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Migliaia di migranti africani cercano di raggiungere l’Europa dalla Tunisia. Ma molti muoiono provandoci nell’indifferenza di tanti

Le autorità di Lampedusa chiedono aiuto per il numero record di migranti illegali che ha raggiunto le sue coste. Nelle ultime 24 ore sono arrivate 63 imbarcazioni con oltre 1.800 migranti. Si stima che nel centro di registrazione dell’isola siano al momento ospitate 4.000 persone, tra cui oltre 240 minori non accompagnati, il numero più alto registrato finora.
Le autorità locali sottolineano che gli ultimi giorni sono stati caratterizzati da un afflusso di migranti senza precedenti, mentre gli arrivi dall’inizio dell’anno si avvicina alle 110.000 unità. La maggior parte delle barche proviene dalla Tunisia, che è diventata un importante punto di transito per i trafficanti di esseri umani.
Le autorità di Tunisi hanno dimostrato di non essere in grado di mantenere il loro impegno di fermare l’ondata migratoria. Recentemente, le forze di sicurezza locali hanno scoperto vari cantieri navali che producono imbarcazioni destinate alle bande criminali che organizzano i viaggi illegali verso le nostre coste.
Non è difficile intuire che molti dei centodieci mila migranti e dei duemila morti accertati, al 27 agosto, nel Mediterraneo provenissero proprio dalla Tunisia.
A confermarlo la lettura dei dati difdusi a Ferragosto dal Viminale che, involontariamente, documentano il fallimento del Governo di centrodestra che aveva promesso, durante la campagna elettorale, di stroncare i flussi migratoti.
Affidare oggi al governo autoritario della Tunisia, ieri alla Libia, in cambio di denaro, il compito di bloccare nel deserto del Sahel il flusso dei migranti oltre che inumano è stato velleitario. I migranti non sono felici vacanzieri che desiderano visitare l’Europa, non sono clandestini, come ha sancito la Cassazione italiana, sono dei disperati che fuggono da guerre, da fame, dalla lunga siccità per il riscaldamento climatico, da dittature diversamente sostenute da potenze occidentali o da Russia, Cina, Turchia. Un paese democratico come l’Italia, non può alzare muri ai propri confini nazionali, alla Trump o alla Orban, per arginare una migrazione planetaria storica le cui cause affrontate e rimosse all’origine. Se i migranti, nei loro paesi, avessero lavoro, rispetto dei diritti umani, governi democratici non fuggirebbero. Se le risorse e le ricchezze naturali dei loro luoghi d’origine fossero utilizzate, col consenso di servili governi nazionali, non da potenze politiche ed economiche straniere, ma da forze nazionali dedite al bene comune dei propri cittadini, non scapperebbero per farsi sfruttare da mafie interne e internazionali e da imprenditori di pochi scrupoli. Inoltre senza guerre i governi potrebbero eliminare la spesa per le armi e usare le risorse per il benessere dei loro popoli.

Occorre una forte volontà comune a livello internazionale come invoca Papa Francesco in ogni occasione, affrontare alle radici l’attuale crisi significa rivedere il modello di sviluppo attuale. La globalizzazione senza governance internazionale democratica ha fatto crescere il PIL mondiale ma anche la povertà e la disuguaglianza sociale. Non ha gocciolato ricchezza verso il basso, come vantato dai suoi sostenitori, ma ha favorito la concentrazione della ricchezza in pochi gruppi multinazionali senza controlli democratici da parte della politica che ha perso peso, autorevolezza e capacità di visione e analisi delle trasformazioni tecnologiche, socioeconomiche, finanziarie. Si pone, dunque, il ruolo che deve esercitare l’Onu. Il tema riguarda anche l’Ue che deve decidere cosa fare per non essere solo un’area di libero scambio, ma un’istituzione politica con visione e comportamenti unitari riconoscibili a livello planetario, capace di superare i rischi che corrono attualmente i sistemi istituzionali democratici dei paesi membri. Ciò è urgente per recuperare la fiducia dei cittadini europei per sconfiggere populismi, sovranismi, antipolitica e invocazioni dell’uomo forte.

Le prossime elezioni europee saranno il banco di prova del recupero della fiducia degli elettori: è in gioco la democrazia, un futuro di pace, di lavoro e di libertà.

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