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Burundi, fine delle sanzioni UE e finanziamento dagli USA

Tra l’8 e l’11 febbraio 2022, il Burundi ha vissuto due giornate di rinascita internazionale che fanno sperare in una ripresa del Paese africano, tanto a livello economico-politico, tanto sul piano sociale e della convivenza. Nel primo caso l’Unione Europea ha tolto le sanzioni economiche imposte sei anni fa durante la fase più acuta della crisi della presidenza Nkurunziza; nel secondo caso gli Stati Uniti hanno annunciato un finanziamento di diversi milioni di dollari “per sostenere gli sforzi della presidenza Ndayishimiye”.

La fine delle sanzioni UE
L’8 febbraio il Consiglio dell’Unione Europea ha revocato le sanzioni contro il governo del Burundi, spiegando che dalle elezioni del 2020 sono stati compiuti dei progressi sul rispetto dei diritti umani, sebbene il percorso sia ancora lungo verso un pieno rispetto dei principi democratici e delle leggi.


Le sanzioni erano state adottate il 14 marzo 2016, nel pieno della crisi legata al contestato terzo mandato dell’allora Presidente della Repubblica, Pierre Nkurunziza, e riguardavano la sospensione dell’assistenza finanziaria alle istituzioni del Burundi. Attualmente, con l’abrogazione l’UE potrà quindi riprendere questo tipo di cooperazione con il governo burundese, continuando tuttavia a controllare che vengano rispettati gli impegni elencati nella tabella di marcia (“feuille de route”) verso ulteriori avanzamenti.
Come spiega il comunicato europeo, la decisione di revocare le restrizioni “è il risultato di un processo politico pacifico iniziato con le elezioni generali del maggio 2020, che ha aperto una nuova finestra di speranza per la popolazione del Burundi”. Oltre a riconoscere i miglioramenti per quanto riguarda i diritti umani, il buon governo e lo stato di diritto, l’UE ha considerato anche l’aumento di rifugiati all’estero tornati volontariamente in Burundi, nonché la rivitalizzazione della cooperazione con la comunità internazionale e con i paesi confinanti.
Le reazioni delle autorità burundesi ed europee sono state di giubilo, come si evince da un tweet del Presidente Evariste Ndayishimiye, secondo cui, “insieme tutto è possibile”:


Soddisfazione anche da parte dell’ambasciatore dell’UE in Burundi, Claude Bochu, il quale ha ringraziato “tutti coloro che si sono impegnati per la concertazione e la normalizzazione” delle relazioni:


Restano caute le associazioni che difendono e promuovono i diritti umani, come “Burundi Human Rights Initiative”, che ricorda come, “sebbene il livello generale di violenza sia diminuito dal 2016, molte delle stesse tendenze persistono oggi: repressione, severe restrizioni alla libertà di espressione, tortura, sparizioni forzate, impunità – pratiche che violano palesemente i valori dell’UE”:

Il finanziamento degli USA
L’11 febbraio, gli Stati Uniti hanno reso noto di aver preso l’impegno di concedere al Paese africano un aiuto finanziario di 400 milioni di dollari per “sostenere gli sforzi del nuovo presidente burundese, Evariste Ndayishimiye, in termini di sviluppo”. In base all’ informazioni fornite dal ministro, lo stanziamento riguarda i settori di “agricoltura, salute, educazione, buon governo, ambiente e settore privato”.
Il 18 novembre 2021, il Presidente statunitense, Joe Biden, aveva annunciato la “revoca dello stato di emergenza per quanto riguarda la situazione in Burundi”, dunque la fine delle “sanzioni mirate” contro quattro ex alti ufficiali dell’esercito e della polizia coinvolti nelle violenze del 2015. L’iniziativa fu salutata con soddisfazione dal Capo di Stato burundese:


Tre mesi dopo, il governo americano ha compiuto un ulteriore passo, concedendo l’importante sostegno economico, di cui è stata data notizia dal ministro degli Esteri burundese, Albert Shingiro:


La conferma è giunta poco dopo dalla stessa Ambasciata degli Stati Uniti in Burundi, grazie a un tweet in cui si specifica che l’accordo ha durata quinquennale ed è volto a “promuovere la salute, l’assistenza umanitaria, la crescita economica e i diritti di tutti i burundesi”, senza tuttavia indicare alcun importo:


Anche in questo caso, però, alcune organizzazioni non governative hanno tenuto a ricordare che la situazione del Paese africano non è idilliaca, per cui hanno espresso la loro delusione per le decisioni americana ed europea, come ad esempio “Human Rights Watch” che ha avvertito che più che incoraggiare le riforme, UE e Stati Uniti rischiano di “abbellire gli autori di violazioni dei diritti umani che già operano nella quasi totale impunità”.


Secondo Pacifique Nininahazwe, militante burundese dei diritti umani, durante i 18 mesi della presidenza Ndayishimiye i miglioramenti del Burundi sono stati solo apparenti, perché le sparizioni forzate sarebbero oltre 80, commesse dall’intelligence militare e dalla milizia Imbonerakure affiliata al partito di governo:


Anche il giornalista Bob Rugurika, direttore di “Radio Publique Africaine”, ritiene che il bilancio dell’ultimo anno e mezzo sia “catastrofico“, dal momento che le persone uccise in Burundi sarebbero oltre 1200:

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