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Migranti, il Rwanda riceverà i richiedenti asilo del Regno Unito

La metà di aprile 2022 segna un cambio radicale e controverso nella gestione dell’immigrazione nel Regno Unito: mercoledì 13 è stato annunciato un nuovo piano per l’immigrazione, il cui punto più eclatante è il trasferimento in Rwanda degli immigrati irregolari, a 8000 km di distanza dalle coste inglesi. Il giorno seguente, giovedì 14 aprile, si è saputa qualche informazione in più, in attesa che lo stesso primo ministro, Boris Johnson, fornisca ulteriori dettagli della nuova strategia britannica: le persone in attesa di asilo nel Regno Unito saranno deportate in aereo nel Paese africano, le operazioni di sorveglianza della Manica saranno affidate alla marina militare e gli immigrati non autorizzati saranno trattenuti in un nuovo centro di accoglienza, in modo da evitare alloggiamenti negli alberghi.

La ministra dell’Interno, Priti Patel, si è recata mercoledì in Rwanda, dove ha firmato l’accordo di “partenariato per la migrazione e lo sviluppo economico”:

Ufficialmente, l’iniziativa britannica è volta a “smantellare il modello di business delle bande di trafficanti di esseri umani”, per cui Boris Johnson ha ribadito che “il popolo britannico ha votato più volte per controllare i nostri confini; non per chiuderli, ma per controllarli”:

Il progetto di esternalizzare le procedure di asilo a Paesi terzi va avanti da almeno tre anni ed è passato prima per alcune negoziazioni, andate a vuoto, con l’Albania e il Ghana. Ora l’accordo è invece stato raggiunto con il Rwanda, che riceverà 120 milioni di sterline per occuparsi del soggiorno dei richiedenti asilo, ma anche dell’espletazione delle loro domande, per cui queste persone saranno incoraggiate a stabilirsi nel Paese africano, che si trova poco a sud dell’equatore.

La labourista Yvette Cooper ha definito questo accordo come “impraticabile e non etico”, oltre che una vera e propria “estorsione che costerebbe miliardi di sterline ai contribuenti britannici”:

Dal canto suo, Human Rights Watch ha ricordato che in Rwanda i detenuti subiscono maltrattamenti e arresti arbitrari, talvolta in strutture non ufficiali, per cui ci si domanda se i campi rwandesi in cui risiederanno i richiedenti asilo saranno sotto la giurisdizione del Regno Unito e se, eventualmente, come il governo britannico controllerà il rispetto dei diritti dei migranti. A questo proposito, l’UNHCR ha espresso preoccupazione e opposizione al piano inglese: “trasferire richiedenti asilo e rifugiati in altri Paesi non fornisce garanzie sufficienti per proteggere i loro diritti”, inoltre “le persone in fuga da guerre, conflitti e persecuzioni meritano compassione ed empatia; non dovrebbero essere scambiati come merci e trasferiti all’estero”.

Questa tra Regno Unito e Rwanda è la prima partnership mondiale per il controllo dei flussi migratori, strettamente legata alla cooperazione internazionale per lo sviluppo economico, in cui i migranti sono, di fatto, considerati alla stregua di beni di scambio. La scrittrice e ricercatrice Maya Goodfellow ha affermato che “questa è a dir poco violenza di Stato: i centri di elaborazione offshore, come quelli utilizzati da molto tempo dall’Australia, sono noti per la violenza e gli abusi estremi; traumatizzano ulteriormente le persone vulnerabili che hanno rischiato la vita per attraversare i confini”.

Per quanto riguarda la parte rwandese, la saggista Michela Wrong, nota per le sue critiche al presidente Kagame, ha scritto che “questo accordo con il Regno Unito è parte di una campagna determinata e straordinariamente efficace [del Capo di Stato del Rwanda] per persuadere l’Occidente ad abbracciarlo come un leader africano proattivo che offre soluzioni radicali a spinosi problemi di politica interna ed estera”.

L’ideale sarebbe che entrambi i Paesi ripensino l’accordo, anche perché ormai è alquanto noto che esternalizzare la gestione dei migranti e dei rifugiati non solo non dissuade le persone che intraprendono viaggi pericolosi, ma, al contrario, li induce ad aumentare i rischi, perché sono costretti a cercare percorsi alternativi.

Da anni il Rwanda offre riparo a centinaia di migliaia di rifugiati, talvolta anche quelli provenienti dai campi libici, ma resta un Paese dalle limitate opportunità economiche e che, pertanto, non può offrire occasioni concrete per uscire da condizioni di subalternità e marginalità, come invece potrebbero le nazioni più ricche.

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