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Etiopia, in 30 mila in fuga verso il Sudan. Emergenza umanitaria devastante

Un conflitto inarrestabile che è già costato centinaia di vittime e che sembra destinato a causare una devastante crisi regionale in tutto il Corno d’Africa.
Questo lo scenario di guerra in Etiopia che nonostante l’annuncio delle forze federali di essere “vicine” a Makallè, la capitale dello Stato regionale del Tigray, e prossime a porre fine all’occupazione del Fronte di liberazione del popolo dei Tigray che controlla la città.
Il conflitto tra governo centrale e regionale è iniziato lo scorso 4 novembre, quando il primo ministro etiope, Abiy Ahmed, ha avviato un’azione militare contro la regione tigrina che ha coinvolto anche la popolazione civile, spinta alla fuga verso il vicino Sudan.
La complessa situazione etiope preoccupa sia l’Eutopa, che attraverso la voce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, mette in guardia sul reale pericolo di “un’imminente tragedia umanitaria” in Etiopia. La tensione nella regione dei Tigray è trascesa in violenze, atrocità e abusi dei diritti umani. A nulla sono valsi gli appelli internazionali al dialogo e a fermare la violenza. Gli intensi contatti diplomatici a diversi livelli di ‘portatori di interessi’ che possano influenzare le parti non hanno per ora sortito effetti.
Intanto la Commissione europea ha stanziato per l’emergenza sfollati determinata dagli scontri 4 milioni di euro.
Un numero crescente di rifugiati etiopi è in fuga dal conflitto e continua a raggiungere i confini sudanesi.
Il commissario europeo per la gestione delle crisi, Janez Lenarcic, ha sottolineato che “il conflitto in corso in Etiopia, nella regione del Tigray, sta creando una vera e propria crisi umanitaria” e che “con questo finanziamento iniziale l’Ue aiuterà chi è stato costretto a lasciare le proprie case”.
L’esponente Ue annunciando gli aiuti ha rimarcato che “la soluzione non può che essere la cessazione delle ostilità” e per questo l’Unione europea continua a sollecitare le parti in conflitto in Etiopia a consentire l’accesso pieno e illimitato degli operatori umanitari a tutte le aree colpite dai combattimenti.
Come accade sempre nei conflitti a pagare il prezzo più alto sono i civili. Le organizzazioni umanitarie descrivono uno scenario in cui mancano i beni alimentari ordinari. La popolazione è terrorizzata e cerca di allontanarsi dalla zona temendo  di essere uccisa. Sia le agenzie Onu che le organizzazioni non governative da oltre una settimana avvertono del rischio di un disastro umanitario. Lunghe file davanti ai negozi si erano già formate quando il 4 novembre il premier aveva annunciato l’inizio di un’offensiva militare in risposta a un attacco da parte delle forze regionali.
Camion carichi di cibo, carburante e farmaci sono rimasti bloccati fuori dalla regione, le banche sono chiuse da giorni, e alla difficoltà si aggiunge la minaccia dell’invasione delle locuste che distruggono i raccolti.
Quasi 30mila persone sono già in Sudan.
I rifugiati raccontano che la loro fuga è stata spaventosa e pericolosa. Hanno lasciato tutto, sono partiti senza soldi e senza cibo. Hanno camminato per ore, alcuni per giorni e hanno attraversato un fiume a nuoto per raggiungere il Sudan.
Le persone sono sparse tra riparu di fortuna e campi ufficiali. Hanno bisogno di tutto: acqua, cure, cibo e le organizzazioni umanitaria al lavoro sul posto non riescono a rispondere efficacemente ai bisogni urgenti dei rifugiati.
Non cambio lo scenario per chi è rimasto in Etiopia.
Il governo regionale del Tigray ha parlato di oltre 100mila sfollati interni e ha chiesto assistenza umanitaria. Molti nella regione temono anche violenze a sfondo etnico.
La situazione già drammatica non può che peggiorare.

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