Il 19 novembre è stata pubblicata un’inchiesta giornalistica senza precedenti, si chiama “Congo Hold Up”, a cui hanno lavorato circa 100 collaboratori di 19 media e 5 ong, originari di 18 Paesi, analizzando 3 milioni e mezzo di documenti riguardanti movimenti finanziari tra la Banca Centrale della Repubblica Democratica del Congo e una banca privata, la BGFI Bank. Il cuore dell’inchiesta riguarda un fondo occulto di 76 milioni di dollari, il cui beneficiario è l’ex presidente Joseph Kabila, i suoi familiari e i suoi soci, che nel bilancio ufficiale della Banca Centrale è stato camuffato per nascondere alcuni pagamenti.
I documenti sono stati ottenuti da PPLAAF (Piattaforma per proteggere gli informatori in Africa) e dal giornale francese Médiapart, poi condivisi con vari soggetti, come EIC (EuropeanInvestigative Collaborations), organizzazioni di ricerca senza scopo di lucro e partner di media stessi in un consorzio inedito.
I “leak” di Congo Hold–Up sono composti da milioni di estratti conto bancari e di transazioni bancarie, e-mail, contratti, fatture e documenti aziendali. Come ha spiegato William Bourdon, presidente del PPLAAF, “Questi documenti svelano la fame di profitti dei politici congolesi e degli uomini d’affari internazionali, […] ma grazie [al nostro consorzio] ora possiamo far luce su coloro che cercano di utilizzare l’opacità per soddisfare la propria avidità”.
Secondo la ricostruzione di Mediapart e di Radio France internationale (RFI), la Banca Centrale della Repubblica Democratica del Congo (BCC), sotto la guida dell’ex-governatore Deogratias Mutombo, “è stata ingannata e trasformata in una fonte di finanziamento a beneficio della famiglia e dei parenti dell’ex presidente Joseph Kabila”, Capo di Stato dal 2001 al 2019. Tutto sarebbe iniziato nell’aprile 2013, quando Kabila nominòMutombo al vertice della BCC, il quale poi si è dimesso senza motivo ufficiale nel luglio 2021, prima della fine del suo mandato.
In particolare, i fatti accertati dal consorzio di giornalisti sono tre.
Il primo è che nel luglio 2013, quattro mesi dopo l’insediamento di Mutombo, la BCC ha aperto un conto presso la banca commerciale BGFIBank RDC, allora guidata da Francis SelemaniMtwale, fratello adottivo del presidente Kabila, che ha approfittato di questa posizione per aiutare la sua famiglia e alcuni parenti per sottrarre 138 milioni di dollari nelle casse dello Stato. Il bilancio di quell’anno, pubblicato nel 2014, non fa menzione di tali movimenti.
Il secondo fatto accertato è che Joseph Kabila è stato il beneficiario delle varie operazioni bancarie, per un totale di 118 milioni di dollari, forniti principalmente dalla BCC, ma anche da Gécamines, la compagnia mineraria statale presieduta da Albert Yuma, un nome che si ritrova in molte altre operazioni dubbie su cui sta focalizzandosi l’inchiesta Congo Hold–Up.
Infine, il terzo fatto riguarda una società di revisioneinternazionale che controllava sia i conti della Banca centrale che la BGFI, l’importante PriceWaterhouseCoopers (PwC), un network multinazionale di imprese di servizi professionali, operativo in 158 Paesi, che fornisce servizi di consulenza di direzione e strategica, revisione di bilancio e consulenza legale e fiscale. Dal 2016, PwC è la quinta più grande azienda privata negli Stati Uniti. Come emerge dalle carte di Congo Hold-Up, i revisori di PwC nel novembre 2013 avevano notato che la BGFI non aveva alcun documento a copertura del saldo del conto dellaBCC e, sebbene abbiano chiesto ogni anno, fino al 2017, tali documenti, non hanno mai sollevato la questione, limitandosi a notare che quel punto restava in sospeso.
Oggi, dunque, si guardano sotto un’altra luce le dimissioni di Francis Selemani, nel 2018, come direttore generale della BGFI, quella di Deogratias Mutombo nel luglio 2021 come governatore della BCC e, infine, dello stesso presidente Joseph Kabila, che il 30 dicembre 2018 ha concesso elezioni democratiche, dopo continui rinvii per oltre un anno, cedendo poi l’incarico a Félix Tshisekedi nel gennaio 2019.
Come ha commentato Jean-Claude Mputu, portavoce della coalizione Congo is not for Sale, “con queste nuove rivelazioni, è giunto il momento che le autorità congolesi e internazionali avviino indagini adeguate su queste pratiche che hanno danneggiato la popolazione congolese; bisogna porre fine a questo circolo vizioso di impunità per i crimini finanziari”.
Per approfondire: https://congoholdup.com