Da quasi un anno il Regno Unito ha cambiato radicalmente la sua strategia di gestione dell’immigrazione irregolare: il 13 aprile 2022 fu annunciato un nuovo piano che prevedeva il trasferimento in Rwanda dei richiedenti asilo, che avrebbero dovuto attendere a 8000 km di distanza dalle coste inglesi, nel cuore dell’Africa, l’esito della loro domanda per essere riconosciuti rifugiati. “Focus on Africa” ne scrisse già il 15 aprile, quando l’allora primo ministro Boris Johnson spiegò che le persone in attesa di asilo nel Regno Unito sarebbero deportate in aereo nel Paese africano e che le operazioni di sorveglianza della Manica sarebbero state affidate alla marina militare. In quegli stessi giorni, la ministra dell’Interno britannica, Priti Patel, si recò in Rwanda per firmare l’accordo con il suo omologo locale.
Da allora, nel Regno Unito sono cambiati due governi, sebbene sempre di stampo conservatore, e il progetto di partenariato con il Rwanda non è decollato: “Focus on Africa” tornò sull’argomento nell’ottobre 2022, quando raccontò la storia di Delina, una 28enne incinta di 37 settimane che rischiava di essere inviata da Londra a Kigali perché senza documenti in regola, ma che per fortuna i medici riuscirono a evitarle questo ulteriore supplizio dopo una vita passata a fuggire dagli orrori di Eritrea, Sudan, Libano e, successivamente, dal campo profughi informale di Calais, nel nord della Francia.
Ora, nella prima metà di questo marzo 2023, il nuovo premier britannico Rishi Sunak e la nuova ministra dell’Interno Suella Braverman, sono tornati più determinati che mai sul tema immigrazione e, in particolare, sul progetto di deportazione dei richiedenti asilo in Rwanda.
Ha cominciato il 7 marzo la ministra Braverman postando un video con un monologo di 1’18” in cui spiega che “Ora basta. Dobbiamo fermare le barche nel Canale della Manica”, utilizzando la retorica più in voga in questo periodo, non solo in Gran Bretagna, ossia quella di voler “smantellare il modello di business delle bande di trafficanti di esseri umani”. Inoltre, rivolgendosi ai migranti, la ministra ha inteso dissuaderli dall’attraversare il mare utilizzando queste parole: “Sarai detenuto e trasferito nel tuo Paese di origine, se sicuro, o in un Paese terzo sicuro, come il Rwanda”:
🗣️ “Enough is enough. We must stop the boats.”@SuellaBraverman, The Home Secretary. pic.twitter.com/Ni4nhuh44b
— Home Office (@ukhomeoffice) March 7, 2023
Tre giorni dopo, il 10 marzo, è stato lo stesso primo ministro Sunak che, in visita ufficiale a Parigi, ha annunciato nuove misure di contrasto alla “immigrazione clandestina” stabilite in accordo con la Francia:
- Centinaia di agenti delle forze dell’ordine francesi in più schierati per fermare le imbarcazioni.
- Tecnologia potenziata per pattugliare le spiagge.
- Un nuovo centro di detenzione in Francia per supportare la capacità di detenzione.
NEW: 🇬🇧&🇫🇷 announce unprecedented measures to tackle illegal migration:
➡️Hundreds of extra French law enforcement officers deployed to stop the boats.
➡️Enhanced tech to patrol the beaches.
➡️A new detention centre in France to support detention capability.
— UK Prime Minister (@10DowningStreet) March 10, 2023
Il “Piano Rwanda” è considerato brutale e inumano da un gran numero di attivisti, ma le maggiori critiche e opposizioni stanno arrivando dai medici, che esprimono preoccupazione per il crescente disagio dei pazienti, sempre più angosciati dalla minaccia di deportazione nel cuore dell’Africa. Nonostante ciò, nel dicembre 2022 un tribunale di Londra aveva convalidato il primo accordo tra la Gran Bretagna e il Rwanda in merito al reinsediamento dei migranti a Kigali, sostenendo che quel piano “non viola la convenzione sui rifugiati o le leggi sui diritti umani”.
A livello diplomatico, la nuova spinta del governo britannico è iniziata il 6 marzo, quando Sunak ha telefonato al Presidente rwandese Paul Kagame per discutere del partenariato di cinque anni tra i loro Paesi. Il Regno Unito si è impegnato a fornire un finanziamento di 120 milioni di sterline al Rwanda, così da permettergli di sostenere i costi di elaborazione e integrazione di ogni persona trasferita, mentre Kigali ha assicurato che i migranti avranno diritto alla piena protezione ai sensi della legge rwandese, alla parità di accesso all’occupazione e all’iscrizione ai servizi sanitari e di assistenza sociale, nonché al rilascio dei documenti di identificazione necessari.
Sabato 11 marzo, infine, è stato annunciato che la ministra Braverman si recherà in Rwanda nei prossimi giorni, dove incontrerà il ministro degli Esteri locale, Vincent Biruta, con cui discuterà dell’imminente attuazione dell’accordo.
Non mancano le critiche dell’opposizione britannica e delle istituzioni internazionali, come l’UNHCR, le quali ribadiscono che il disegno di legge viola il diritto internazionale (la Convenzione sui rifugiati, in particolare), in quanto potrebbe negare protezione a molti richiedenti asilo bisognosi di sicurezza e cura, se non addirittura negare loro l’opportunità di presentare le proprie ragioni perché, di fatto, sarebbe un “divieto di asilo”. Tuttavia, al momento l’attesa principale è per la fine del 2023, quando è prevista la sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo sulla compatibilità del progetto con le leggi internazionali e per la quale, sostiene fiduciosa Suella Braverman, il “vento è favorevole” al governo di cui fa parte.
Nel fine settimana, tuttavia, il caso è esploso anche mediaticamente con la sospensione di Gary Lineker, il più famoso conduttore televisivo sportivo della BBC: i vertici della celebre azienda britannica hanno punito Lineker per un suo tweet di critica al governo sul “Piano Rwanda”: “Santo cielo, questo è più che terribile”.
Good heavens, this is beyond awful. https://t.co/f0fTgWXBwp
— Gary Lineker 💙💛 (@GaryLineker) March 7, 2023
La sanzione del giornalista ha causato scalpore in tutta la nazione e nessuno dei suoi colleghi ha accettato di sostituirlo nella conduzione di “Match of the Day”, per cui il programma è andato in onda senza commento. Dinanzi a tale scandalo, il direttore generale del gruppo audiovisivo pubblico britannico, Tim Davie, ha affermato che non si dimetterà.