Sulla soglia di un anno dall’ inizio della guerra genocida iniziata in Tigray nel novembre 2020, l’ Etiopia il 2 novembre 2021 è entrata in stato di emergenza nazionale per i prossimi 6 mesi. Cosa prevede? Tra le altre cose, istituire posti di blocco, interrompere i servizi di trasporto, imporre il coprifuoco e intervento militare nella gestione dell’ ordine.
La veloce azione di polizia per fermare i membri del TPLF considerati dissidenti da parte del governo etiope, ha fallito: doveva risolversi tutto velocemente secondo il Premier, ma è andata molto oltre sia a livello temporale che in fatto di perdite di vite, diritti umani e crimini di guerra.
Sul campo l’ ENDF – Ethiopian National Defence Forces con gli alleati amhara ed anche le truppe eritree fin dall’ inizio, anche se il Premier etiope ne ha negato la presenza fino ai primi mesi del 2021. Tutti i fronti militari contro un unico nemico da combattere e da annientare ad ogni costo.
Analisti ed osservatori si chiedono legittimamente come sia possibile dislocare centinaia di migliaia di uomini, di soldati in meno di 24 ore per affrontare una “repentina azione di polizia” tramutatasi fin dai primi attimi in vera e propria guerra.
In un anno sono stati perpetrati, oltre che distruzione e saccheggio mettendo fuori uso l’80% delle strutture sanitarie, anche violenze ed abusi sui civili tigrini, su minoranze etniche (a rischio l’esistenza dei gruppi etnici minoritari Kunama e Irob) e su rifugiati eritrei nei campi di accoglienza. In Sudan sono più di 65.000 rifugiati che sono riusciti a salvasi la vita. Si stimano 10.000 vittime di stupro, abusate per vendetta e seviziate in maniera disumana. La maggior parte come da testimonianze delle stesse vittime, dai militari eritrei: il movente sarebbe vendetta sull’etnia tigrina. Sono avvenuti massacri sui civili sospettati di essere anti governativi, dissidenti e filo-TPLF. Raccolti e campi coltivati distrutti e bruciati, bestiame rubato o ucciso.
La guerra, in cui si sono viste bombardate anche aree di culto, antichi monasteri, massacrati sacerdoti, abusate anche donne di chiesa, si è svolta nel silenzio del mondo in quanto il Tigray è stato completamente isolato: senza infrastrutture elettriche, di telecomunicazioni e stradali. Nel buio e senza voce per poter comunicare al mondo quanto stava subendo. Gli aiuti umanitari causa checkpoint in tutto lo Stato Regionale del Tigray non hanno potuto raggiungere aree e persone bisognose. Le zone rurali a tutt’ oggi sono ancora fuori portata: non si hanno notizie ed aggiornamenti certi.
Il movente è in nome della sicurezza nazionale perseguita dal Premier etiope, ma non ha giustificazioni: per la maggior parte di quei massacri si scoprirà in seguito (come dei servizi della CNN hanno confermato da foto e video), sono avvenuti su civili che nulla avevano a che fare con terroristi e sovversivi: uccisioni avvenute non per scambio di persona, ma per sadica vendetta su gruppo etnico. Sono avvenuti rastrellamenti di massa in diverse parti d’Etiopia, anche ad Addis Abeba e, come evidenziato per esempio da HRW – Human Rights Watch, si intensificavano ogni qual volta il nemico del governo riusciva a prevalere: come per esempio nel caso della riconquista della capitale tigrina, Mekelle. Rastrellamenti e fermi su tigrini effettuati da forze di polizia perché tutti sospettati di far parte del gruppo terroristico: nella capitale etiope, Addis Abeba, molti si sono visti perquisire casa senza mandato, in cerca di armi o prove di connessioni con il TPLF, altri deportati in luoghi non precisati. Palpabile il clima di terrore tra connazionali ma di etnie diverse.
Il patriarca della chiesa ortodossa etiope è riuscito a dichiarare per mezzo video, dopo mesi di censura, che quella guerra è un vero e proprio genocidio. Il Segretario americano Blinken ha dichiarato che ci sono evidenze di pulizia etnica e lo stesso Haavisto, inviato speciale per l’ Europa, dopo le sue visite, ha confermato le dichiarazioni del Segretario americano.
Il fomento del sospetto sulle persone di etnia tigrina è stato ed è il motore di questa guerra genocida: l’odio represso che la “veloce azione di polizia” ha scatenato come uno tsunami verso il popolo tigrino. La campagna nazionale “Hand off Ethiopia” supportata dal governo, campagna rivolta a ostracizzare fake news ed interventi extra nazionali, principalmente degli USA, per sedare il conflitto in Tigray, ha incitato la narrazione e la polarizzazione di odio di molti etiopi nei confronti dei loro fratelli tigrini.
Nulla hanno valso le dichiarazioni di sdegno della comunità internazionale nei confronti di violenze e abusi, le richieste di cessate al fuoco e le intimazioni di sanzioni condivise per un anno: le violenze e gli abusi sui tigrini sono continuati fino ad oggi, novembre 2021, un anno dopo l’inizio di questo genocidio.
Il Tigray People’s Liberation Front ha govenrato il Tigray come partito legittimamente costituito e per 27 anni è stato capo coalizione governando l’Etiopia. A maggio il governo etiope, sempre in nome della sicurezza nazionale, ha etichettato il TPLF come gruppo terroristico, i suoi membri terroristi. Conseguenza: la legittimazione di gettare il sospetto su ogni singola persona di etnia tigrina che è perseguibile con conseguenze immaginabili e gravi sui diritti umani e per la stessa vita di questo popolo. Questa normativa ha quindi legittimato ed esaltato, fomentato quell’odio represso a sfondo etnico.
Il Tigray ad oggi è ancora confinato e reso quasi totalmente inaccessibile da parte degli operatori umanitari e dai convogli di beni vitali per la sopravvivenza dei tigrini: il blocco è per mera volontà politica. Oggi è evidente la fame come arma di guerra: stanno avvenendo morti silenziose, per fame per adulti e bambini. Diverse testimonianze anche recenti di persone che raccontano di essersi rifugiate tra i monti e cibate di foglie perché in assenza di altro cibo.
A fine ottobre 2021 da parte governativa ha voluto sferrare l’”attacco finale” per annientare totalmente il nemico, definiti le “erbacce” dallo stesso Premier, che aveva descritto anche i “ribelli” come “polvere”, difficile da sconfiggere perché confusi, mimetizzati tra la gente, sotto intendendo i tigrini. Raid aerei e bombardamenti in Tigray, ancora oggi sotto attacco, allo stremo, senza aiuti, cibo, medicinali e con le banche bloccate. Bombardamenti per distruggere target strategici, ma uccidendo bambini e civili, anche con l’utilizzo di droni: armi letali e chirurgiche. Il loro utilizzo denota la volontà di colpire un ben preciso obiettivo. Questi attacchi hanno inflitto un ulteriore colpo a quei pochi voli umanitari ONU che portavano beni di prima necessità, cibo ed aiuti in Tigray: sospesi dallo stesso governo che ha attivato i raid aerei, sospensione causa stato di emergenza per rischio incolumità degli stessi operatori umanitari.
Il TDF, le forze di difesa del Tigray come partigiani ad oggi stanno dichiaratamente lottando per la loro stessa esistenza e per la sopravvivenza del loro popolo. Per non soccombere. Hanno spostato il conflitto al di fuori dei confini del Tigray, coinvolgendo la regione Afar e Amhara per la ricerca di forzare quei blocchi umanitari e cercare di aprire i canali di supporto umanitario verso la regione tigrina martoriata come martoriato il suo popolo. Le forze tigrine hanno conquistato recentemente Dessie e Kombolcha, due aree strategiche a qualche centinaia di km da Addis Abeba.
Le intimazioni della comunità internazionale, come per esempio quelle in queste ultime ore del 3 novembre 2021 da parte di Antonio Guterres – ONU, che ha richiesto il cessate il fuoco senza precondizioni al TDF sono totalmente vane proprio per il movente intimato dalle forze del Tigray: la ricerca di sbloccare le vie di accesso per gli aiuti al Tigray e lottare per la loro sopravvivenza.
Le azioni degli USA di Joe Biden, martedì 2 novembre 2021, hanno visto l’inviato speciale degli Stati Uniti per il Corno d’Africa Jeffrey Feltman denunciare l’espansione della campagna militare del TPLF.
“Abbiamo costantemente condannato l’espansione del TPLF della guerra al di fuori del Tigray e continuiamo a chiedere al TPLF di ritirarsi da Afar e Amhara”, ha affermato Feltman.
“L’espansione della guerra, tuttavia, è tanto prevedibile quanto inaccettabile, dato che il governo etiope ha iniziato a tagliare gli aiuti umanitari e l’accesso commerciale al Tigray a giugno, cosa che continua ancora oggi nonostante le orribili condizioni di carestia diffusa segnalata”, ha aggiunto.
Il governo degli Stati Uniti ha dichiarato che revocherà i privilegi commerciali all’Etiopia, compreso l’accesso esente da dazi alle esportazioni etiopi, a causa di “gravi violazioni dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale”. La mossa ha inferto un nuovo colpo all’economia etiope, già sotto pressione causa costi bellici e dell’impatto della pandemia di COVID-19.
Mentre questi giorni dall’EMA – Ethiopian Media Authority ha dato l’obbligo di censurare ogni programma estero per mezzo di TV e radio nazionali perché “minano gli interessi del Paese”: fin dall’inizio della guerra genocida i media nazionali ed internazionali hanno subìto pressioni, intimazioni: diversi giornalisti espulsi dal paese forzatamente, altri incarcerati e diversi uccisi perché sospettati di condividere propaganda del TPLF e pubblicare fakenews. Segno ed evidenza che le autorità dei media mainstream nazionali vogliano fornire una certa narrazione filtrata agli etiopi e al resto del mondo.
Il governo etiope ha emesso ultimatum di espulsione anche per 7 alti funzionari di realtà umanitarie operanti in Etiopia perché denunciati di essere collusi e al soldo dei “terroristi” del TPLF: lasciando cosi letteralmente per strada gli etiopi bisognosi di cure ed assistenza in diverse aree del Paese. Dall’ inizio della guerra genocida ci sono stati 23 umanitari uccisi.
Il Consiglio di Stato Regionale Nazionale di Amhara il 31 ottobre 2021 ha dichiarato stato di emergenza, coprifuoco e sospensione di tutte le attività. Decreto in 9 punti riassunti in unione di risorse, armi, civili da mandare al fronte come carne da cannone e sospensione di tutte le attività non necessarie a fronteggiare il nemico in battaglia.
Successivamente alla presa di posizione dello stato regionale di Amhara e la perdita del controllo federale di Dessie e Kombolcha prese dal TDF, il governo etiope ha dichiarato stato di emergenza nazionale, richiamando alle armi e a fare il loro dovere tutti gli etiopi contro i partigiani del TDF, “terroristi” per il governo etiope.
Il conflitto genocida ha innescato una crisi umanitaria che oggi ha gettato centinaia di migliaia di persone in condizioni di carestia in un Tigray ancora in blackout e isolato dagli aiuti umanitari e sotto attacco. Non è scontato e sicuramente sottostimato il numero di migliaia di persone uccise e più di 2,5 milioni di persone sfollate e costrette a fuggire dalle proprie case per cercare di salvarsi la vita.
La situazione è in rapida evoluzione in questi ultimi giorni, in queste ultime ore. Sicuramente quello che è evidente e non si può negare è la campagna d’odio verso tutte le persone di etnia tigrina sospettati terroristi che rischiano così la loro stessa esistenza non solo come individui, ma rischiano l’annientamento come popolo ed i loro stessi fratelli etiopi mandati al fronte come carne da cannone per annientarli, tutto in nome della sicurezza nazionale e per volontà politica.
Tigray : un anno fa iniziava la guerra genocida ormai a una svolta
Sulla soglia di un anno dall’ inizio della guerra genocida iniziata in Tigray nel novembre 2020, l’ Etiopia il 2 novembre 2021 è entrata in stato di emergenza nazionale per i prossimi 6 mesi. Cosa prevede? Tra le altre cose, istituire posti di blocco, interrompere i servizi di trasporto, imporre il coprifuoco e intervento militare…
Articoli correlati