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Kenya, ultimatum all’Unhcr per lo sgombero dei campi di Dadaab e Kakuma

Linee e numeri, la geografia fisica ed umana del corno d’Africa sembra disegnarsi ancora, come in epoca coloniale, con l’astrazione matematica. Quattrocentoventimila, una più una meno, le persone che il Kenya potrebbe decidere di spostare oltre quei confini tracciati con il righello che lo separano dalla Somalia. Numeri senza un volto e senza un nome.

Il governo di Nairobi ha dato all’UNHCR, l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, un ultimatum di due settimane per presentare un piano di sgombero dei campi di Dadaab e Kakuma o quei numeri potrebbero entrare nelle statistiche di quella che rischia di diventare un’ulteriore catastrofe umanitaria nel fragile Corno d’Africa.

Sono quasi tutti somali, in minor parte sud sudanesi, i bambini, gli uomini e le donne che potrebbero essere rimpatriati forzatamente in quelle terre di guerra e carestia da cui sono fuggiti. “L’UNHCR è preoccupato per l’impatto che questa decisione potrebbe avere sulla protezione dei rifugiati in Kenya, anche nel contesto dell’attuale pandemia di Covid-19”, si legge in una nota dell’agenzia.

Il Kenya aveva tentato di smobilitare il campo Dadaab, uno dei più grandi al mondo e che accoglie oltre 220 mila persone, già nel 2016, quando alcuni rapporti dell’intelligence indicarono la presenza nel campo di supposti sostenitori del gruppo terroristico islamista al-Shabaab, che avrebbero giocato un ruolo negli attentati al Westgate Mall nel 2013 e alla Garissa University nel 2015.

La sicurezza nazionale sarebbe dunque all’origine della decisione di Nairobi, ma le ragioni profonde potrebbero risiedere in quelle scosse telluriche che non smettono di scuotere la geopolitica di un’area da decenni senza pace e che stanno deteriorando le relazioni tra i due paesi. A dicembre, Mogadishu ha interrotto i rapporti diplomatici con Nairobi, accusando il Kenya di ingerenza nei suoi affari interni. Kenya dove si sarebbe recato in visita Muse Bihi Abdi, presidente dell autoproclamato Somaliland; Kenya che sosterrebbe Ahmed Madobe, presidente dello stato del Jubbaland, all’estremo sud, dove si trova lo strategico porto di Kismayo. Ma questa non sarebbe l’unica ragione di scontro: i due paesi sono impegnati in un braccio di ferro presso la Corte Internazionale di Giustizia sulle frontiere marittime nell’Oceano Indiano, un’area ricca di petrolio e gas.

Nel 2016 la chiusura del campo di Dadaab era stata ritenuta incostituzionale dall’Alta corte di giustizia keniota, ma questa volta, come riporta l’agenzia Reuters citando un tweet del Ministro degli Interni Fred Matiang’i, potrebbero non esserci spazi di manovra.

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