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Sudan, situazione sempre più grave per i rifugiati tigrini con il periodo delle piogge

Medici Senza Frontiere denuncia la situazione dei rifugiati tigrini ed il loro stato critico di sopravvivenza nel campo di Al-Tanideba: attualmente sarebbero circa 40.000 i rifugiati presenti in questo campo di accoglienza e che sono riusciti a salvarsi la vita scappando dalle bombe e dalla guerra sferrata dai militari dell’ ENDF e dagli alleati eritrei.

MSF Est Africa, riporta la situazione disastrosa in cui devono vivere assoggettati dal periodo delle piogge ormai iniziato.

Avevamo già riportato qualche tempo fa la testimonianza di MSF uscita il 12 maggio sempre per questo campo in Sudan in cui già dichiarava l’instabilità di vita all’ interno di quest’area.

Oggi purtroppo si è verificato l’ennesima tragedia dettata da calamità meteo: pioggia e forte vento hanno distrutto e divelto diverse tende, il terreno non è praticabile e tanti rifugiati hanno dovuto utilizzare sistemi di fortuna ed ingegnarsi per riuscire a condividere in molte più persone spazi e tende per ripararsi dalla notte e dalle intemperie.

Riportiamo di seguito alcune testimonianze dirette che MSF ha condiviso.

“La mia tenda è stata appiattita dal vento”, dice un tigrino di 28 anni di nome Aftoum. “Avevo un palo di legno e l’ho messo dentro la tenda e l’ho tenuto tutta la notte per fare spazio a un letto dove i miei amici possono avere un po’ di spazio per dormire: tutte le tende dei miei vicini sono cadute e io sono preoccupato per loro”.

“Ieri sera avevo paura per la mia vita”, dice Rigat, una donna di 25 anni, anche lei del Tigray. “Ho lasciato la mia tenda perché era andata distrutta e sono corsa con alcuni effetti personali alla tenda di mio nonno, che lui è riuscito a rinforzare. Quando sono arrivata, c’erano 20 persone all’interno. Tutti i vicini sono venuti alla tenda di mio nonno perché era ancora in piedi. Ma non riuscivamo a dormire: non c’era posto per sdraiarsi. Quindi ci siamo seduti lì e abbiamo aspettato l’alba. Non voglio davvero restare in questo campo, ma so che non posso nemmeno tornare in Tigray. Non so cosa fare.”

Nella prima tempesta, intorno a metà maggio furono distrutte 200 tende, questa volta sono state abbattute le restanti: la situazione è critica per la sopravvivenza di queste persone.

Anche la clinica di MSF all’ interno del campo è stata danneggiata.

“Il tetto in metallo è stato danneggiato, il pronto soccorso non è funzionante, le pareti divisorie sono cadute e la parete più grande è rotta”, afferma Sergio Scor, coordinatore del progetto di MSF. “La farmacia è stata allagata, ma per fortuna i farmaci e le scatole delle forniture erano al sicuro su pallet e scaffali di metallo. Il danno alla clinica di MSF può essere riparato, ma ciò che è stato straziante è stato sentire le persone urlare e vederle correre per il campo in cerca di riparo nel cuore della notte”.

MSF ha lanciato l’allarme su tutti i livelli.

“Queste misure avrebbero dovuto essere attuate diversi mesi fa, anche prima dell’arrivo dei rifugiati al campo”, afferma il capo missione di MSF Jean-Nicolas Dangelser. “Sapevamo tutti che il problema principale del campo è il vento estremo durante la stagione delle piogge, e la mancata preparazione tempestiva da parte delle organizzazioni umanitarie ha lasciato molti rifugiati senza altra scelta che lasciare il campo. Continueremo a lavorare per sostenere le persone nel campo, ma è troppo tardi per riparare la pressione psicologica inflitta dai danni alle loro tende e ai loro beni”.

Ad aprile fu distribuito un volantino all’interno del campo di accoglienza che avvertiva il rischio di danni a tende e cose durante la stagione delle piogge e poi seguì la prima tempesta a maggio: questa situazione determinò panico nei rifugiati. Molti di loro in queste circostanze hanno espresso la volontà di andare via, fuggire per trovare un posto più sicuro per le loro vite.

Ogni giorno partono decine di persone: alcune si dirigono verso Hamdayet, il valico di confine tra Sudan ed Etiopia, nella speranza di oltrepassarlo e tentare la “fortuna” tornando in Tigray nonostante la situazione di catastrofe umanitaria in atto ed ancora il pericolo dettato dalla guerra che imperversa.

La cosa altamente preoccupante è che tanti rifugiati tigrini, come riporta MSF, partono verso la Libia, dove rischieranno sicuramente la vita provando a raggiungere l’ Europa.

“Ho quattro amici che sono andati in Libia; l’ultima chiamata che ho avuto con loro è stata due mesi fa”, dice Ben, un uomo di 24 anni che vive nel campo di Al-Tanideba. “Conoscono il pericolo, ho provato a dirglielo tante volte, ma non possiamo biasimarli. Guarda questo posto, escono per pura disperazione”.

MSF sta lavorando ininterrottamente all’ interno del campo di Al-Tanideba dal dicembre 2020: gestisce la clinica del campo, fornisce supporto sanitario, cure ospedaliere, per la malnutrizione e controlli sanitari per i nuovi arrivati. I team di MSF dedicati alle infrastrutture idriche ed igienico-sanitarie hanno costruito latrine e un impianto di trattamento delle acque di emergenza per i rifugiati.

Questa è la situazione di una piccola area, la storia di 40.000 persone e degli operatori umanitari di MSF che cercano di supportarli ed aiutarli in ogni modo da tanti mesi.

Nel contempo in Tigray ad oggi si parla di milioni di persone sfollate e che hanno urgentemente bisogno di soccorsi medici, alimentari e stanno vivendo ancora tra la violenza ed i combattimenti dei soldati etiopi, eritrei alla ricerca di colpire ed annientare il loro nemico che ormai da mesi si nasconde tra i civili: questo comporta che gli stessi civili  sono ogni istante a rischio ed in pericolo di vita.

Joe Belliveau, operatore per MSF Canada, ha riportato la sua testimonianza per quanto riguarda la situazione delle strutture sanitarie in Tigray oggi:

“Durante il mio recente incarico di 5 settimane in Tigray, non ho trovato una sola stanza in una singola struttura sanitaria fuori dalle grandi città che non sia stata saccheggiata”

Mai come in questi giorni bisogna tenere alta l’attenzione, visto le variabili in gioco: le imminenti elezioni del 21 giugno, la campagna elettorale agli sgoccioli, i proclami di propaganda e l’attacco definitivo intimato dal Premier Abiy Ahmed Ali verso il suo nemico conclamato, il TPLF.

Le elezioni saranno sicuramente uno sparti acque che potranno sancire e mettere sotto i riflettori la reale posizione dle governo etiope, dei vari attori in gioco in Tigray, ma nel contempo anche rivelare le reali posizioni della scena internazionale in confronto al Tigray e verso il Premier etiope Abiy Ahmed Ali.

Mentre l’attacco finale sembra sia iniziato proprio in queste ultime ore, sferrato per la maggior parte dalle truppe eritree e con ipotesi di utilizzo imminente di armi chimiche (alcuni osservatori parlano di “fosforo bianco”).

Con queste premesse e rischi di vita per i civili in Tigray non è più possibile distogliere lo sguardo dall’ altra parte e nemmeno sarebbe pensabile cercare di non intervenire o non agire per cercare di salvare delle vite.

Ognuno faccia la sua parte.

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