Nel pomeriggio di mercoledì 30 giugno l’attivista burundese per i diritti umani Germain Rukuki è stato liberato dopo 4 anni di detenzione nella prigione centrale di Ngozi, una città del nord del Paese. Tra i primi account Twitter a lanciare la notizia ci sono stati il webjournal indipendente “iBurundi” e “SOS Médias Burundi”, un collettivo di giornalisti burundesi che da anni resistono alle intimidazioni e alla restrizione delle libertà di espressione:
⭕️#Burundi — He is free! Germain Rukuki who has been unjustly in prison for nearly four years was freed today after a court moved an earlier sentence from 32 years to 1 year. pic.twitter.com/hB0Iii1BNx
— iBurundi (@iburundi) June 30, 2021
⭕URGENT: liberation ce soir de Germain #Rukuki, le défenseur des droits humains. Sa peine avait été réduite de 32 ans à une année de prison. Il était détenu depuis 2017 à la prison centrale de Ngozi au (Nord). #BurundiCrisis #Burundi 🇧🇮 pic.twitter.com/cPZq8KSBTh
— SOS Médias Burundi (@SOSMediasBDI) June 30, 2021
La conferma, poi, è stata data dalla BBC, che ha sentito l’avvocato di Rukuki, ma soprattutto con un tweet di stamattina di Claude Bochu, l’ambasciatore dell’Unione Europea in Burundi:
#rukuki est sorti de prison hier. C est une heureuse nouvelle pour lui, ses proches et les droits de l homme au Burundi. Bonne fête de l indépendance à tous les burundais, à toutes les burundaises. @CNIDH_Bdi @NtareHouse @AShingiro @UEauBurundi
— Claude Bochu (@ClaudeBochuEU) July 1, 2021
Germain Rukuki era stato condannato nel 2018 a 32 anni di carcere con l’accusa di aver minacciato la sicurezza dello Stato e di aver partecipato a un’insurrezione durante le proteste del 2015 contro l’ex presidente Pierre Nkurunziza. L’attivista ha sempre negato le accuse e in tutto il mondo si sono alzate voci per chiederne la scarcerazione. In Francia, ad esempio, una petizione in suo favore promossa da Amnesty International è stata sottoscritta da oltre 44.500 persone.
Nel dicembre 2020 era apparsa una speranza, quando il nuovo presidente, Evariste Ndayishimiye, aveva graziato quattro giornalisti, dopo un anno in prigione, anch’essi accusati di aver “minato la sicurezza dello Stato” durante il mandato del suo predecessore. E ulteriori speranze erano emerse nell’aprile 2021, quando il Ndayishimiye aveva graziato il 40% dei detenuti nelle prigioni del Paese.
La svolta vera, tuttavia, è arrivata la settimana scorsa, quando il 22 giugno la Corte d’Appello, nella città di Bujumbura, ha ridotto la condanna di Rukuki a un anno, aprendo la strada al suo rilascio, dal momento che l’attivista aveva già trascorso 4 anni in carcere, dal momento dell’arresto. I cancelli del carcere di Ngozi, dunque, si sono aperti per Rukuki la vigilia del 59esimo anniversario dell’Indipendenza del Burundi, quando il 1° luglio del 1962 conquistò la libertà dal Belgio.
Dopo un anno al potere, prosegue dunque la strategia del presidente Ndayishimiye di apertura verso un maggior rispetto dei diritti umani, della libertà di stampa e del rilancio delle relazioni internazionali del Paese. L’opposizione politica e i difensori dei diritti umani, tuttavia, continuano a denunciare violazioni delle libertà fondamentali e l’intolleranza politica. La cronaca, d’altronde, continua a riportare quotidianamente un gran numero di uccisioni, torture e sparizioni, come il 28 giugno, quando una ventina di persone sono state uccise da un gruppo armato ignoto e la polizia sta arrestando membri del partito di opposizione, CNL.