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Sudan, archiviata la seconda accusa penale per Zennaro ma parte processo civile

Marco Zennaro, l’imprenditore veneziano agli arresti in Sudan per un contenzioso economico con società sudanesi,  è stato prosciolto dalla seconda accusa penale ma non può lasciare il Paese perché deve affrontare il processo civile sulla commessa di trasformatori contestata dagli acquirenti sudanesi che hanno avviato due diverse inchieste in base alle denunce di due aziende locali che chiedono il risarcimento a fronte della mancanza di conformità delle commesse  che rendono inutilizzabili i prodotti acquistati, realizzati secondo le accuse senza rispettare le specifiche pattuite.
La famiglia di Marco Zennaro in un primo momento aveva versato 400 mila euro per chiudere il contenzioso, ammettendo di fatto di essere in difetto, ma il referente  dell’accordo commerciale, Ahmed al-Jalabi, ha ritenuto la misura compensativa non sufficiente avviando una causa prima penale poi trasformata in civile.
Per risolvere la vicenda fin dall’inizio si sono mossi sia l’Ambasciata d’Italia a Khartoum sia la stessa Farnesina (con la visita a Khartoum di Luigi Vignali, direttore generale per gli Italiani all’estero) prestando assistenza, sensibilizzando le competenti autorita’ sulla necessità di una rapida definizione della posizione del cittadino italiano e ottenendo i domiciliari. In questo intreccio, c’è stata anche una morte: quella di Ayman al-Jalabi, annegato durante una gita sul Nilo, nella zona di Soba, insieme ad un gruppo di amici. Ayman al-Jalabi era il direttore esecutivo della società di famiglia che aveva i rapporti con Zennaro, la polizia sudanese non ha legato tra loro le vicende.

Il titolare 46enne dell’azienda di trasformatori elettrici «Zennarotrafo», accusato e arrestato per una presunta frode commerciale  ora può muoversi attorno all’hotel ma deve restare nel Paese per affrontare il processo civile.
A chiamare in causa per frode Zennaro due società locali, la Hightend Multi-Activities Company e la Sheikh El-Din Brothers.
Zennaro è agli arresti domiciliari in un albergo del centro di Khartoum.

La controversia commerciale è scaturita dalla mancata certificazione di conformità di trasformatori prodotti in Italia e venduti al Sudan. Sarebbe stato utilizzato alluminio al posto del rame, come invece era previsto. La Sudanese Electricity Distribution Company (Sedc) ha per questo ritenuto i trasformatori non idonei. Dietro il fermo di Zennaro. che ha trascorso diverse settimane in alcune carceri sudanesi prima di ottenere i domiciliari, ci sarebbe la convinzione che sia stato messo in atto un tentativo di truffa.
Dallo scorso 1 aprile l’imprenditore italiano è chiamato a rispondere di varie denunce presentate dai suoi partner commerciali

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