La madre e la bambina simbolo della tragedia che si consuma nel deserto lungo il confine tra Libia e Tunisia hanno nomi e volti.
Come Focus on Africa lo avevamo preso come un impegno umano, prima ancora che professionale.
Fati Dosso e la piccola Marie fuggivano dalla Costa d’Avorio. Sono morte di stenti e sete prima di poter realizzare il loro sogno di un futuro migliore.
Dare un’identità alle ennesime vittime di politiche anti migranti disumane era un dovere e grazie ai colleghi di Libye Actualité e alla ong Refugees in Lybia è stato possibile dar loro dignità.
Al momento sappiamo che Fati aveva 30 ed era nata nell’ovest della Costa d’Avorio, in un villaggio piccolo villaggio chiamato Man. Alla morte dei suoi genitori si era trasferita in Libia dove aveva vissuto per 5 anni insieme al marito, anche lui trentenne, Meengue Nymbilo Crepin, soprannominato Pato, padre di Marie che aveva solo 6 anni.
Dopo diversi tentativi di attraversare il Mar Mediterraneo dalla Libia si erano diretti in Tunisia dove avevano in programma di crescere la loro figlia.
Pato era insieme alla moglie e alla piccola Marie quando sono stati cacciati dall’accampamento, dove vivevano da un anno e costretti, a fuggire verso il confine tra Tunisia e Libia. Si può solo supporre che non fosse con loro al momento della morte di Fati e Marie perché era andato a cercare dell’acqua prima di perderne le tracce.
Pato è ancora disperso o forse potrebbe essere stato soccorso dalle guardie di frontiera libiche.
Erano persone non “invasori” da fermare.
Come le decine di migliaia di migranti che muoiono nel tentativo di attraversare il confine tra Libia e Tunisia, i 461 km di sabbia e arbusti che si estendono dal Mar Mediterraneo, a nord, fino al triplice confine con l’Algeria a sud.
Un’arida distesa desertica dove i sogni si trasformano in polvere.
Donne, uomini e bambini che cercando un’alternativa a fame, violenze e guerra incontrano un destino ineffabile.
Per la maggioranza di coloro che provano ad arrivare alle coste del Mediterraneo, per imbarcarsi verso l’Europa, le speranze vanno in frantumi prima ancora di compere metà del viaggio.
Per lo più sono africani subsahariani alla ricerca di una vita migliore, inghiottiti in una terra di nessuno, dove i confini si dividono e diventano barriere.
Vengono lasciati in balia di un sole assassino, condannati a morte certa perché per i politicanti le loro vite non contavano nulla.
La morte per questi esseri umani senza alternative, perché altro non sono, arriva con una lenta e dolorosa disidratazione, una fine crudele e tragica.
il loro grido di pietà si perde nel deserto mentre le nazioni occidentali che agognano di raggiungere cercano di tenere a bada con ogni mezzo speranze e sogni.
Oggi non piangiamo solo Dosso e Marie, ma una moltitudine di anime senza volti, un numero senza fine, vittime di un mondo che li ha delusi. Un mondo che ha perso ogni barlume di compassione.