Oggi pomeriggio, 15 luglio, a Nairobi, in Kenya, è stata uccisa Joanna Stutchburry, attivista per la protezione della foresta di Kiambu dalle minacce di varie speculazioni immobiliari. Secondo le prime informazioni, Stutchburry sarebbe stata colpita a morte nel suo vialetto con quattro colpi di arma da fuoco. Dalla sua abitazione non sarebbe stato rubato nulla. La notizia è stata diffusa da Paula Kahumbu, ambientalista keniana e direttrice di WildlifeDirect in difesa degli elefanti:
BREAKING Kenya Nairobi – Joanna Stuchburry was shot dead this afternoon known 4 her relentlessly attempts to protect Kiambu forest from developers – she was shot four times in her driveway nothing was stolen. May she Rest in Eternal Peace. May the culprits be caught & punished.
— Dr. Paula Kahumbu (@paulakahumbu) July 15, 2021
Attiva da decenni in difesa dell’ambiente, Joanna Stutchburry era nota in tutto il Kenya per le sue campagne contro il land grabbing, ossia l’accaparramento di terra da parte di ingenti investitori, spesso stranieri, sviluppatosi in maniera esponenziale soprattutto nel corso del primo decennio del XXI secolo.
Attratta dalla foresta e dalla vita tranquilla, alla fine degli anni 90 Stutchbury, keniana di Nairobi, si era trasferita nella città di Kiambu, alla periferia della capitale del Paese, determinata a iniziare una nuova vita. È lì, infatti, che aveva fondato la società Porini Permaculture, con lo scopo di insegnare pratiche sostenibili e olistiche, che negli anni è diventato un vero e proprio centro di riferimento per la permacultura e l’agricoltura biologica.
Già alla fine del secolo scorso Stutchbury denunciava la progressiva distruzione della foresta e della sua fauna: “Gli uccelli non cantano più e gli stagni si sono prosciugati”, dichiarò in un’intervista del 1998. In particolare, la “sua” foresta di Kiambu, oltre 1.000 ettari ufficialmente tutelati dalla legge dopo l’indipendenza nel 1963, si è andata riducendo a vista d’occhio: “Ho scritto lettere, sono andato alla stampa ma la foresta è stata comunque distrutta”, disse ancora Stutchbury.
Ha promosso decine e decine di sottoscrizioni, ha organizzato numerose manifestazioni di protesta a cui hanno partecipato migliaia di persone, eppure nulla ha fermato il land grabbing dei ricchi uomini d’affari del Kenya: “Hanno preso ogni spazio disponibile, ora si stanno rivolgendo alle foreste; cosa lasceranno ai nostri figli?”, si domandò, sempre nel 1998, Joanna Stutchbury.
Tutte le foreste intorno alla capitale keniana subiscono la medesima erosione: quella di Karura e quella di Ngong, le foreste pluviali tropicali di Abardare alle pendici del monte Kenya e quelle intorno al lago Naivasha, il secondo più grande del Kenya, fino all’area lungo la regione costiera dell’oceano Indiano, dove oltre il 90% delle comunità sono state costrette a vivere come occupanti abusivi su terreni acquistati a buon mercato da ricchi politici e uomini d’affari.
Per questo impegno ambientalista – e pacifista, come dimostra il Premio Nobel della Pace 2004 Wangari Maathai, anch’essa keniana – Joanna Stutchbury era da tempo minacciata. Le sue grida d’allarme contro il degrado ambientale avevano una salda consapevolezza ecosistemica, ma anche sociale, conscia che gli effetti a lungo termine della deforestazione includono carestie, fame e malattie.
Tutto questo ha avuto termine oggi, nella maniera più tragica e violenta. Tra i primi messaggi di cordoglio, quello di Amnesty International Kenya che, oltre a condannare l’omicidio, invita la Direzione delle indagini criminali e il Ministero dell’ambiente e delle foreste del Kenya a indagare a fondo sull’assassinio di Stutchbury:
.@AmnestyKenya condemns the violent killing of environmental defender Joanna Stutchbury today. We call on @DCI_Kenya @Environment_Ke to thoroughly investigate her murder possibly related to her commitment to protect Kenya’s forests.#RestInPowerJoanna
— Amnesty Kenya (@AmnestyKenya) July 15, 2021