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Mali, in corso trattative per la liberazione dei tre italiani rapiti. Procura Roma apre inchiesta

Sono giorni di angoscia quelli che stanno vivendo i  familiari di Rocco, Donatella e Giovanni Langonre rapiti in Mali il 19 maggio scorso. La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta mentre si tenta di stabilire un contatto con i sequestratori.
Secondo nostre fonti sul terreno le trattative sarebbero state avviate. 

Il rapimento è avvenuto nella regione di Sikasso, a poco più di 300 km Bamako, capitale del Paese.
I genitori sessantenni e il figlio quarantenne sono stati prelevati giovedì scorso dalla comunità rurale di Sincina da una banda armata, insieme a un amico del Togo.
Dal giorno della sparizione di loro si sa poco o nulla, secondo fonti locali sarebbero stati condotti in una località dell’entroterra per evitare che forze governative potessero liberarlo.  Secondo le stesse fonti non dovrebbe tardare una richiesta di riscatto.
Non se l’aspettava la famiglia Langone di correre pericoli, pur sapendo che nel Sahel imperversano gruppi jihadisti e criminali. Si sentivano al sicuro nella piccola comunità dove volevano creare una loro congregazione.
Originari di Potenza, dove risiede ancora parte della famiglia, i Langone tre anni fa avevano deciso di lasciare tutto e partire per l’Africa.
Una nuova vita per Rocco arrivato alla pensione dopo una vita a lavorare come operaio. Sua moglie Donatella, anche lei pensionata, lo aveva seguito senza indugio, e così loro figlio Giovanni.
“Abbiamo paura perché sappiamo che chi ha preso i nostri familiari è molto pericoloso”, ha dichiarato Vito Langone, fratello di Rocco che chiede allo Stato italiano che li faccia tornare a casa al più presto.
Secondo Anna Maria Langone, sorella di Rocco, di Potenza, lui “era felicissimo, si era trasferito in Mali perché lì si viveva bene e anche il clima, con il caldo asciutto, era favorevole”. L’altro figlio della coppia,  Daniele, secondo genito di Rocco e Donatella, residente in provincia di Monza, si è invece trincerato dietro il massimo riserbo.
In un primo momento si era diffusa la notizia che i tre nostri connazionali fossero dei missionari ma la Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova, ha tenuto a specificare che i Lagone, seppur fedeli come ha dichiarato Sergio Cazzaniga, rappresentante della comunità dei testimoni di Geova di Seregno (Monza),  non erano andati in Mali in missione.
Sin dai primi istanti la Farnesina si è attivata con l’Unità di crisi per cercare di acquisire più informazioni possibili e cercare di ottenere la loro liberazione e riportarli a casa il prima possibile.
Le prossime ore saranno fondamentali, sono in corso “contatti diplomatici” che fanno sperare nell’avvio  di trattative. Ma a tale riguardo viene chiesto il silenzio stampa che Focus on Africa rispetta.
La località del rapimento si trova vicino a Koutiala,  cittadina situata a poche decine di chilometri dal confine con il Burkina Faso, un’area pericolosa considerata, come il  Mali, una sorta di buco nero del terrorismo islamico che sta entrando nell’orbita della Russia.
Dal 2012 il desertico Paese africano è teatro di attacchi compiuti da gruppi jihadisti legati ad Al-Qaeda e all’Isis, oltre che da milizie e banditi, causando migliaia di morti tra civili e militari e centinaia di migliaia di sfollati nonostante il dispiegamento di forze Onu, francesi e africane. Un giornalista freelance francese di 47 anni, Olivier Dubois, è stato rapito nell’aprile dell’anno scorso a Gao, nel nord, dal qaedista Gruppo di supporto per l’Islam e i musulmani (Gsim o Jnim), la principale alleanza jihadista del Sahel. Presumibilmente responsabile del sequestro dei tre italiani e del cittadino togolese che era con loro.

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