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Rd Congo, Papa Francesco costretto a rinunciare al viaggio apostolico porta Kinshasa nella Basilica di San Pietro

“Oggi, cari fratelli e sorelle, preghiamo per la pace e la riconciliazione nella Repubblica Democratica del Congo, tanto ferita e sfruttata”.
Così Papa Francesco ha aperto l’omelia della messa nella Basilica di San Pietro per la comunità congolese in Italia.
Nel giorno in cui avrebbe dovuto celebrare messa a Kinshasa, tappa del viaggio apostolico rinviato per i problemi al ginocchio,  il Pontefice ha portato Kinshasa a Roma officiando la celebrazione con rito zairese.
Al suo posto è partito il segretario di Stato Parolin, ma il Santo Padre ha voluto comunque manifestare concretamente la sua vicinanza al Paese.
“Ci uniamo alle Messe celebrate nel Paese secondo questa intenzione e preghiamo – ha evidenziato il Papa – perché i cristiani siano testimoni di pace, capaci di superare ogni sentimento di astio e vendetta, la tentazione che la riconciliazione non sia possibile, ogni attaccamento malsano al proprio gruppo che porta a disprezzare gli altri”.
Il Pontefice ha ricordato che “con Dio come Padre il mondo non sarà più un campo di battaglia. Dio è vicino e veglia su di noi: è il Padre di tutti, che ci vuole tutti fratelli e sorelle. Se viviamo sotto questo sguardo, il mondo non sarà più un campo di battaglia, ma un giardino di pace; la storia non sarà una corsa per arrivare primi, ma un pellegrinaggio comune. Tutto ciò, ricordiamolo bene, non richiede grandi discorsi, ma poche parole e tanta testimonianza. Allora possiamo chiederci: chi mi incontra, vede in me un testimone della pace e della vicinanza di Dio oppure una persona agitata, arrabbiata, insofferente, bellicosa? Io faccio vedere Gesù o lo nascondo in questi atteggiamenti bellicosi?. Per essere missionari non serve “praticamente nulla:
nessun bagaglio, nessuna sicurezza, nessun aiuto. Spesso pensiamo che le nostre iniziative ecclesiali non funzionino a dovere perché ci
mancano strutture, ci mancano soldi, ci mancano mezzi: questo non è vero. La smentita – ha detto ancora Papa Francesco – viene da Gesù
stesso. Fratelli, sorelle, non confidiamo nelle ricchezze e non temiamo le nostre povertà, materiali e umane. Più siamo liberi e semplici, piccoli e umili, più lo Spirito. Gesù chiede ai suoi di andare nel mondo ‘come agnelli in mezzo ai lupi’. Il buon senso del mondo dice il contrario: imponiti, primeggia! Cristo, invece, ci vuole agnelli, non lupi. Non vuol dire essere ingenui, ma aborrire ogni istinto di supremazia e sopraffazione, di avidità e di possesso.  Chi vive da agnello non aggredisce, non è vorace: sta nel gregge, con gli altri, e trova sicurezza nel suo Pastore, non nella forza o nell’arroganza, nell’avidità di soldi e di beni che tanto male causa
anche alla Repubblica Democratica del Congo”, ha evidenziato Papa Francesco affermando che il cristiano è portatore di pace, perché Cristo è la pace. Da questo si riconosce se siamo suoi”.
“Se invece diffondiamo chiacchiere e sospetti, creiamo divisioni, ostacoliamo la comunione, mettiamo la nostra appartenenza davanti a tutto, non agiamo in nome di Gesù. Chi fomenta rancore, incita all’odio, scavalca gli altri, non lavora per Gesù, non porta la sua pace”, ha aggiunto ancore.
“Da cristiani non possiamo accontentarci di vivacchiare nella mediocrità, e questa è una malattia di tanti cristiani, facendo i conti con le nostre opportunità e convenienze, vivendo alla giornata. No, siamo missionari di Gesù. Tutti. Un cristiano porta sempre la pace, è un ambasciatore di pace” ha concluso Papa Francesco l’omelia della messa nella Basilica di San Pietro per la comunità congolese.

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