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RD Congo, la testimonianza di Chiara Castellani medico missionario

Chiara Castellani, medico: da 29 anni dirige l’ospedale di Kimbau, nella Repubblica Democratica del Congo, terra martoriata da devastanti e continui conflitti dopo essere stata attiva anche in un’altra terra drammaticamente ferita dalla guerra come il Nicaragua.
Esperienze intensissime, straordinarie, drammatiche vissute con l’umiltà del servizio e dell’abbandono, totale, alla radicalità del vangelo nella misericordia che, per essere autentica, completa, come dice padre Alex Zanotelli, significa ricevere la sofferenza dell’altro e, per quanto più possibile, aiutarlo. “In Congo chi è veramente vicino alle gente sono i missionari’’ ci dice la dottoressa. Grande chirurgo, ricca di sentimenti e per questo decisa, concreta, nel 1992 le è stato amputato il braccio destro dopo un incidente di macchina:‘’ma che importanza può avere, aver perso un braccio di fronte alla fine della sofferenza fisica e alla constatazione che ce l’avevo fatta, che ero viva? Cos’è un braccio de fronte alla grandezza del dono della vita? Da bambina sognava l’Africa e qui ha trovato il senso più profondo della vita e del vangelo. Nobel missionario, nominata Grand’Ufficiale dal presidente Ciampi, fu amata ed aiutata da Rita Levi Montalcini, ‘’che ha continuato a vivere fino alla fine accanto a noi nell’eternità del sogno dell’ Africa e forse anche di una“maternità” che ha realizzato nella sua vecchiaia che è divenuta, anche per questo, una ulteriore giovinezza.. Lei ed io aiutavamo donne di tutte le età a realizzare i loro sogni. E sognavamo il loro futuro come due bambine o forse come due mamme, ma che non conoscono età proprio perchè restituendo a quelle donne il diritto di sognare, abbiamo recuperato anche il ‘’nostro’’ , diritto di sognare. Ha pubblicato vari libri, e ha fatto voto di povertà. Ha partecipato a molte battaglie in prima persona per il diritto alla salute, tra cui quello per l’accesso gratuito a farmaci essenziali come quelli per l’Aids o per la malattia del sonno che in un primo momento la casa farmaceutica produttrice aveva tolto dal commercio perché ‘’poco redditizio’’. C’è un sito di un’associazione a lei dedicata per chi volesse aiutarla: ww.insiemeachiaracastellani.org
La incontriamo a Roma-prima del suo ritorno in Congo- per i suoi annuali incontri e conferenze nelle scuole o nelle parrocchie. ‘
Il suo ultimo libro testimonianza è ‘’Savana on the road’’ è dedicato a suo padre recentemente scomparso.
‘’Papà mi ha educato con fede all’ottimismo cristiano: il libro è una sorta di lettera indirizzata a Kikobo un giovane che è un malato di Aids. Una storia esemplare. Era un infermiere, lavorava a Kimbau nel programma lebbra e tubercolosi; oggi sta benissimo, fa una vita normale, ha avuto figli con sua moglie, senza che ci fosse stato contagio. Il momento più bello è stato quando si è laureato e ha avuto un voto altissimo con una tesi di laurea proprio sull’Aids. Oggi mi porta in motocicletta nei villaggi aiutandomi a visitare e curare i malati’’.
Dottoressa, lei vive e opera in una terra con gravi drammi come vari focolai di guerra. Dove, e quali sono, quelli più allarmanti?
‘’Sono sempre nell’est del Paese, e non si sono mai interrotti. In questo momento è gravissimo ciò che accade nella zona di Beni Butembo, al confine con l’Uganda e con il nord del Rwanda, dove c’è l’Ebola e, contemporaneamente, la guerra. E dove quest’ultima impedisce si soccorritori dei malati di Ebola di fare azioni di controllo. Per cui ci sono doppi killers: quelli umani e i virus. L’Ebola sta dilagando. E’ già stata dichiarata come seconda epidemia della storia, si sono ampiamente superati i cinquecento casi’’.
Aids, lebbra: qual è invece la situazione?
‘’L’Aids, come la lebbra e la tubercolosi è una malattia della povertà e dell’ingiustizia, a causa, il più delle volte, della mancanza di accesso alle cure mediche; l’Aids si diffonde in Africa nelle relazioni eterosessuali non tanto nei gruppi a rischio- perché purtroppo le malattie dell’apparato genitale non vengono guarite perché la gente non ha molto spesso i soldi per curarsi. Le lesioni all’apparato genitale legate alle malattie veneree, infatti, cronicizzate e non curate, infatti, sono diventate una porta d’ingresso per il virus dell’Aids. Riguardo la lebbra, ci sono ancora molti casi, purtroppo: le cure ormai sono state messe a disposizione gratuitamente ma il problema è che quando il sistema sanitario non funziona e una persona ha una lesione sospetta di lebbra, e se ne accorge tardi o non se ne accorge affatto, nel frattempo può aver già contagiato altre persone, soprattutto se è una lebbra multibacillare e, nello stesso tempo, le lesioni evolvono e possono portare alle mutilazioni’’.
Alcuni progetti a cui sta lavorando, insieme ai suoi collaboratori, alla vostra diocesi, ai volontari, benefattori e allo Stato, presente ma non sempre, in quelle zone?
‘’Abbiamo iniziato a costruire un centro di salute materno-infantile a Buzala . Grazie a una cifra stanziata da una famiglia di medici di Trieste siamo stati in grado di portare avanti la costruzione delle fondamenta; più avanti, dovremo installare i pannelli solari che già possediamo, così come il materiale sanitario che però è assolutamente insufficiente. Da anni è già felicemente attiva, invece, la nostra scuola: ma dobbiamo finire di costruire materialmente le ultime tre aule’’.
Ci racconta qualche esperienze particolarmente positiva?
“’Un’esperienza stupenda è quando il bambino nasce depresso , non piange, non respira e qualche volta è in arresto cardiaco: lo chiamano ‘’morte apparente’’ e noi riusciamo a rianimarlo: allora qualche volta il bambino piange, ed è come tornato alla vita. Sono storie davvero molto belle. Oppure ricordo la storia di Didier: era malato di tubercolosi, era figlio di una mamma anche lei affetta da Tbc, molto povera e con seri problemi sia per curarsi e anche per mangiare ma quando Didier è stato curato è guarito completamente e dopo si è talmente impegnato a studiare che adesso che è il responsabile della lotta alla tubercolosi a Kimbau!’’.
Ha mai sentito la presenza, l’intervento soprannaturale di Gesù in ospedale ?
“Tante volte che mi sono trovata con dei casi che mi sembravano disperati e li ho affidati a Lui, e la persona si è salvata. E’ mi è successo parecchie volte. in questo è bello tentare di essere, come diceva madre Teresa di Calcutta, ‘’una matita nelle mani di Dio’’. Qualcosa tu devi farlo, pero’. devi agire. Poi Lui, ci metterà sicuramente la Sua mano: mi ricordo un bambino che davamo per spacciato: lo abbiamo vegliato quasi tutta la notte, poi, a un certo punto, non ce l’ho fatta più, e mi sono addormentata lì: mi sono risvegliata, un’ora dopo, e il bambino aveva cominciato a respirare meglio e allora ho chiesto all’infermiera: ‘’ma tu cosa hai fatto?’’ E lei mi ha detto ‘’Io ho pregato!’’ ‘’Un altro commovente ricordo che non potrò mai dimenticare è quello di bambino che non ero riuscita in alcun modo a rianimare e allora, dato che la madre era cristiana le ho chiesto se volesse comunque battezzarlo: non appena accadde, il bambino, verso cui non ero riuscita a far niente, ha cominciato improvvisamente a piangere: era salvo. E io quello non me lo spiego. Perché avevo fatto tutto quello che noi, in principio, nella nostra grande ignoranza, dobbiamo fare’’.
Chi sono coloro che hanno fortificato, nutrito, ispirato il i il suo agire con fede, speranza, carità?
‘’L’ottimismo contagioso degli africani, il loro amore per la vita: anche nelle situazioni di sopravvivenza il congolese sorride e canta e se riesce danza pure; sono i miei malati, che fino all’ultimo sperano in una guarigione, sono. tanti miei passati pazienti che non siamo riusciti a salvare e nel cui ricordo ci battiamo per la vita; è don Tonino Bello anche lui è una vita che non muore mi ispiro a lui per scoprire ogni giorno che per continuare a volare devo appoggiarmi agli altri. è tutt’oggi la professoressa Rita Levi Montalcini: che continuerà ad accompagnarci, con la sua grande forza morale di scienziata e di donna, in quanto ha seminato con amore per oltre un secolo, anche da noi, in Africa.’’.
In Congo, chi ha vissuto degnamente (muntu muntu) continua a vivere dopo la morte nella memoria dei viventi sul bene che questi ha compiuto. Come Rita Levi Montalcini, appunto. E come Chiara Castellani, medico missionario.

Foto di Giovanni Porzio, ospedale di Kimbau  (Repubblica democratica del Congo) diretto dalla dottoressa Chiara Castellani.

Per gentile concessione della rivista “Popoli e missioni”.

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