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Sudan, è ufficiale. Trump twitta: rimuoveremo Khartoum da blacklist sponsor terrorismo

“Il Sudan non è più uno stato ‘canaglia’, lo rimuoveremo dalla black list”. Parola di Donald Trump, presidente degli Stati Uniti che annuncia la decisone di cancellare lo stato africano dalla lista dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo.

“Il nuovo governo sudanese, che sta facendo importanti progressi, ha accettato di pagare 335 milioni di dollari alle vittime Usa del terrorismo e alle loro famiglie. Una volta depositati, toglierò il Sudan dalla lista degli Stati sponsor del terrorismo. Finalmente giustizia per il popolo americano e un grande passo per il Sudan!” ha twittato Trump rivendicando il successo dell’azione diplomatica del Segretario di Stato americano Mike Pomepo, che segue da vicino il percorso democratico avviato dal primo ministro sudanese Abdalla Hamdok.

Una svolta epocale, come sottolinea l’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Josep Borrell che parla di “una scelta che riconosce il cambiamento in Sudan e lo straordinario lavoro del premier Hamdok”.

L’annuncio è arrivato dopo che il segretario al Tesoro Stephen Mnuchin era rientrato dal Bahrein dove con nuovi accordi aveva cementato il riconoscimento di Israele da parte dello Stato arabo, strada intrapresa a piccoli passi anche dal Sudan incoraggiato dall’amministrazione statunitense impegnata nel supportare il processo di normalizzazione dei rapporti degli israeliani nel mondo arabo.

“Grazie mille, presidente Trump! Non vediamo l’ora di avere la notifica ufficiale del Congresso di revoca della designazione di Sudan come Stato sponsor del terrorismo, che è già costata troppo al Sudan” la risposta di Hamdok che ha ringraziato Trump su Twitter sottolineando che è “il sostegno più forte alla transizione alla democrazia del Sudan”.

La decisione annunciata ieri rafforza le voci che vogliono in arrivo un accordo tra Sudan e Israele per la normalizzazione delle relazioni sulla scia di quelli firmati da Emirati arabi uniti e Bahrein.

Un percorso iniziato da mesi, portato avanti con determinazione da Pompeo, sul quale la diplomazia Usa sta puntando con tutto il suo peso per dare al presidente un’ulteriore carta da giocarsi in funzione elettorale nella ‘corsa’ per la Casa Bianca.

Un deciso cambio di passo quello che ha convinto gli Stati Uniti a riprendere i rapporti con il Paese africano, come testimonia la visita di fine agosto del segretario di Stato Usa a Khartoum che aveva annunciato aiuti da parte di Washington per le conseguenze delle alluvioni causate dalla devastante stagione delle piogge in corso in Sudan.

Impegno che aveva anticipato la lettera inviata al Senato a metà settembre per chiedere di rimuovere il Paese dalla lista degli Stati ‘sponsor’ del terrorismo per dare così al governo sudanese una chance in più nel difficile processo di transizione politica dopo 30 anni di regime.

Ma soprattutto una chiave per la normalizzazione dei rapporti con Israele.
Dall’incontro a sorpresa in Uganda nel febbraio di quest’anno tra Benjamin Netanyahu e il generale Abdel Fattah Al Burhan, presidente del consiglio sovrano del Sudan che affianca il governo, la Casa Bianca ha avviato un intenso pressing su Khartoum.

Non sono mancate frizioni nella trattativa, dovute al malcontento dell’ala islamista che ancora si annida nei palazzi del potere sudanesi e che aveva spinto il premier ad affermare che “l’eventuale rimozione dalla ‘black list’ non era collegata alle relazioni con gli israeliani”.
Il governo transitorio guidato da Hamdok, un economista che ha alle spalle importanti esperienze internazionali, è nato il 17 agosto dello scorso anno con la firma della dichiarazione costituzionale, dopo il golpe dell’11 aprile del 2019 che destituì il presidente – dittatore Omar Hassan al-Bashir.
Una transizione che procede di pari passo con la ristrutturazione del sistema economico e produttivo del Paese, oltre che della riscrittura della Costituzione e delle leggi basate sulla Sharia, che rappresenta la struttura portante dell’ordinamento giudiziario sudanese.

Il governo ha disposto in questi mesi la soppressione del reato di apostasia e di sodomia, punibili con la pena di morte, e del consumo di alcol, e ha abrogato norme restrittive sull’abbigliamento e i diritti delle donne.
Hamdok, che esaurirà il suo compito con la convocazione delle elezioni previste nel 2022, ha avviato anche un piano di salvataggio finanziario sostenuto da un iniziale prestito della Banca Mondiale di 2 miliardi di dollari.

Uno dei punti chiave del programma, presentato dal Ministero delle Finanze la scorsa primavera, la rimodulazione dei sussidi per il pane e il carburante, tra i fattori scatenanti delle rivolte che avevano portato alla caduta di Bashir..

L’autorevole primo ministro che per anni ha prestato servizio nella Commissione economica delle Nazioni Unite, ha voluto trasformare gli aiuti di Stato in trasferimenti diretti di denaro alle famiglie più povere. Non senza qualche malumore e nuove proteste. Ma il processo di cambiamento in Sudan non si ferma.

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