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Globalizzazione e multireligiosità: necessarie regole condivise per superare conflitto sociale

Presentato alla Pontificia Università Urbaniana il volume “Pluralismo confessionale e dinamiche interculturali. Le best practices per una società inclusiva, ricerca curata da Paolo Palumbo e Antonio Fuccillo e promossa dall’ Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, alla presenza di S.E. Mons. Mariano Crociata  – Presidente delle Conferenze episcopali dei Vescovi europei, e del Prefetto Fabrizio Gallo della Direzione centrale degli Affari dei Culti del Ministero dell’Interno.

Comprendere le trasformazioni ma anche le insidie che il nostro tempo cela e individuare un modo certo e condiviso per trascendere il conflitto sociale: è questo l’ ambizioso proposito di una complessa ricerca interdisciplinare che in circa 1300 pagine raccoglie i  contributi scientifici di studiosi ed esperti che hanno partecipato a seminari, convegni, call for papers e giornate di studi sui temi del pluralismo di fedi e mediazione interculturale.

Un lavoro che presenta– come scrive nella prefazione il Magnifico Rettore dell’ università Giustino Fortunato, Giuseppe Acocella – un affresco imponente dei temi che riguardano il pluralismo confessionale, tanto ricco e variegato nelle molteplici piste di ricerca e di documentazione prodotta. Il delicatissimo (ed insidioso) tema del pluralismo confessionale rivela come il principio della convivenza tra pratiche religiose diverse possa tramutarsi nella rischiosa affermazione di regole o costumi talvolta intollerabili gli uni verso gli altri in ragione delle differenti concezioni etniche, religiose, tradizionali. Nei confronti di questo rischio – latente o espresso l’equilibrio finisce per essere assicurato soltanto dall’obbligo giuridico comune”.

La ricerca ripropone temi molto sensibili come i nodi di carattere etico sulla cura e sul fine vita e sui temi della tutela dei soggetti deboli, o ancora il denso filone dei problemi legati all’esercizio del culto o dell’insegnamento della religione, o sul radicalismo religioso e sulle questioni legate alla detenzione in carcere, sino alla questione dei cosiddetti matrimoni misti. Si tratta di un orizzonte vasto e impegnativo, destinato a ricomporre un quadro d’insieme complesso e degno di attenzione, come sulla finanza islamica o su fede religiosa ed etica del capitalismo e sulle migrazioni. I saggi e le indagini dedicati alle asperità che presenta ogni tentativo di analisi del pluralismo religioso (ma più direttamente dei problemi di regolazione che esso presenta) affrontano esplicitamente il tema spinoso della libertà religiosa e del pluralismo confessionale o culturale.

Lo studio conclude che il rispetto delle diversità è attuabile solo a partire dall identificazione di esperienze concrete di “mediazione e quindi di modelli di coesistenza inclusiva e di contrasto al conflitto tra le varie identità e tenta di individuare delle azioni – delle best practices e degli strumenti giuridici, sociali ed economici  per la ricomposizione dei conflitti e per la realizzazione di un equilibrio sociale realmente sostenibile, come spiega il Decano dei sociologi Paolo de Nardis, presidente dell’ Istituto di Studi Politici “S. Pio V”: La religione è il fenomeno che più determina la comprensione di un’ altra cultura e che più ci mette di fronte al diritto. Il pluralismo culturale è religioso è un arcipelago disparato che rischia di mettere in crisi l’ unità e la conquista – molto religiosa, si pensi a Dante Alighieri e a Marsilio da Padova – dello Stato laico. La religione è elemento fondamentale e imprescindibile di una società: può essere sostegno e consolazione per chi ha fede ma soprattutto, in termini laici, rappresenta un forte collante sociale. Ed è in questo senso che la militanza della ragione può e deve guidare tutte le best practices della convivenza”.

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