La Corte Suprema del Regno Unito oggi ha definitivamente respinto il piano del governo britannico per contrastare l’immigrazione clandestina, deportando i richiedenti asilo in Rwanda. In questa maniera è terminata una battaglia legale lunga oltre 18 mesi, dopo la prima proposta presentata dall’allora Primo ministro Boris Johnson nell’aprile del 2022.
We welcome today’s judgment by the UK Supreme Court, which found that the proposed transfer of asylum-seekers would breach international and UK law. More 👇 https://t.co/gzG3WQGXk9
— UNHCR, the UN Refugee Agency (@Refugees) November 15, 2023
Lord Reed, presidente della Corte Suprema, ha annunciato la sentenza “unanime” dei giudici della Corte, affermando che le persone inviate nel Paese africano avrebbero corso un “rischio reale” di essere rimpatriati, indipendentemente dal fatto che i loro motivi per richiedere asilo fossero giustificati o meno.
Lord Reed ha affermato che ci sono “difetti gravi e sistematici nelle procedure e nelle istituzioni rwandesi per il trattamento delle richieste di asilo“, il che significa che ci sono “preoccupazioni riguardo al processo di asilo stesso, come la mancanza di rappresentanza legale, il rischio che i giudici e gli avvocati non agiscano in modo indipendente dal governo in casi politicamente sensibili, e un diritto di appello all’Alta Corte completamente non verificato“.
The Supreme Court has ruled that the government's Rwanda plan is unlawful.
Lord Reed: "The Home Secretary’s appeal is therefore dismissed" pic.twitter.com/ztVsckRxYn
— Haggis_UK 🇬🇧 🇪🇺 (@Haggis_UK) November 15, 2023
Le organizzazioni internazionali per i diritti dell’uomo hanno accolto con favore la sentenza odierna, come ad esempio l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, che ha costantemente espresso profonda preoccupazione per la “esternalizzazione” degli obblighi di asilo e per i gravi rischi che essa comporta per i rifugiati. Soddisfazione anche da parte di Amnesty International, che attraverso Sasha Deshmukh, direttore della sezione britannica dell’associazione, ha definito la sentenza “di grande importanza per la protezione delle persone che chiedono asilo nel nostro Stato“.
🚨 BREAKING: Today's Rwanda judgement is vital. We must now move beyond the cruel Rwanda plan and focus on fair and compassionate solutions for people seeking asylum. 1/3
— Amnesty UK (@AmnestyUK) November 15, 2023
Da parte sua, il governo rwandese ha espresso preoccupazione per la sentenza della Corte Suprema del Regno Unito, nella parte in cui definisce il Rwanda un “paese terzo non sicuro“. La portavoce del governo rwandese, Yolande Makolo, ha dichiarato che la sentenza britannica odierna:
è una decisione che spetta al sistema giudiziario del Regno Unito. Tuttavia, siamo contrari alla sentenza secondo cui il Rwanda non è un paese terzo sicuro per i richiedenti asilo e i rifugiati in termini di respingimento. Il Rwanda e il Regno Unito hanno lavorato insieme per garantire l’integrazione dei richiedenti asilo ricollocati nella società rwandese. Il Rwanda è impegnato a rispettare i suoi obblighi internazionali. Siamo stati riconosciuti dall’UNHCR e da altre istituzioni internazionali per il nostro trattamento esemplare nei confronti dei rifugiati. Durante tutto questo processo legale siamo stati impegnati a garantire progressi per i rwandesi e a lavorare con partner internazionali per risolvere alcune delle maggiori sfide che l’Africa e il resto del mondo devono affrontare. Prendiamo sul serio le nostre responsabilità umanitarie e continueremo a rispettarle.
On today’s ruling regarding our Migration & Economic Development Partnership: This is ultimately a decision for the UK’s judicial system. However, we take issue with the ruling that Rwanda is not a safe third country for asylum seekers and refugees in terms of refoulement. 1/3
— Yolande Makolo 🇷🇼 (@YolandeMakolo) November 15, 2023
Una sentenza simile era già stata emessa nel giugno scorso dalla Corte d’Appello britannica, di cui “Focus On Africa” aveva reso conto in questo articolo (dove è possibile recuperare anche tutti gli altri articoli precedenti, risalendo all’inizio di questa vicenda):