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Sudan, in Darfur una crisi dei diritti umani che dura da 20 anni

il 25 aprile 2003 il Movimento popolare di liberazione del Sudan attaccò le forze militari sudanesi all’aeroporto di al-Fasher, nel Darfur settentrionale.

Nei 20 anni a seguire, la strategia contro-insurrezionale dell’esercito di Khartoum, spalleggiato dai paramilitari janjaweed, ha fatto letteralmente terra bruciata: centinaia di migliaia di civili uccisi, villaggi dati alle fiamme, raccolti distrutti, milioni di persone costrette a lasciare le loro terre, stupri di massa nei confronti di donne e ragazze e, nel 2016, anche l’uso di armi chimiche nella regione di Jebel Marra.  

La persistente impunità ha permesso a coloro che sono sospettati di aver commesso crimini di guerra di rimanere oggi in posizioni di leadership, contribuendo alle violenze ora in corso in Sudan. 

Nel 2005 il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha deferito la situazione nel Darfur alla Corte penale internazionale. Nel 2009 e nel 2012, la Corte ha emesso mandati d’arresto nei confronti del presidente al-Bashir per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. La Corte ha anche emesso mandati per tre funzionari di governo e per tre membri di opposizione armata. Nell’aprile 2022 è iniziato il processo nei confronti di Ali Kosheib, ritenuto il principale leader dei janjaweed. Ma al-Bashir, per la giustizia internazionale, resta ancora un latitante.

 

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