vai al contenuto principale

Etiopia, ondata di arresti travolge i leader amhara. Cosa accade nel paese?

Nelle ultime settimane un’ondata di arresti ha travolto leader politici e militari amhara. Numerosi politici, militari, leader delle milizie Fano e giornalisti sono stati prelevati ed arrestati dalla polizia federale a causa degli scontri -anche armati- tra le milizie e il governo centrale, avvenuti nei giorni scorsi.

Fino ad oggi abbiamo riportato di migliaia di persone di origine tigrina poste agli arresti, tra le quali sono balzati alle cronache quelli di numerosi religiosi e giornalisti, dei quali abbiamo ampiamente parlato.

In molti si staranno chiedendo allora cosa accada sotto il cielo di Addis Abeba, perché ora anche la comunità amhara sia sotto la lente di ingrandimento del governo federale. Occorre quindi fare un passo indietro e tornare ai primi giorni di questo 2022 e trovare il “bandolo della matassa”.

In realtà il documento è una valutazione approfondita sullo stato di ogni regione delle federazione, un’analisi politica sulla sicurezza e sulla crisi umanitaria del paese. Per la regione ahmara viene evidenziato come coloro che hanno partecipato alla guerra (le milizie e i leader politici), rivendichino – esercitando pressioni sul governo- uno status migliore di quello ottenuto, come indennizzo per la partecipazione ai combattimenti.

Lo abbiamo sottolineato più volte: il contributo delle milizie amhara ed afar alla seconda fase della compagna militare è stato significativo e tale impegno alla fine dei combattimenti avrebbe assunto contorni politici e militari ben più chiari, mettendo ben presto in difficoltà il governo federale.
Membri armati delle unità Fano. Credit: Mota City Communication Bureau. December 2021

Le 14 pagine di cui Amba Digital è entrata in possesso, stilano in una sorta di previsione politica, gli innumerevoli problemi a cui il governo sarebbe andato incontro, in uno scenario post bellico. In realtà le milizie Fano, i leader nazionalisti ahmara e le organizzazioni informali regionali, sin dai primi giorni hanno mobilitato tutte le loro “forze” per porre sotto pressione Addis Ababa, in primis con la richiesta di ingenti risarcimenti per le distruzioni e le perdite causate dai combattimenti.

Il documento prevede come l’ampia diffusione di illegalità e l’accaparramento di terre in Oromia, si sarebbero aggravate in uno scenario post bellico, motore e causa di “movimenti destabilizzatori” degli obiettivi politici della campagna militare contro il Tplf. Tradotto, il governo sottolinea come le milizie Fano siano divenute ormai ingestibili e impossibili da contenere.

Mihret Wodajo – Immagine di repertorio.

Per almeno tre mesi si sono succedute notizie di scontri locali di media e piccola portata tra le milizie e le forze federali, ma il 6 Marzo nella città di Mota (East Gojjam) le tensioni causate dall’arresto del comandante delle milizie Fano della regione Ahmara orientale, Mihret Wodajo e dal successivo tentativo di disarmare le guarnigioni locali, sono sfociate in scontri armati che hanno lasciato sul campo 4 morti e numerosi feriti. “Incidenti” che si sono succeduti nei woreda di Ginde Wein, Yejube e Bebiwugn come ha riportato anche il quotidiano Addis Standard sulle proprie pagine.

Ad essere messa in discussione è proprio la struttura della milizia, che conta decine di migliaia di appartenenti ma che non rientra in quella ufficiale della sicurezza governativa. Già a novembre 2021 ci fu un tentativo di regolarizzare la loro posizione; il governo invitò gli appartenenti alla milizia a registrarsi sotto la struttura di sicurezza governativa, intimando a coloro che non lo avessero fatto che sarebbero stati ritenuti “rei”, garantendo loro “l’organizzazione e il supporto logistico”, e che nessun passo sarebbe stato fatto verso il disarmo, come espresso dal capo dell’Ufficio di comunicazione del governo dello Stato Amhara, Gizatchew Muluneh.

Nello stesso contesto, Temesgen Tiruneh, direttore generale del National Intelligence and Security Service (NISS) ed ex presidente della regione Amhara espresse con forza la necessità di misure straordinarie per la gestione della milizia.

Ma la pubblicazione del documento ha portato alla luce come il governo -in direzione contraria – abbia posto da mesi al centro della questione il traffico illegale di armi in cui sarebbero coinvolte le milizie, il possesso di armi di privati cittadini, l’esistenza di vari gruppi armati irregolari sul territorio.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, è stata versata. Le organizzazioni informali, i partiti politici, i leader del governo ahmara hanno alzato sin da subito gli scudi contro una decisione definita “immotivata”, vista la centralità del ruolo delle milizie, organizzazione “temporanee e di difesa” sin dai tempi dell’occupazione italiana, come sottolineato dal Balderas For Genuine Democracy Party.

Ad alimentare le tensioni tra il governo federale e il governo Amhara, avrebbe contribuito anche la notizia della presenza in Eritrea di miliziani Fano in addestramento durante il mese d’agosto del 2021, programma non autorizzato da Addis Abeba, al netto della vicinanza con il Presidente Isaias Afwerki.

Questo avrebbe contribuito alla stretta i cui effetti vediamo in questi giorni. Il 20 Maggio, nella città di Mota, si sono registrate manifestazioni e combattimenti con i soldati dell’ENDF, che hanno determinato l’uccisione di un numero imprecisato di persone.

Per aver criticato il tentativo di disarmo delle milizie durante un’intervista del 15 Maggio, il Comandante delle Forze federali nella regione Ahmara, Tefera Mamo è stato posto agli arresti ed è tuttora detenuto.

Alcuni dei giornalisti mentre vengono portati via dalle forze di sicurezza. Credit: Twitter – Zecharias Zelalem

Il 20 Maggio, due giornali regionali, Ashara Media e NISIR International Broadcasting Corporation hanno visto porre agli arresti 9 dei loro giornalisti, perché troppo vicini alle milizie. Secondo la Ahmara Association of America – AAA, 24 membri del partito nazionalista di opposizione National Movement of Amhara (NAMA) sono stati arrestati a partire dal 18 Maggio, tra i quali Ashenafi Akalu, vice coordinatore del partito NAMA del distretto di West Gojjam della regione di Amhara.

Sembra un film già visto con i tigrini, ma potrebbe portare la regione Amhara a divenire un serbatoio per l’opposizione al Primo Ministro Abiy Ahmed. Qualora le milizie Fano riuscissero a saldarsi con le organizzazioni informali e qualora il collante fosse la completa libertà di manovra rispetto agli obiettivi del governo federale, la tenuta della federazione potrebbe essere messa a rischio.

Problemi che non sono nuovi e che afferiscono anche ad altre regioni. Il Tigray ad oggi, oltre l’opposizione armata al governo federale, è alle prese con una crisi umanitaria e alimentare che da annuncio è divenuta realtà e che sta già mietendo vittime ormami da mesi. Per la regione, come ha sottolineato l’ultimo report di USAid, sono necessari aiuti urgenti per evitare la carestia totale e generalizzata; alcune zone in particolare destano la preoccupazione più estrema: il Tigray è in “emergenza” (IPC-4) con intere aree inserite nel livello più alto “carestia” (IPC-5 ).

©UsAid

Una crisi aggravata dal blocco degli aiuti umanitari, che da mesi attendono corridoi sicuri e lasciapassare verso la regione e che vedono intere colonne di aiuti ferme nella regione Afar e negli hub del paese e dalla carenza di cereali e derivati, che a causa della guerra in Ucraina avranno conseguenze dirette e pesantissime in un paese ancora incapace di sopperire con una produzione interna alla richiesta del mercato, ed ancora a lavoro per una diversificazione dei fornitori internazionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Torna su