politici della DMK, più di un centinaio di togolesi vittime di arresti arbitrari sono ancora in prigione. Secondo i più recenti dati in mio possesso, che risalgono al febbraio 2021, 78 persone sono state arrestate e detenute arbitrariamente in prigioni sovrappopolate, come quella di Lomé, che conta più di 2.000 detenuti, mentre era stata realizzata in epoca coloniale per 600 carcerati. La maggior parte di questi detenuti è gravemente malata, a causa delle torture subite.

L’ultima violazione dei diritti dei cittadini risale al 4 novembre 2021, quando un togolese della diaspora, residente in Svizzera, è stato rapito in circostanze rocambolesche mentre era di passaggio a Lomé. Dopo essere stato interrogato allo SCRIC per sei giorni, nemmeno il suo avvocato conosce ancora ciò di cui è accusato il signor Jean Paul Oumolou, membro influente della DMK.

Mentre i togolesi da oltre cinquant’anni subiscono questa dittatura, il regime non risparmia alcuno sforzo per sedurre la comunità internazionale e per presentare l’immagine di un paese democratico. Grazie ad una campagna di disinformazione, sapientemente organizzata da agenzie di stampa francesi (tra le quali Havas di Bolloré), il Togo è percepito come uno stato democratico, le cui istituzioni indipendenti regolano la vita pubblica e politica del paese. Nonostante siano illegittimi, i leader del Togo sono percepiti come persone che dirigono un paese in cui i diritti dell’uomo sono rispettati, in cui i dissidenti possono esprimere le loro opinioni senza alcun timore. Dietro questa vernice, si nasconde una dittatura poliziesca: la povertà incommensurabile della popolazione è mantenuta e alimentata da un malgoverno insopportabile e da una corruzione cinica, usata per mantenersi al potere.

Citerò un solo caso per mostrare l’ingiustizia e il malgoverno, che sono causa della povertà in Togo. Un giornalista investigativo denuncia degli episodi di corruzione nell’importazione del petrolio in Togo, che hanno causato in 10 anni la perdita per il tesoro pubblico di 751.000 euro, una somma che avrebbe permesso di costruire 20.000 edifici scolastici da tre classi. Preciso che questi fatti sono stati confermati da una commissione che, dopo la denuncia, è stata creata dal governo. Fino ad oggi, però, solo il giornalista è stato portato in tribunale, proprio dal protagonista dello scandalo, un uomo di 75 anni. Non solo la magistratura ha dato ragione a questo signore, condannando il giornalista a 3.028 euro di multa, ma la sola sanzione inflitta al settantacinquenne, che da vent’anni occupa un posto strategico nell’amministrazione pubblica, è stata il suo licenziamento.

(Traduzione dal francese di Giuseppe Liguori)

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