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Guinea equatoriale: Obiang Nguema, l’ultimo dinosauro dell’Africa centrale

Teodoro Obiang Nguema, nato nel 1942, è al potere in Guinea equatoriale dal lontano 1979, quando depose con un colpo di stato il presidente Francisco Macias. I suoi amici lo chiamo “il decano”, perché ha la maggiore “anzianità di servizio” tra i suoi omologhi; i suoi avversari, invece, lo chiamano “il dinosauro”, perché è al potere da 42 anni.

La Guinea equatoriale, ex-colonia spagnola, è uno dei paesi più poveri del mondo; con meno di un milione di abitanti e 28.000 chilometri quadrati di superficie, è anche uno degli stati più piccoli dell’Africa. Nonostante le enormi ricchezze naturali (ad iniziare dal petrolio e dal gas), la maggior parte della popolazione vive con meno di due euro al giorno e la speranza di vita è di appena cinquant’anni. Il paese è agli ultimi posti anche per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e la libertà di stampa. Secondo Transparency International, è il 168° stato più corrotto del mondo, su 178.

La ricchezza del dittatore Obiang e della sua famiglia viene in larga parte, oltre che dalla corruzione, dal traffico di droga: nel febbraio 1997, l’International Narcotics Board ha inserito la Guinea equatoriale nella lista dei 9 “narco-stati” dell’Africa. Secondo la rivista Forbes, Obiang è uno dei presidenti più ricchi del mondo, con un patrimonio di 600 milioni di dollari.

Nel giugno 2007, la procura della Repubblica di Parigi ha aperto un’inchiesta preliminare nei confronti di cinque dittatori africani: Obiang Nguema, Sassou Nguesso (presidente del Congo), Omar Bongo (all’epoca presidente del Gabon, poi morto nel 2009), Blaise Compaoré (in quel momento presidente del Burkina Faso, oggi latitante in Costa d’Avorio) ed Eduardo Dos Santos (all’epoca presidente dell’Angola). Tutti e cinque sono accusati di appropriazione indebita di denaro pubblico, un reato particolarmente grave. Alla fine dell’inchiesta, risulta che Obiang ha un grande patrimonio immobiliare a Parigi, mentre suo figlio Teodorin possiede undici automobili di lusso (tra le quali due Bugatti, due Ferrari ed una Maserati), per un valore di quasi 6 milioni di euro, che vengono sequestrate dalle autorità. Nel 2017 la giustizia francese sequestra a Obiang un appartamento di 200 metri quadrati nella centralissima avenue Foch (nel sedicesimo rione di Parigi) e condanna il figlio Teodorin, che nel frattempo è stato nominato vice-presidente, a tre anni di carcere, 30 milioni di euro di multa e la confisca dei beni sequestrati.

Nel 2009 il dittatore della Guinea denuncia per diffamazione Jean Merckaert e Antoine Dulin, autori del rapporto sui “biens mal acquis” (beni acquisiti illegalmente), pubblicato dal CCFD (Comitato Cattolico contro la Fame e per lo Sviluppo). Nonostante gli avvocati di Obiang siano tra i migliori (e i più costosi) di Francia, i due giornalisti vengono assolti.

Anche sul fronte dei diritti umani l’anziano dittatore dimostra d’essere un uomo senza pietà. La libertà di stampa e le libertà democratiche sono pressocché inesistenti, tanto che la fondazione americana Freedom House mette la Guinea equatoriale agli ultimi posti, insieme all’Irak, la Corea del Nord e la Bielorussia. Ad essere perseguitati non sono solo i giornalisti locali: nel giugno 2011, tre giornalisti della ZDF, una delle principali reti pubbliche tedesche, sono stati arrestati per diverse ore, poi imbarcati su un aereo all’aeroporto di Malabo ed espulsi dal paese. I giornalisti tedeschi avevano filmato uno dei quartieri poveri della capitale e avevano intervistato il leader dell’opposizione Placido Micó: le loro fotografie sono state cancellate e le carte SIM confiscate. Il governo tedesco ha protestato e ha convocato l’ambasciatore guineano a Berlino.

L’uso della tortura è sistematico sia nelle prigioni, sia nei commissariati di polizia, come è scritto in un rapporto di 47 pagine scritto nel 2010 da Manfred Novak, relatore del comitato ONU per i diritti umani. Il numero dei detenuti politici è stimato a venti, anche se non esistono dati ufficiali a riguardo.

In conclusione, non vedo un futuro roseo per questo piccolo paese dell’Africa centrale, almeno fino a quando la famiglia Obiang rimarrà al potere.

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