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Droga, le rivelazioni del “Pablo Escobar del Sahel” fanno tremare molte personalità del Marocco

Nell’estate 2023 il giornale in lingua francese “Jeune Afrique” rivelò che un detenuto in Marocco dal 2019 per “traffico di droga” non era un semplice spacciatore, ma il “Pablo Escobar del Sahara”, ossia El Hadj Ahmed Ben Ibrahim, un uomo nato nel 1976 da padre maliano e madre di origine marocchina, il cui soprannome rivelava un suo ruolo molto più importante: “il Maliano”, infatti, era il personaggio misterioso più importante del narcotraffico nell’intero Sahel, un signore della droga semisconosciuto, un padrino inafferrabile, sebbene fosse già in carcere.

Dopo essere rimasto sostanzialmente nell’anonimato per anni nella prigione di El Jadida, a sud di Casablanca, in seguito a quello scoop giornalistico El Hadj Ahmed Ben Ibrahim ha deciso di parlare alla polizia e ai giudici, mettendo così in luce un vasto sistema politico-mafioso insediato in Marocco. Infatti, il 22 dicembre 2023 il Procuratore Generale del Re presso la Corte d’Appello di Casablanca ha chiesto l’arresto di alcune persone (una ventina, dice “Le Monde”) sospettate di essere affiliate al cosiddetto “Escobar del deserto”, tra cui Saïd Naciri, presidente del club di calcio di Casablanca “Wydad Athletic Club” (che milita nella massima serie del campionato marocchino), e Abdenbi Bioui, membro del partito PAM (Parti authenticité et modernité) e presidente del Consiglio della regione Orientale.

Arrestato all’aeroporto di Casablanca nel 2019 e condannato a dieci anni, “il Maliano” ha mantenuto un basso profilo per molto tempo, finché l’inchiesta giornalistica di “Jeune Afrique” ha svelato la sua vera identità. Nel corso degli ultimi mesi, risentito da tutti coloro che, a suo dire, lo hanno tradito, El Hadj Ahmed Ben Ibrahim – che aveva già trascorso quattro anni nelle carceri mauritane per traffico di cocaina – ha cominciato a fare i nomi, ripercorrendo la sua vita avventurosa e megalomane.

Come ricostruito dal giornale francofono “Le 360”, l’avvio del narcotraffico in Marocco risale al 1990, quando il colombiano Pablo Escobar, uno dei massimi boss della droga della storia, ricercato dall’antidroga statunitense (la Drug Enforcement Administration, DEA) decise di andare nel Nord Africa per aprire una nuova rotta di spaccio, dal momento che tutte le altre verso gli Stati Uniti e l’Europa. In quell’occasione Escobar incontrò Hmidou Dib (anche noto come Ahmed Bounekoub), il boss dello Stretto di Gibilterra, da cui passavano tonnellate di hashish per la Spagna e il resto d’Europa. Dib rifiutò l’offerta di Escobar, perché sapeva che se avesse toccato la cocaina la DEA americana lo avrebbe scovato e fermato, per cui il boss colombiano si rivolse ad altri contrabbandieri, tra cui l’algerino Ahmed Zendjabil, che invece accettò.

Da allora quella rotta della droga non si è mai arrestata, facendo sorgere anche attività collaterali, come molti laboratori farmaceutici in vari Paesi africani, alla cui testa nell’ultimo decennio c’era il famoso “Maliano”, El Hadj Ahmed Ben Ibrahim, a giusto titolo, dunque, nominato come l’Escobar del Sahel. Il sistema ha assunto anche un nome specifico: “Mocro Maffia“, ossia l’insieme delle organizzazioni criminali marocchine dedite al narcotraffico.

Le notizie più recenti sul detenuto riferiscono di almeno un paio di tentativi di omicidio all’interno del carcere:

Le autorità penitenziarie smentiscono, affermando che “l’interessato non è mai stato oggetto di alcun tentato omicidio o aggressione da parte di alcuno” e che “tutte le accuse mosse al riguardo sono infondate“, adducendo che il detenuto non avrebbe mai presentato alcuna denuncia in proposito. Tuttavia, il sospetto che le “verità” di El Hadj Ahmed Ben Ibrahim possano far tremare diverse personalità influenti del Marocco non è affatto peregrina.

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