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Rd Congo, le responsabilità della MONUSCO nel massacro di Kanyaruchinya

A seguito delle elezioni presidenziali occorse nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) nel 2019, che per la prima volta hanno visto trionfare senza spargimento di sangue Félix Tshisekedi, attraverso la risoluzione 2556 (2020) (adottata con l’astensione della Russia) il Consiglio di Sicurezza (CdS) delle Nazioni Unite (NU) aveva ridefinito le priorità strategiche del mandato della MONUSCO, confermando come esigenza primaria la protezione dei civili. La risoluzione invitava la MONUSCO a rinforzare i suoi dispositivi di allerta rapida e d’intervento sopratutto rispetto ai casi di violenza sessuale legata al conflitto. Si decideva, altresì, di sostituire il sostegno al processo elettorale con un apporto alla stabilizzazione e rafforzamento delle istituzioni nazionali al fine di promuovere riforme atte a far progredire il Paese, ponendolo in una condizione di maggiore sicurezza nella prospettiva di un ritiro progressivo della Missione. Tuttavia, il numero del personale militare, che la risoluzione 2052 (2019) aveva ridotto da 16.215 a 14.000, rimaneva invariato. Si era ritenuta migliorata la situazione complessiva nel Paese, tanto che il CdS aveva invitato il Segretario generale a predisporre entro il settembre 2021 un piano di transizione in cui definire le modalità pratiche per trasferire al Governo tutti i compiti legati alla sicurezza e alla governance.
A ben vedere, il miglioramento della situazione sembrerebbe smentito dai fatti e dal crescente malcontento della popolazione civile verso l’azione, o meglio l’inazione, dei Caschi blu. Il recente massacro Kanyaruchinya del 7 febbraio 2023 ne fornirebbe un esempio.
Secondo un rapporto della Coalition nationale pour la Cour pénale internationale de la République Démocratique du Congo, a firma del suo rappresentante Pax André Marie Kito Masimango, i membri della MONUSCO si sarebbero resi responsabili della morte di civili sfollati il 7 febbraio 2023, nella località di Kanyaruchinya, comune rurale situato a pochi chilometri da Goma, nella provincia del Nord Kivu. Tale massacro sarebbe stato compiuto alla vigilia dell’arrivo a Goma della delegazione del CdS delle NU.
Occorre premettere che dal giugno 2022 la RDC è attaccata da Ruanda e Uganda, che inviano nel Paese i terroristi del M23 (Mouvement du 23 Mars), i quali si macchiano di crimini internazionali quali uccisioni di civili, stupri, deportazioni, torture, distruzione di infrastrutture civili e così via. Paradossalmente, il rapporto denuncia che sarebbe in atto un aggravamento delle violenze da quando nel Paese sono cominciati ad arrivare i primi contingenti delle forze degli Stati dell’Africa dell’Est, dispiegati sul territorio in base all’Accordo di Nairobi. A partire da quegli arrivi si

sarebbe diffuso un malcontento generalizzato, unitamente a pareri discordanti tra la popolazione civile legati proprio alla presenza di questa forza regionale tra cui figurerebbero anche ex ribelli del gruppo M23. A dire della popolazione, ciò avrebbe consentito l’ingresso nel territorio di terroristi. Per questo motivo la popolazione ha da subito organizzato manifestazioni di protesta volte a chiedere l’uscita dal Paese di questi contingenti come pure dei Caschi blu della MONUSCO, rei di essersi dimostrati incapaci di applicare il Capitolo VII della Carta delle NU, che autorizza l’uso della forza.
Il massacro di Kanyaruchinya del 7 febbraio 2023, secondo le testimonianze, sarebbe stato perpetrato proprio dai Caschi blu contro manifestanti inermi intenti a protestare, contro i quali sarebbe stato aperto il fuoco al fine di fermarne l’avanzata. I morti sarebbero più di una decina mentre i feriti sarebbero circa quindici, secondo le testimonianze condotti nei vicini ospedali di Bethesda e Ndosho. Come reazione, i manifestanti avrebbero dato alle fiamme alcuni convogli della MONUSCO.
La Coalizione, a seguito di questi fatti, ha chiesto alle autorità di adottare misure urgenti ed efficaci per ristabilire la pace nell’Est della RDC, per mettere fine all’adesione della RDC alla comunità degli Stati dell’Africa dell’Est, invitando altresì la Corte penale internazionale ad aprire un’inchiesta su questo massacro di civili ad opera dei soldati della MONUSCO.
Se quanto riportato nel rapporto corrisponde al reale svolgimento dei fatti, ci si chiede quale sia stato fino ad ora l’apporto della MONUSCO alla sicurezza della popolazione congolese e come mai certi episodi non siano contemplati nelle risoluzione del CdS volte a definire le priorità strategiche delle missioni attraverso un bilancio della loro attività. In tal caso il bilancio non sembra di certo molto incoraggiante.

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