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L’ipocrisia dell’Europa, morta sulla spiaggia di Cutro

Ma non siete stanchi di tanta ipocrisia?
Non siete nauseati da parole vuote e gesti di buonismo a posteriori che non fanno altro che offendere le vittime e i sopravvissuti?
Io si, tanto, e li trovo ancora più insopportabili delle dichiarazioni dei vari Piantedosi e Salvini che meriterebbero di essere cacciati dalla politica a calci nel deretano per la superficialità nell’affrontare la perdita di vite umane.
Come scrissi per il piccolo Aylan Kurdi, annegato a tre anni e arenatosi sulla sabbia di un arenile turco, l’Europa è morta, da tempo, sulle tante spiagge punteggiate di cadaveri come quella di Cutro.
L’Europa dei banchieri  e del profitto che si compatta nell’invio di armi all’Ucraina ma che non fa nulla per evitare tragedie come questa.
il naufragio sulle coste calabre di oggi ci ricorda la disumanità di tutto il popolo europeo.
Ci ricorda che abbiamo costruito un mondo dove la vita umana non vale niente.
Ci rammenta che abbiamo smarrito la tenerezza e la gioia dell’incontro, che si fa pane spezzato nell’accoglienza.
No, le lacrime di coccodrillo per le 62 vittime di Cotrone, come quelle versate per il corpicino di Aylan riverso a faccia in giù sulla spiaggia di Bodrum, ci dicono che i signori delle istituzioni nazionali e internazionali sono costretti per qualche giorno ad alzare lo sguardo sul dramma dei profughi che rischiano quotidianamente la vita pur di raggiungere un luogo che possa garantirgli un futuro, la speranza di una vita normale, lontano dagli orrori e dalle sofferenze delle loro terre.
Ma poi tutto riprenderà con la solita indifferenza di sempre e l’immagine di quella lunga spianata di bare sarà solo un ricordo sbiadito.
Le dichiarazioni, gli annunci, di Bruxelles scaturiti dalla vergogna per un naufragio divenuto emblema universale di una tragedia che ha travalicato il più terribile degli immaginari, tra pochi giorni saranno carta straccia.
Solo parole e ipocrisie cancellate dalle intenzioni dei 27 stati europei che continuano a pensare solo ed esclusivamente ai propri egoistici interessi.
Lo hanno dimostrato la costruzione di nuovi muri, dall’Ungheria alla Macedonia, la chiusura della rotta balcanica, l’invio di navi da guerra per pattugliare l’Egeo e riportare indietro tutti quelli pronti ad attraversare quel tratto di mare.
L’Europa, per proteggere i propri confini, ha fatto patti con i peggiori dittatori e autocrati del mondo.
Ma i leader europei fingono di non sapere che nonostante tutti i loro sforzi non riusciranno mai a tenere lontane le migliaia e migliaia di profughi che, aiutati da mercanti di vite umane senza scrupoli, troveranno altre vie per raggiungere le coste aldilà del Mediterraneo.
Certo, non ci sono più migliaia di famiglie di siriani, iracheni, afgani che percorrono le strade lungo le frontiere dell’Unione europea, ma abbiamo ricominciato a contare i morti annegati che arrivano dalle coste africane.
E a perdere la vita sarà un numero sempre più alto di disperati che cercano di raggiungere un continente, il nostro, che ha basato la propria costituzione sul rispetto della dignità umana e su principi come la libertà, la democrazia, l’uguaglianza e lo stato di diritto.
Valori che per i padri costituenti erano i pilastri di una società fondata sul pluralismo, sulla non discriminazione, sulla tolleranza, sulla giustizia e sulla solidarietà. Principi che oggi l’Europa tradisce, rinnega, perché  agli Stati membri non interessa onorarli.
A otto anni dalla morte di Aylan Kurdi, dai giorni in cui credevamo che nessuno potesse più voltarsi dall’altra parte, quel primo passo verso un’umanità ritrovata si è trasformato col tempo in una penosa ritirata.
È per questo che oggi come allora denunciare questa ipocrisia e tenere alta l’attenzione su quelle spiagge, da Bodrum a Cutro, dove l’Europa è morta, è l’unica azione che conta davvero.

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