Skip to content

Dalla Repubblica democratica del Congo all’Italia, la fede non ha confini

L’amore, la fede e la solidarietà non hanno confini e a testimoniare tutto ciò è la storia di Daniel, un giovane quindicenne originario della Repubblica Democratica del Congo, figlio di devoti Testimoni di Geova e affetto da una grave e complessa malattia cardiaca. Una situazione difficile, ricca di preoccupazioni, ma che non ha impedito al ragazzo di essere operato in Italia con il metodo della chirurgia “senza sangue” (i Testimoni di Geova per motivi di fede rifiutano le trasfusioni), il due marzo di quest’anno presso il Policlinico San Donato di Milano. Daniel ora sta bene, e ha già fatto ritorno a casa, ma le cose per lui e per la sua famiglia non sono andate sempre nel migliore dei modi a causa di questa malattia, non potendosi sottoporre al delicato intervento chirurgico nel suo paese d’origine martoriato dalla povertà e dalla guerra. Ma come già detto all’inizio, la fede non ha confini e grazie alla filiale del Congo dei Testimoni di Geova, che si è avvalsa della rete sanitaria internazionale dell’ organizzazione religiosa, che solo in Italia vanta la collaborazione di oltre 5.000 medici in grado di curare pazienti Testimoni di Geova senza bisogno di ricorrere alle emotrasfusioni, dopo tanto impegno e ricerche, è stato individuato il Policlinico San Donato di Milano, dove l’équipe medica del professor Alessandro Giamberti ha eseguito con successo il delicato intervento senza alcun tipo di complicazioni. Ma prima dell’intervento in Italia, il giovane Daniel ha dovuto anche affrontare il viaggio dalle più remote aree della Repubblica Democratica del Congo, una sfida difficile, portata a termine grazie alla stretta collaborazione fra l’equipe medica del Policlinico San Donato di Milano, le filiali dei Testimoni di Geova e l’associazione “Bambini Cardiopatici nel Mondo” fondata dal Professor Alessandro Frigiola. Una storia a lieto fine quella di Daniel, che vediamo qui nella foto con il suo papà subito dopo l’operazione, che ci insegna quanto l’Africa e l’Italia possano fare grandi cose insieme.

Torna su