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Grandi Laghi, moderato ottimismo per il Burundi, pessimismo per il Ruanda

  Il primo luglio il Burundi ha festeggiato il quarantanovesimo anniversario della sua indipendenza. Potrei dire che c’è poco da festeggiare, considerando che si tratta di uno dei Paesi più poveri del mondo, eppure sono moderatamente ottimista, perché ci sono segnali di speranza.
Nel 2020 il dittatore Pierre Nkurunziza, al potere da 15 anni, dichiara che non si presenterà per un “terzo” mandato (in realtà sarebbe stato il quarto), in obbedienza alle regole costituzionali. Con un ragionamento degno dei sofisti greci, nel 2015 aveva affermato che i primi cinque anni non devono essere calcolati, perché nel 2005 non fu eletto presidente dal popolo, ma dal Parlamento. In ogni caso, il 20 maggio 2020 il generale Evariste Ndayishimiye viene eletto come nuovo presidente della Repubblica, mentre poche settimane dopo Nkurunziza muore, probabilmente a causa del Covid.

Il nuovo presidente ha fama d’essere un uomo onesto anche se, essendo un militare, non è certo l’uomo più adatto a governare il Burundi. Nel dicembre 2020 ha compiuto il primo gesto significativo, graziando quattro giornalisti, accusati ingiustamente di aver messo in pericolo la sicurezza dello Stato. Nell’aprile 2021 il generale-presidente ha graziato il 40% dei detenuti, contribuendo così a decongestionare le carceri, che sono super-affollate. Il 30 giugno 2021 ha deciso di far scarcerare Germain Rukuki, difensore dei diritti umani, liberato dopo quattro anni di detenzione. Nel 2018 la magistratura, che non è indipendente dal potere politico, lo aveva condannato a 32 anni di carcere, con la falsa accusa di aver minacciato la sicurezza dello Stato. Una petizione promossa da Amnesty international e firmata da 44.500 persone aveva chiesto la sua liberazione.

La strada da fare verso la democrazia è ancora lunga, poiché si registrano ancora numerose violazioni delle libertà fondamentali: ogni settimana c’è un numero considerevole di uccisioni, di torture e di sparizioni; il 28 giugno, ad esempio, una ventina di persone sono state uccise da un gruppo armato ignoto. Secondo me, però, nel futuro prossimo le cose miglioreranno, perché Ndayishimiye sembra orientato a rispettare il limite costituzionale di due mandati. Questa regola, che ha già portato all’alternanza nel vicino Congo, ha anche la funzione di frenare gli eccessi del presidente in carica che, una volta completati i due mandati, non ha più l’immunità e può essere perseguito per crimini contro l’umanità.

Molto più difficile è la situazione nel Ruanda, dove il dittatore Paul Kagame, avendo imposto alcuni anni fa un cambiamento della Costituzione, può in pratica essere presidente a vita. Non condivido le idee di alcuni giornalisti italiani, che fanno l’elogio dell’uomo forte di Kigali; si tratta invece di un uomo crudele e senza scrupoli, che ha fatto assassinare o arrestare i suoi principali oppositori politici. Seth Sendashonga, ex-ministro degli interni nel governo di unità nazionale del 1994, uomo onesto e moderato, è stato assassinato in Kenya dagli uomini di Kagame. Il colonnello Patrick Karegeya è stato strangolato nell’hotel Michelangelo di Johannesburg da due assassini, con la collaborazione di un traditore, Apollo Gafaranga, che si è finto amico del colonnello. Le indagini della polizia e della magistratura sudafricana hanno dimostrato che il mandante dell’omicidio è Paul Kagame. La signora Victoire Ingabire, che aveva osato presentarsi alle elezioni presidenziali, è stata arrestata nel 2010, ingiustamente condannata a 15 anni di prigione e poi scarcerata nel 2018. A chi volesse saperne di più, consiglio di leggere l’ultimo libro di Michela Wrong, “Do not disturb”.L
Facendo dunque un paragone tra i due stati gemelli, sono molto pessimista verso il Ruanda, ma conservo un moderato ottimismo nei confronti del Burundi. Come diceva un grande giornalista africano, “Gardons espoir pour le Burundi”, conserviamo la speranza per il Burundi.

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